Ecco i principali motivi che rendono gli inverni americani molto più rigidi e nevosi di quelli europei
Spesso si sente dire che negli ultimi anni l'inverno scelga il Nord America e meno l'Europa, ma in realtà le cose non stanno proprio così. Anzi, il Nord America si sta scaldando di più rispetto al passato.

Immaginate di aprire un atlante e tracciare una linea orizzontale, lungo i paralleli, a 41° Nord. Da una parte c’è Napoli, con le sue giornate di gennaio spesso soleggiate, +9°C +10 °C di media e la neve che, quelle rarissime volte che arriva, fa notizia per una settimana.
Dall’altra parte c’è New York: stessa latitudine, ma gennaio a 0 °C, bufere di neve che paralizzano la città e temperature che possono scendere a -15 °C, senza troppi complimenti.
Perché il Nord America è più freddo dell’Europa?
Il Nord America è un blocco di terra spaventosamente grande e, soprattutto, si spinge molto più a nord di quanto l’Europa osi fare. L’Europa finisce a 55° N con la Scozia e la Norvegia meridionale, il Canada arriva tranquillamente a 83° N (Alert, la base militare più settentrionale del mondo).
Questo significa che in inverno il continente nordamericano ha a disposizione un’enorme “serbatoio di freddo” permanente, con migliaia di chilometri quadrati coperti di neve e ghiaccio che riflettono il Sole e raffreddano l’aria per irraggiamento notte dopo notte.
Parte dal Golfo del Messico con temperature di +27°C +29 °C, attraversa l’oceano e arriva davanti alle coste europee ancora con valori di +10°C +14 °C in inverno.
La sua continuazione, la North Atlantic Drift, è il motivo per cui Bergen (Norvegia, 60° N) ha gennaio a +2 °C mentre Goose Bay, nel Labrador (53° N) è a –18 °C.

Sull’altro lato dell’Atlantico la situazione è rovesciata. Dalla Groenlandia scende la Corrente del Labrador, con acqua a +1°C +4°C che raffredda la costa da Terranova a Cape Cod.
A 40° N l’acqua davanti a New York è +6°C +8 °C più fredda dell’acqua davanti a Lisbona. Otto gradi di differenza in mare si traducono in 10°C 12 °C di differenza sulla terraferma in inverno.
La conformazione orografica diversa
In Nord America le montagne, come la Catena Costiera o le famosissime Montagne Rocciose, formano un muro continuo nord-sud, lungo quasi 5.000 km.
L’aria mite del Pacifico arriva, viene sollevata, scarica tutta l’umidità sulla British Columbia e Washington (per questo piove sempre a Vancouver), poi scende secca e già raffreddata a est delle montagne. Il resto del continente, lì dove si aprono le grandi praterie, è tagliato fuori dal tepore oceanico.
I venti zonali da ovest portano aria atlantica umida e relativamente calda che passando sopra l’Oceano si è caricata di umidità, scaldandosi notevolmente per convezione, dal basso verso l’alto.
Quest’aria tiepida scavalca agevolmente queste montagne e arriva fino in Polonia e Ucraina. Non c’è un “muro” che isoli l’interno del continente.

In Europa l’aria artica, per arrivare al Mediterraneo, deve prima attraversare il Mare del Nord, il Baltico o l’Atlantico. In poche centinaia di chilometri si scalda e si carica di umidità, diventando “solo” fredda, non gelida.
L’anticiclone canadese, un siberiano in miniatura
Tra la tundra dei Territori del Nord-ovest, la baia di Hudson e il Québec, in inverno, si forma regolarmente un anticiclone termico che può raggiungere 1050 hPa e temperature al suolo di –45/–50 °C.
È l’equivalente nordamericano dell’anticiclone siberiano, tanto che il processo fisico di formazione è lo stesso. Da lì il freddo può scivolare verso sud-est o sud per giorni senza trovare alcun ostacolo orografico.
Sul Nord America trova due corridoi perfetti, come le Grandi Pianure, praticamente una pista da sci senza ostacoli da Yellowknife fino a Dallas, e la valle dell’Hudson e la costa atlantica, fino agli stati dell’East Coast.
Qui l’aria gelida e densa può benissimo raggiungere le latitudini subtropicali, senza troppi problemi, arrivando sovente fino alla Florida e a Cuba, con poderosi fronti freddi che intensificano l’Aliseo di Nord-est.
Anche gli inverni americani stanno diventando sempre più miti
Spesso si dice che in Nord America gli inverni siano ancora freddi e nevosi, per eventi legati alla variabilità climatica interna, non intaccata in modo pesante come in Europa.

Ma in realtà i dati ci mostrano l’esatto contrario. Il Nord America si sta scaldando più velocemente dell’Europa occidentale, soprattutto in inverno e soprattutto nelle regioni artiche e subartiche.
Confrontiamo i due trentenni 1961-1990 e 1991-2020 notiamo che in città come Montréal i giorni sotto –25 °C sono passati da 12-15 all’anno negli anni ’70 a 2-4 oggi. New York ha perso circa il 50 % dei giorni di gelo duro dagli anni ’80. A Chicago o Toronto i -30 °C che una volta erano normali a gennaio ora sono eventi rari.
Le grandi “ondate di gelo” tipo quella del febbraio 2021, o quello che lo scorso anno mise le basi per storiche nevicate sull’area di New Orleans, restano possibili, ma diventano sempre più eccezionali. Ma anche da queste parti gli effetti del cambiamento climatico si stanno facendo devastanti, rendendo gli inverni meno rigidi e nevosi rispetto al passato.