Come si originò il devastante tsunami che nel 1908 travolse Reggio e Messina?

Oltre al terremoto, molto violento, l’area dello Stretto di Messina, 15/20 minuti dopo la grande scossa, fu travolta dallo tsunami, che provocò ulteriori danni e morti. In alcuni punti le onde superarono i 10 metri di altezza.

Per quasi un secolo s’è ritenuto che questo maremoto fosse stato direttamente generato dal sisma, per una rapida deformazione del fondale marino che causò uno spostamento di immense masse d’acqua e conseguenti onde sulla costa.

Il terribile terremoto che distrusse Messina e Reggio Calabria all’alba del 28 dicembre del 1908 fu uno dei più grandi disastri naturali mai occorsi in Europa, con un numero di vittime stimato superiori agli 80.000 morti. Oltre al terremoto, molto violento, l’area dello Stretto di Messina, 15/20 minuti dopo la grande scossa, fu travolta dallo tsunami, che provocò ulteriori danni e morti.

In questo articolo cercheremo di analizzare gli effetti prodotti dal maremoto che fece seguito alla potentissima scossa del 28 dicembre 1908. Sappiamo che al terremoto fece seguito, come causa indiretta, un maremoto.

Maremoto del 1908

Oggi sappiamo che a determinare lo tsunami fu una grossa frana sottomarina avvenuta lungo la costa ionica a circa 80-100 km a largo di Capo Taormina, lungo la faglia “Messina-Giardini Naxos”.

Il corpo della frana scivolando a grandissima velocità lungo gli abissi dello Ionio favorì l’attivazione dell’onda del maremoto, che una volta formatasi si diresse con grande impeto verso le coste calabresi e siciliane. In meno di 5 minuti, secondo le testimonianze dei sopravvissuti raccolte nel 1910 dal geografo Mario Baratta, l’onda colpì dapprima l’area antistante l’evento franoso sottomarino, lungo la costa tra Giardini Naxos e Taormina.

I resti della città di Messina dopo la grande scossa del 1908.

In seguito, iniziò a propagarsi lungo la costa jonica messinese risalendo da sud, in direzione dello Stretto, con una velocità elevatissima, non inferiore ai 300 km/h (tipica degli tsunami). Prendendo in esame i dati raccolti da Giovanni Platania, illustre docente di Fisica terrestre all’Università di Catania, autore dello studio più dettagliato sugli effetti del maremoto, nel suo lavoro “Il maremoto dello stretto di Messina del 28 Dicembre 1908″, si scoprono dei particolari molto interessanti.

Run-up sulle coste siciliane e calabresi

A cominciare dal dato della massima altezza dell’onda che fu registrata a Capo S. Alessio (11.70 m), mentre valori notevoli (circa 8–9 metri) si segnalarono a Giardini Naxos e nel pittoresco borgo marinaro di Cala San Paolo (oggi Briga Marina). Valori di ben 13 metri si registrarono nell'area a sud di Reggio, sulla sponda calabrese.

Colpite notevolmente anche Scaletta Zanclea (8 metri di run-up e 200 metri d’ingressione) e Roccalumera, dove il mare inondò anche la Via Provinciale. In tutte queste località furono innumerevoli le barche trascinate a riva e gli alberi sradicati, numerosi i muri delle costruzioni danneggiati. Allagato anche il porto di Catania, con un run-up di 3 metri e con un’ingressione di circa 700 metri nella sua zona più a sud e non protetta dalla diga foranea (Tinti ed altri, 2008).

Effetti, sia pure più labili, vennero avvertiti anche più a Sud: a Siracusa (1.6 metri di run-up al ponte del canal grande) e perfino a Malta, dove il mareografo di La Valletta registrò oscillazioni anomale intorno al metro, circa un’ora dopo la scossa sismica.

Terremoto Messina
L'epicentro del grande terremoto dello Stretto di Messina del 28 dicembre 1908.

