Oltre 6 specie all'ora, 150 al giorno, 60.000 in un anno: il ritmo allarmante della sesta estinzione di massa

Siamo immersi nella più grande ondata di perdita biologica dai tempi dell'estinzione dei dinosauri. Cambiamento climatico e perdita di biodiversità sono due facce della stessa medaglia.

estinzione di massa
La quinta estinzione di massa si verificò circa 66 milioni di anni fa, segnando la fine dell'era dei dinosauri non aviari. Questo evento portò alla scomparsa del 76% delle specie esistenti e fu causato dall'impatto di un asteroide che creò una grande nube di polvere, bloccando la luce solare e alterando il clima globale.

Una estinzione di massa è un breve periodo di tempo geologico in cui si verifica un'estinzione terminale, ovvero la scomparsa di tutti gli individui di una o più specie senza lasciare alcuna discendenza.

Nel caso delle estinzioni di massa, sparisce senza discendenza almeno il 10% delle specie in un solo anno o più del 50% in un arco temporale che può andare da migliaia fino a 3,5 milioni di anni.

Questi cambiamenti profondi nell’evoluzione della vita sono eventi rarissimi, ed è per questo che i paleontologi li utilizzano per segnare l'inizio e la fine di diverse ere geologiche.

Il nostro pianeta ha già vissuto cinque eventi di estinzione di massa: l’ultimo si è verificato circa 65,5 milioni di anni fa e ha segnato la scomparsa dei dinosauri. Le sirene d’allarme della conservazione si sono ormai accese, e riconoscere questa realtà è fondamentale: molti esperti affermano che ci troviamo nel bel mezzo della sesta estinzione di massa.

Antropocene

Il chimico olandese Paul J. Crutzen, premio Nobel nel 1995, ha coniato nel 2000 un termine che nel tempo è stato accolto da gran parte della comunità scientifica: antropocene. Con questo concetto si vuole indicare una nuova epoca geologica in cui l’influenza dell’essere umano sulla Terra e sugli altri esseri viventi è talmente grande da distinguerla dall’Olocene, epoca geologica in cui ci troviamo ancora.

Tuttavia, resta acceso il dibattito se l’antropocene possa essere considerato un’unità geologica autonoma, al pari dell’Olocene, o se debba essere collocato a un livello gerarchico inferiore.

L'antropocene
Il termine Antropocene descrive un’epoca in cui le attività umane hanno alterato drasticamente il pianeta.

A prescindere da queste discussioni, ciò che non si può negare è che siamo di fronte a due crisi: quella climatica e quella della biodiversità, entrambe causate dalle attività umane sull’ambiente e sulla superficie terrestre. Per invertire la rotta, secondo alcuni esperti, ci resta un margine di tempo massimo di 20 anni.

Tagliare rami dell’albero della vita

I biologi Gerardo Ceballos, dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, e Paul Ehrlich, dell’Università di Stanford, hanno analizzato lo stato di conservazione di oltre 34.000 specie di vertebrati terrestri estinti o minacciati, appartenenti a 5.400 generi, utilizzando dati dell’IUCN e di BirdLife International dal 1500 al 2022.

Hanno scoperto che l’azione umana ha portato all’estinzione di 73 interi generi, 10 famiglie e 2 ordini di vertebrati in soli cinque secoli — un tasso 35 volte superiore rispetto alla media degli ultimi milioni di anni.

Albero dell'estinzione
Rappresentazione della mutilazione dell’Albero della Vita: la metà inferiore, con rami secchi, mostra generi già estinti; la metà superiore mostra generi a rischio. A destra, il Dodo, uccello estinto alla fine del 1700.

Gli studiosi affermano: “Ci troviamo di fronte alla sesta estinzione di massa. A differenza delle cinque precedenti, questa è causata dalla crescita incontrollata di una sola specie: Homo sapiens.

Sebbene venga spesso definita una perdita rapida di specie (in termini evolutivi), è in realtà molto più minacciosa, poiché comporta una mutilazione accelerata dell’albero della vita, con la perdita di interi rami (specie, generi, famiglie) e delle funzioni ecologiche a essi associate. Sta alterando la traiettoria dell’evoluzione su scala planetaria e compromettendo le condizioni che rendono possibile la vita umana.”

Un futuro senza futuro?

Secondo i calcoli degli autori, i generi perduti negli ultimi 500 anni, senza l’influenza umana, si sarebbero estinti in circa 18.000 anni. Il gruppo più colpito sono gli uccelli, seguiti da mammiferi, anfibi e rettili.

Numero di generi estinti
Numero di estinzioni per secolo tra i vertebrati. I bassi numeri di rettili e anfibi probabilmente riflettono una carenza di dati nei secoli passati.

Guardando al futuro, Ceballos ed Ehrlich esprimono preoccupazione per l’ulteriore accelerazione del ritmo di estinzione nei prossimi decenni, a causa dei fattori associati alla crescita umana e ai consumi: distruzione degli habitat, commercio illegale e cambiamento climatico.

Aggiungono che, se tutti i generi oggi a rischio dovessero scomparire entro il 2100, il tasso di estinzione medio sarebbe 354 volte superiore a quello naturale, e fino a 511 volte per i mammiferi. In altre parole, i generi persi in tre secoli avrebbero richiesto tra i 106.000 e i 153.000 anni per estinguersi senza la pressione umana.

Anni necessari all'estinzione
Numero di anni necessari all’estinzione dei generi di vertebrati nell’ultimo milione di anni. Il valore medio è di 18.000 anni.

Il celebre naturalista inglese Sir David Attenborough ha dichiarato: “Il fatto è che nessuna specie ha mai avuto un controllo così assoluto su tutto ciò che esiste sulla Terra, vivo o morto, come lo abbiamo noi oggi. Questo ci impone, che lo vogliamo o no, una responsabilità immensa. Ora il futuro non è solo nelle nostre mani, ma anche quello di tutte le altre forme di vita con cui condividiamo il pianeta.”

Abbiamo ancora tempo per correggere la rotta e salvaguardare la biodiversità che sostiene la vita sulla Terra, invertendo le perdite in tempi più rapidi del previsto. Questo permetterà di garantire un futuro prospero e sostenibile alle generazioni presenti e future.

Fonte dello studio

G. Ceballos & P.R. Ehrlich - Mutilation of the tree of life via mass extinction of animal genera, PNAS 120 (39) e2306987120, (2023).