Che fine ha fatto il buco nell’ozono?

Dopo l’eclatante scoperta dell’esistenza di un buco nell’ozono e dopo aver intrapreso a livello mondiale misure di contrasto alla fine degli anni ‘80, si è sempre meno parlato di questo problema. Vediamo di che si tratta e se è ancora un problema.

Buco nell'ozono
Rappresentazione del buco nell'ozono, posizionato sopra il polo sud e di dimensioni maggiori dell'intero Antartide. Credits: ESA

Del buco dell'ozono si è tanto parlato negli anni passati, delle sue cause e degli effetti nocivi prodotti dalla sua presenza. Sono state anche intraprese con successo misure di contrasto a livello mondiale.

Se negli ultimi anni la stampa ha dedicato a questo problema sempre meno attenzione, al contrario gli scienziati hanno realizzato un efficace sistema di controllo e previsione della sua evoluzione. Infatti, è ancora un problema assolutamente attuale anche se c'è una concreta possibilità che lo si risolva entro i prossimi decenni.

Cosa è l'Ozono

L’ozono è un gas pressoché incolore ma dall’odore molto caratteristico. L’odore dell’ozono si percepisce soprattutto dopo quei temporali in cui l’attività elettrica (fulmini) è stata particolarmente intensa.

La sua formula chimica è O3, cioè una molecola formata da tre atomi di ossigeno.In natura si forma quando la molecola di ossigeno O2 viene spezzata dalla radiazione solare più energetica (raggi UV e raggi X), ma anche dai fulmini, in due atomi singoli (O + O) che poi si legano ciascuno ad una molecola di ossigeno (O + O2) formando l’ozono O3.

Il nome ozono deriva dal verbo greco "ὄζειν" (ózein) che significa “emanare odore”. L’odore dell’ozono è paragonato a quello dell’aglio, quando è in elevate concentrazioni, altrimenti a quello del fieno appena tagliato.

In natura l’ozono si trova in atmosfera, e prevalentemente (per oltre il 90%) nella stratosfera, cioè in quello strato di atmosfera che si estende tra circa 10 km e 50 km di altezza. Questo ozono stratosferico viene definito ozono “buono” poiché riesce ad assorbire la radiazione ultravioletta ed X proveniente dal Sole, impedendole di giungere in superficie, quindi creando uno scudo protettivo naturale per il nostro pianeta.

Buco ozono
Immagine a falsi colori dell'ozono totale sopra l'Antartide nel Settembre 2003. Credits: NASA

La radiazione ultravioletta (UV) oltre a produrre scottature della pelle, ne accelera l’invecchiamento, produce danni agli occhi, innesca reazioni foto-allergiche, ma soprattutto può causare tumori della pelle.

Di contro, la rimanente frazione di ozono (circa il 10%) presente in natura è di origine antropica (è uno dei prodotti dell’inquinamento) e si trova nella troposfera, cioè lo strato più basso dell’atmosfera dove viviamo. Questo è nocivo per l’uomo, gli animali e la vegetazione.

La quantità di ozono presente in atmosfera si misura in Unità Dobson (DU). Se la quantità media di ozono in atmosfera è 250 DU, in corrispondenza del buco nell'ozono scende sotto i 100 DU.

La scoperta del "buco" nell'ozono

Nella seconda metà del ‘900, veniva prodotta in grande quantità una tipologia di gas per scopi differenti, quali gas refrigeranti per frigoriferi e climatizzatori, gas propellenti usati nelle bombolette spray, gas solventi, e gas di pulizia dei componenti elettronici. Tutti questi gas avevano una caratteristica comune, cioè erano capaci di legarsi all’ozono e distruggerlo. Infatti, questi gas sono chiamati ODS (Ozone-Depleting Substances, ossia sostanze lesive dell’ozono) e tra questi vi sono i CFC (cloro-fluoro-carburi).

Quando i gas cloro-fluoro-carburi vengono liberati e raggiungono la stratosfera, qui la radiazione solare li spezza liberando il cloro che poi distrugge le molecole di ozono.

Era il 1974 quando un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Nature, a firma di Molina e Rowland, metteva in allarme la comunità scientifica sulle possibili conseguenze dei gas ODS sull’ozono atmosferico. Tuttavia, solo nel 1985 gli scienziati Joseph Farman, Brian Gardiner e Jonathan Shanklin del British Antarctic Survey scoprirono che lo strato di ozono al di sopra dell’Antartide durante la primavera si assottigliava a tal punto da formare un vero e proprio buco, quindi un via libera di accesso alla radiazione UV solare.

Le sue caratteristiche

La principale caratteristica del buco dell’ozono è la sua periodicità: esso non è presente durante tutto l'anno ma solo durante i mesi di settembre-ottobre, cioè esso si forma durante la primavera australe (cui corrisponde l'autunno nell'emisfero boreale) per poi scomparire durante le restanti stagioni (già a partire da novembre).

Questa periodicità è dovuta al cosiddetto vortice polare australe, cioè un vortice che si instaura a inizio primavera australe ed è formato da venti intensi ad alta quota che ruotano sopra i poli sud e sono tali da concentrare lì i gas ODC che, in combinazione con le basse temperature, distruggono in modo molto efficiente l’ozono presente in quella zona di atmosfera.

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Quando le temperature nella parte alta dell’atmosfera (stratosfera) iniziano ad aumentare nella tarda primavera dell’emisfero australe (quindi a partire da Novembre), la riduzione dell’ozono rallenta, il vortice polare si indebolisce e infine si rompe, ed entro la fine di dicembre i livelli di ozono ritornano alla normalità.

Il vortice polare si forma sia al polo sud che al polo nord, tuttavia quest'ultimo è meno intenso e meno stabile per cui produce effetti molto meno intensi sull’ozono, il cui buco si forma prevalentemente sopra il polo sud.

Il problema è che di anno in anno durante la primavera australe si è andato formando un buco sempre più grande, ormai di dimensioni superiori all'intero continente antartico.

Azioni di contrasto

A breve distanza di tempo dalla scoperta dell'esistenza del buco nell'ozono, nel 1987 fu firmato il protocollo di Montreal, diventato operativo nel 1989, col quale i gas ODS venivano banditi (applicato da 197 nazioni). Grazie a questa iniziativa, lo strato di ozono via via nel tempo ha smesso di crescere rapidamente, dando anche segni di rimpicciolimento.

Buco ozono
Sequenza di immagini della Terra vista dal polo sud con l'evoluzione delle dimensioni del buco nell'ozono (in blu) dal 1970 al 2021. Credits:

Si stima che se non ci fosse stato il protocollo di Montreal, oggi il buco sarebbe più grande del 40%. Invece, grazie a questo protocollo, la concentrazione di gas ODS si è ridotta del 40%, lo strato di ozono si sta ripristinando nella misura del 3% ogni decennio.

Si stima che entro il 2030 l’incidenza di tumori della pelle dovuti all’eccesso di radiazione UV (eccesso dovuto all’assottigliamento dello strato di ozono) dovrebbe diminuire di circa 2 milioni di casi.

A partire dalla sua scoperta, il buco dell’ozono viene monitorato quotidianamente. Esiste un servizio di monitoraggio atmosferico chiamato CAMS (Copernicus Atmosphere Monitoring Service) in seno al programma Copernicus (un progetto europeo di osservazione della Terra).

CAMS, integrando dati dallo spazio e da Terra con modelli dell’atmosfera, monitora l’ozono in atmosfera e la radiazione UV che lo attraversa, fornendo indicazioni sull’andamento della sua concentrazione passata, attuale, e fornendo una previsione su quella futura.