Temporali e alluvioni urbane: perché tanti danni nelle città?

Le città sono sempre più spesso soggette a forti temporali, con danni, allagamenti, caduta di alberi e pericoli per la popolazione. Colpa dei cambiamenti climatici? Ecco perché è improprio parlare di bomba d’acqua.

nubifragio Roma
Forte temporale a Roma, in Piazza San Pietro. Le città non sono in grado di reggere violenti nubifragi, il cambiamento climatico e la mancata manutenzione aggravano il problema delle alluvioni urbane.

Negli ultimi anni sempre più spesso l’estate è caratterizzata dal caldo temporalesco. A giornate calde, con punte talora anche estreme come nel giugno 2019, seguono temporali anche molto violenti, con danni da vento, pioggia e grandine a case, infissi e con pericoli per le persone.

Le cronache ne parlano spesso, solo per stare agli ultimi giorni un nubifragio ha causato allagamenti a Roma e un altro a Milano. Il problema, se ci guardiamo bene, non è solo italiano. Alluvioni lampo e tornado hanno colpito altre nazioni europee, e un enorme tornado ha seminato terrore in Colorado.

Bomba d’acqua? No, nubifragio.

Un termine che compare sempre più spesso è la bomba d’acqua. La bomba d’acqua non esiste, il termine fa peraltro inorridire, in quanto improprio, i meteorologici professionisti. Non si tratta dunque di un fenomeno nuovo, la bomba d’acqua non è altro che il nubifragio. Il neologismo è nato a seguito dell’alluvione in Versilia del 19 giugno 1996 e si è diffuso in internet dal 2014.

La definizione di nubifragio in meteorologia non è in realtà rigorosa. Il WMO definisce “acquazzone violento” quando le precipitazioni sono pari o superiori a 50 mm/h, soglia che in genere viene associata anche al nubifragio. Nel glossario dell’AMS American Meteorological Society il cloudburst, nubifragio in Italiano, è definito così:

Nella terminologia popolare, il nubifragio è qualsiasi precipitazione improvvisa e intensa , quasi sempre sotto forma di pioggia. Un criterio non ufficiale talvolta utilizzato indica un’intensità di precipitazione pari o superiore a 100 mm all'ora.

In bibliografia alcuni autori definiscono nubifragio come un acquazzone violento che supera i 30 mmh-1 nelle zone non monsoniche, o 100 mmh-1 nelle zone monsoniche.

Le alluvioni urbane

Il termine più corretto per definire quel che succede spesso nelle città è alluvione urbana. Note in bibliografia come urban flood, sono alluvioni che colpiscono appunto le aree urbane, città ma anche zone industriali o commerciali, quando strade, vie, vicoli e perfino tangenziali e autostrade si allagano fino a trasformarsi in torrenti impetuosi.

Il termine flash flood, alluvione lampo, invece si riferisce in genere ad eventi di alluvioni improvvise che riguardano torrenti o fiumi, come appunto la citata alluvione in Versilia del giugno 1996 in cui si ebbero precipitazioni veramente straordinarie, con picchi di oltre 478 mm in tre ore. Per la FEMA, la protezione civile degli Stati Uniti,

l’alluvione urbana è l'inondazione di proprietà in un ambiente costruito, in particolare nelle aree più densamente popolate, causata dalla pioggia che cade in grande quantità su superfici impermeabili e sopraffacendo la capacità dei sistemi di drenaggio.

In una città, precipitazioni intense di breve durata con intensità oraria di 50-100 mm/h sono spesso sufficienti a innescare l’alluvione urbana, magari localizzata a un quartiere o piccola zona. Il fenomeno è complesso, l'allagamento urbano è causato dalla pioggia intensa che cade su superfici impermeabili e che travolge la capacità di drenaggio delle acque piovane locali.

Ciascuno di questi componenti - forti precipitazioni, aumento dell'urbanizzazione e infrastrutture per le acque piovane insufficienti o obsolete è concausa del fenomeno sempre più diffuso non solo in Italia. La mancanza di manutenzione come la pulizia di caditoie non è di per se la causa di questi eventi, ma naturalmente è un fattore importante da cui non si può prescindere per ridurre i danni.

La crisi climatica

I cambiamenti climatici contribuiscono a rendere più frequenti ed intensi gli eventi temporaleschi, è sempre più ampia la bibliografia al riguardo. È improprio tuttavia imputarli come unica causa delle alluvioni urbane. In particolare in genere la progettazione urbanistica utilizza come strumento di valutazione il concetto di tempo di ritorno.

Giova però ricordare che questo paramento non è in realtà un tempo in senso stretto. Progettare una fognatura su piogge di tempo di ritorno di 100 anni ad esempio non significa che potremo aspettarci allagamenti una volta ogni cento anni, ma che ogni anno abbiamo l’1% di probabilità di allagarci, In pratica, su 10 anni abbiamo il 10% di rischio di trovarci allagati, il che non è poco.

Aggiungiamo però che i cambiamenti climatici modificano i tempi di ritorno; le infrastrutture urbane peraltro sono progettate sui tempi di ritorno calcolati sul passato, mentre il rischio oggi è più elevato e in futuro andrà sempre peggio.

L’adattamento ai cambiamenti climatici e la resilienza

Le inondazioni urbane sono una concausa di più fattori, non c'è da meravigliarsi che questo sia un problema complesso da affrontare e risolvere. Un’azione importante, poco nota e spesso dimenticata è l’adattamento ai cambiamenti climatici, ovvero attuare politiche di riduzione del rischio meteo-climatico e di difesa di questi eventi.

Poche città hanno una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, e dove c’è spesso manca il piano operativo per realizzarla o gli interventi sono ancora troppo limitati sul territorio.

Una delle azioni più importanti per rendere resilienti le città è la riduzione dell’impermeabilizzazione del suolo e l’aumento del drenaggio urbano, non solo con infrastrutture ma anche con soluzioni basate sulla natura, le cosiddette NBS, Natural Based Solution.

Ricordiamo però una volta di più che non esiste adattamento senza mitigazione, ovvero senza riduzione drastica e urgente delle emissioni serra. Solo così potremo gestire l’inevitabile ed evitare l’ingestibile. I nubifragi sono inevitabili, i danni però possiamo e dobbiamo ridurli.