Temporali sempre più intensi a causa dei cambiamenti climatici?

Grandinate con chicchi enormi, trombe marine, tornado, downburst. Cosa sta succedendo? Crescono le evidenze del legame fra eventi estremi e crisi climatica. Ecco perché.

Secondo alcune ricerche, atmosfera più calda con maggior contenuto di vapore potrebbe indurre grandinate con chicchi sempre più grossi.

L’estate 2019 sarà ricordata per opposti motivi, le intense ondate di caldo e i temporali violenti, spesso accompagnati da venti di downburst dannosi, trombe marine, tornado e grandinate con chicchi di dimensione inusuale per il nostro territorio.

Il tema degli eventi estremi è da sempre difficile e dibattuto da parte della comunità scientifica, ma col passare degli anni le evidenze e le prove del legame con l’emergenza climatica aumentano.

Evento intenso o estremo?

Anzitutto, dobbiamo distinguere fra evento intenso ed evento estremo. I due termini sono spesso confusi, ma sono cose diverse. Un evento intenso è un evento dannoso, non molto frequente ma che, con una certa cadenza, si può verificare su un certo territorio. Ad esempio, un forte vento, una grandina, una forte pioggia, un’ondata di caldo non da record.

Un evento estremo è un evento raro, anche fuori dalla variabilità naturale di un fenomeno. La statistica, specie su questi ultimi, è scarsa, ma unendo i puntini, come si usa dire dall’inglese connecting the dots, ci accorgiamo che forse ne stanno capitando un po’ troppi. Ondate di caldo come estate 2003 e giugno 2019, uragani come Katrina o Irma, Medicane particolarmente violenti, grandinate con chicchi in grado di distruggere auto e strutture, tempeste come vaia, sono tutti eventi estremi.

Singolarmente presi non ascrivibili al cambiamento climatico, ma alcune ricerche recenti puntano il dito su come il cambiamento climatico può rendere più potenti fenomeni che si sarebbero magari comunque verificati, ma non in una modalità così distruttiva

Tornado e temperatura del mare

Una ricerca di alcuni scienziati italiani, Antonello Pasini e Marcello Miglietta del CNR, ha messo in evidenza come proprio la temperatura del mare può rendere più intensi i tornado nella nostra penisola. I ricercatori hanno simulato in particolare il violento tornado di Taranto del 28 novembre 2018, responsabile di una vittima e 60 milioni di euro di danni.

Attraverso modelli meteorologici ad alta risoluzione, si è simulato il fenomeno con le condizioni presenti, che vedevano il mare più caldo di circa un grado rispetto alla climatologia, e col mare meno caldo di un grado come dovrebbe essere normalmente. Il risultato è che senza il contributo del mare più caldo il tornado di Taranto del novembre 2012 non si sarebbe formato. Secondo quanto afferma Pasini nel suo blog, “alcune zone del nostro Paese hanno probabilmente già raggiunto la soglia di innesco di temperatura del mare per fenomeni molto violenti”.

Meno grandinate ma con chicchi sempre più grossi?

Il discorso si complica ulteriormente per la grandine, ma anche qua alcune ricerche cominciano a dare conferme del legame fra grandinate con chicchi di dimensione inusuale e il riscaldamento globale. E’ controverso se ci sia un aumento delle grandinate, secondo alcuni studi di compagnie assicurative, vi sarebbe, in Europa, già un aumento di frequenza delle grandinate.

Interessante uno studio indipendente dei ricercatori canadesi Julian C. Brimelow, William R. Burrows e John M. Hanesiak pubblicato su Nature Climate change nel 2017. Secondo la loro ricerca, che riguarda gli Stati Uniti, le regioni più asciutte e più fredde dovrebbero sperimentare un aumento della minaccia di grandine, mentre le zone calde e umide probabilmente vedranno una riduzione.

Nel complesso però vi sarebbe un aumento della dimensione dei chicchi di grandine, il che porterebbe di fatto ad un incremento dei danni.

La spiegazione potrebbe essere nel maggior contenuto di vapore in atmosfera, un grado in più incrementa del 7% il contenuto di vapore nell’aria e i maggiori moti convettivi sarebbero così in grado di sostenere più a lungo i chicchi, che così potrebbero diventare sempre più grandi.

Imperativo: restare sotto 1.5°C di massimo global warming

Gli impatti dei cambiamenti climatici dunque sono già qua, con 1°C di aumento di temperature è ormai evidente l’aumento degli eventi estremi e a fianco alla riduzione dei gas serra in atmosfera è necessario anche adattarsi, difendersi e convivere con questi fenomeni.

Ricordiamoci però che non esiste possibilità di adattamento senza mitigazione e solo stando entri i fatidici 1.5°C dello Special Report IPCC potremo gestire l’inevitabile ed evitare l’ingestibile.