La crosta terrestre si sta lacerando nel Pacifico nord-occidentale. Potrebbero esserci conseguenze?

I ricercatori hanno utilizzato onde sonore per generare immagini ad alta risoluzione di faglie e fratture nelle profondità del fondale marino, rivelando i punti di rottura della placca in alcune parti del Pacifico nord-occidentale.

Il margine settentrionale della zona di subduzione della Cascadia, dove le placche Juan de Fuca (JdF) ed Explorer (Exp) si muovono lentamente sotto la placca nordamericana, si sta gradualmente chiudendo pezzo per pezzo, con piccoli pezzi della placca che si staccano mentre la placca rimanente continua a subdurre fino alla successiva lacerazione.

Con una chiarezza senza precedenti, gli scienziati hanno osservato direttamente una zona di subduzione (il punto di collisione in cui una placca tettonica scivola sotto un’altra) in fase di rottura. La scoperta, pubblicata su Science Advances, getta nuova luce sull’evoluzione della superficie terrestre e apre interrogativi sui futuri rischi sismici nel nord-ovest del Pacifico.

Le zone di subduzione sono il teatro degli eventi tettonici più potenti della Terra. Muovono i continenti, scatenano terremoti devastanti ed eruzioni vulcaniche, e riciclano la crosta terrestre nelle profondità del mantello.

Ma non durano per sempre. Se così fosse, i continenti continuerebbero a scontrarsi e sovrapporsi senza sosta, cancellando gli oceani e la memoria geologica del pianeta. La grande domanda che i geologi si pongono è: come si estinguono, esattamente, questi potenti sistemi?

Innescare una zona di subduzione è come cercare di spingere un treno in salita: serve uno sforzo enorme”, ha spiegato Brandon Shuck, professore associato alla Louisiana State University e autore principale dello studio. “Ma una volta avviata, è come se il treno corresse in discesa, impossibile da fermare. Per arrestarlo serve qualcosa di drastico: essenzialmente, un deragliamento”. Shuck ha condotto la ricerca mentre era borsista post-dottorato presso il Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia Climate School.

La scoperta al largo dell'America nord-occidentale

Di fronte alla costa dell’isola di Vancouver, nella regione di Cascadia, dove le placche Juan de Fuca ed Explorer scorrono lentamente sotto la placca nordamericana, gli scienziati hanno trovato una risposta. Combinando immagini sismiche a riflessione (una sorta di ecografia del sottosuolo) e registrazioni di terremoti, il team ha catturato una zona di subduzione in fase di disintegrazione.

I dati sismici sono stati raccolti durante l’Esperimento di Immagini Sismiche di Cascadia 2021 (CASIE21) a bordo della nave di ricerca Marcus G. Langseth del Lamont-Doherty Earth Observatory. L’esperimento è stato guidato dalla scienziata Suzanne Carbotte, coautrice del nuovo articolo, insieme alla collega Anne Bécel. I ricercatori hanno inviato onde sonore verso il fondale marino e registrato gli echi con una serie di idrofoni lunga 15 chilometri, ottenendo immagini ad alta risoluzione delle faglie e delle fratture nelle profondità della crosta.

È la prima volta che abbiamo un’immagine chiara di una zona di subduzione in piena fase di morte”, ha dichiarato Shuck. “Invece di chiudersi bruscamente, la placca si sta lacerando pezzo per pezzo, creando microplacche e nuovi confini. È come vedere un treno deragliare lentamente, vagone dopo vagone”.

Carbotte aggiunge che da decenni si sa che la subduzione può arrestarsi quando parti galleggianti delle placche oceaniche raggiungono una zona di subduzione. «Ma prima non avevamo mai avuto una visione così chiara del processo in atto», afferma. «Queste nuove scoperte ci aiutano a comprendere meglio il ciclo di vita delle placche tettoniche che modellano la Terra».

Il team ha osservato lacerazioni che attraversano la placca di Juan de Fuca, tra cui una frattura massiccia in cui la placca sprofonda di circa cinque chilometri. "C’è una grande faglia che sta rompendo attivamente la placca", ha spiegato Shuck. "Non è ancora completamente lacerata, ma è vicina". I registri sismici confermano il modello: lungo la frattura, lunga circa 75 chilometri, alcune sezioni mostrano ancora attività sismica, mentre altre restano silenziose. "Quando un frammento si è staccato del tutto, non produce più terremoti perché le rocce non sono più in contatto", ha aggiunto. Questa assenza di sismicità indica che parte della placca si è già staccata e che la frattura sta crescendo lentamente nel tempo.

Lo studio ha scoperto che questa rottura avviene per fasi, in modo “episodico” o “frammentario”. Invece di un collasso improvviso dell’intera placca, essa si lacera gradualmente, sezione dopo sezione.

Staccandosi in frammenti più piccoli, la placca principale perde slancio — come se si sganciassero i vagoni di un treno in corsa — e alla fine smette di essere trascinata verso il basso. Ogni frammento impiega milioni di anni per separarsi, ma nel complesso questi episodi possono portare alla progressiva disattivazione di un intero sistema di subduzione.

Questa rottura episodica aiuta a spiegare caratteristiche enigmatiche della storia geologica terrestre, come frammenti di placche abbandonate e insoliti episodi di attività vulcanica.

Un esempio notevole si trova al largo della Baja California, dove gli scienziati hanno individuato da tempo microplacche fossili: i resti frammentati dell’antica placca Farallón. Per decenni si è sospettato che questi frammenti fossero la prova di zone di subduzione in declino, ma il meccanismo era incerto. Cascadia fornisce ora il tassello mancante: le zone di subduzione non collassano in un unico evento catastrofico, ma si disgregano gradualmente, lasciando dietro di sé microplacche come testimonianza geologica.

Guardando al futuro, i ricercatori stanno esplorando se un grande terremoto possa propagarsi attraverso una di queste nuove fratture o se tali rotture possano influenzarne l’evoluzione.

Queste scoperte aiutano a perfezionare i modelli che descrivono come le complessità strutturali influenzano il comportamento sismico, ma non modificano in modo significativo le previsioni di rischio per Cascadia su scala umana.

La regione rimane comunque in grado di generare terremoti e tsunami di grande magnitudo, e comprendere come queste nuove fratture influenzano i modelli di rottura potrà migliorare le valutazioni del rischio sismico nel Pacifico nord-occidentale.

Fonte: State of the Planet – Earth Institute, Columbia University

Riferimento allo studio

Brandon Shuck et al., Slab tearing and segmented subduction termination driven by transform tectonics, Science Advances (2025). DOI: 10.1126/sciadv.ady8347