Un neonato pianeta mangia-polvere è stato ripreso mentre si fa largo nel suo disco protoplanetario
L'immagine del pianeta neonato WISPIT 2b svela come i solchi, generalmente osservati in dischi protoplanetari, siano scavati proprio dai pianeti durante il loro processo di formazione.

Grazie al metodo del direct imaging è stato fotografato il giovanissimo pianeta WISPIT 2b all’interno del disco protoplanetario della sua stella madre la TYC 5709-354-1.
Il pianeta neonato WISPIT 2b
Il pianeta ha una massa circa 5 volte quella di Giove, quindi si tratta di un pianeta gassoso di tipo gioviano. Ciò che rende particolarmente interessante la scoperta è il dove questo pianeta è posizionato all’interno del suo disco.
Infatti, il disco protoplanetario di gas e polveri che circonda la stella TYC 5709-354-1 presenta un chiaro solco (gap in inglese), cioè una regione concentrica in cui la densità di polveri e gas è molto bassa.
È proprio il pianeta che orbitando attorno alla sua stella ha scavato questo solco. Ad ogni orbita attorno alla stella il pianeta ha via via catturato la polvere che si trovava lungo il suo cammino accrescendo così la sua massa.
Tra polvere catturata e polvere spazzata via, in corrispondenza dell'orbita si forma un vistoso gap all'interno del disco che svela l'esistenza del pianeta.
Che questi solchi, chiamati gaps, fossero dovuti ai pianeti era già noto. Anzi, la ricerca di dischi con gaps è una strategia per capire in quale disco possano nascondersi pianeti.
Quest’immagine è tuttavia una conferma lampante di come i pianeti possano scolpire questi solchi.
Il pianeta è stato scoperto grazie alle osservazioni condotte al telescopio Very Large Telescope dell’ESO (European Southern Observatory). E’ stato utilizzato lo strumento SPHERE che, grazie al suo coronografo, bloccando la luce brillante della stella ha permesso di mettere in risalto il disco con le sue caratteristiche.
Cosa sappiamo della stella madre TYC 5709-354-1
La stella madre TYC 5709-354-1 è poco più massiccia del Sole con un’età di circa 5 milioni di anni.
Poiché stella e pianeti si formano quasi contemporaneamente, dall'età della stella conosciamo l'età dei suoi pianeti.

Si tratta di una stella ancora nella fase di accrescimento, cioè il gas e le polveri del suo disco stanno ancora precipitando sulla stella accrescendone via via la massa.
Il pianeta si trova a circa 380 unità astronomiche dalla stella, quindi circa 380 volte la distanza Terra - Sole
Il progetto WISPIT
Il nuovo pianeta WISPIT-2b prende il nome dal progetto di ricerca in seno al quale è stato scoperto. WISPIT è l’acronimo di WIde Separation Planets In Time. Come dice il nome, si tratta di un progetto che mira alla ricerca di pianeti distanti dalla propria stella e in un campione di stelle di età diversa.
Una caratteristica, cioè la grande distanza è una necessità osservativa, mentre l’altra caratteristica, cioè l’età diversa, è una strategia investigativa.
Il metodo utilizzato da WISPIT per trovare pianeti è quello del direct imaging. Si fotografa la stella attorno alla quale si cercano potenziali pianeti, ma si blocca la luce della stella con un coronografo in modo tale da poter osservare senza abbaglio ciò che le sta attorno, cioè dischi e pianeti.
Se il pianeta è troppo vicino alla stella, il coronografo ne oscura la luminosità insieme a quella della stella, per cui il metodo risulta efficace per i pianeti più distanti (chiamati a orbita larga).

Se si osservano pianeti attorno a stelle di età diversa è possibile studiarne l’evoluzione nel tempo sia delle proprietà dei pianeti sia dell’architettura del sistema planetario, cioè la distribuzione spaziale e come questa cambi con l’età.
La scoperta di WISPIT 2b segue di pochissimo la scoperta di WISPIT 1b e WISPIT 1c, due pianeti di circa 10 e 4 masse gioviane, rispettivamente, che orbitano attorno ad una coppia di stelle (sistema binario) con età di circa 15 milioni di anni.
Riferimento allo studio
"WIde Separation Planets In Time (WISPIT): A Gap-clearing Planet in a Multi-ringed Disk around the Young Solar-type Star WISPIT 2" Richelle F. van Capelleveen et al 2025 ApJL 990 L8 DOI 10.3847/2041-8213/adf721