Variazioni del livello marino, sia pure limitate, si notarono anche nel Tirreno, a nord dello Stretto: a Nicotera, Tropea e Scalea il mare invase parzialmente la spiaggia. A Stromboli il mare avanzò di oltre 10 metri. Ma fu comunque nello Ionio che le onde si propagarono a più ampio raggio: oscillazioni vennero avvertite ad Ovest fino a Licata e Porto Empedocle, a nord fino ad Isola di Capo Rizzuto.

Cosa provoco il maremoto?

Molti ricercatori si sono impegnati a valutare questi fenomeni, studiandone attentamente gli effetti e lo sviluppo, allo scopo di scoprirne le cause e le origini da un punto di vista scientifico. Se un grande dibattito s’è acceso per l’individuazione della faglia origine del sisma, altrettanto è accaduto per la sorgente dello tsunami, con tesi contrapposte.

Per quasi un secolo s’è ritenuto che questo maremoto fosse stato direttamente generato dal sisma, per una rapida deformazione del fondale marino che causò uno spostamento di immense masse d’acqua e conseguenti onde sulla costa.

Ma con il passare degli anni e con l’affinarsi delle tecniche di indagine, qualche dubbio è affiorato. Oggi infatti la tesi più affermata indica come causa principale di questo tsunami non tanto il terremoto, quanto una frana sottomarina causata dal forte scuotimento del terreno. A sviluppare, con ampia dovizia di particolari, questa soluzione entra in gioco uno studio ben specifico.

Il primo parametro preso in considerazione riguarda i tempi di percorrenza dell’onda ovvero i minuti intercorsi tra lo sviluppo del terremoto e l’arrivo dello tsunami sulle varie località della costa. In base alle testimonianze coeve (Platania, 1909; Baratta 1910) fu stabilito, ad esempio, che a Giardini Naxos e Nizza le onde arrivarono nel giro di due-tre minuti dalle scosse sismiche mentre a Reggio Calabria e Messina tra i due eventi trascorsero almeno 8-10 minuti, forse anche 12-15 minuti per la zona di Capo Peloro (punta nord-orientale della Sicilia).

Oggi infatti la tesi più affermata indica come causa principale di questo tsunami non tanto il terremoto, quanto una frana sottomarina causata dal forte scuotimento del terreno. A sviluppare, con ampia dovizia di particolari, questa soluzione entra in gioco uno studio ben specifico.

Già questo aspetto contrasta fortemente con la posizione dell’epicentro sismico (più vicino al Nord dello Stretto che a Giardini Naxos), ponendo molti dubbi ai ricercatori. Il secondo passo è stato, in base alla batimetria locale ed alle leggi che regolano lo sviluppo degli tsunami (in particolare la relazione tra velocità di propagazione e profondità dei fondali), considerare la velocità media delle onde intorno ai 300 km/h.

L’area di origine del maremoto

Con una semplice operazione aritmetica, per ogni località è stato poi moltiplicato il tempo di arrivo dell’onda per questa velocità, ottenendo così la distanza della località stessa dalla sorgente dello tsunami. Quindi, utilizzando la tecnica del cosiddetto tracciamento inverso delle onde di tsunami, su una mappa della zona si sono disegnate circonferenze di raggio pari alla distanza così ottenuta e centrate su ogni località in questione.

In questo modo è stato possibile individuare l’area in cui i vari cerchi si intersecavano maggiormente: quella è diventata la zona più probabile della sorgente. Da qui ci si rende conto che la sorgente dello tsunami risultava molto più a sud dell’epicentro sismico, ad una distanza di almeno 40 km e posizionata a circa 40 km dalla costa di fronte a Giardini Naxos.

Dunque, considerando incontrovertibile la posizione dell’epicentro, terremoto e tsunami non rispondevano all’equazione causa-effetto. In altre parole, lo tsunami non sembrava generato dalla scossa sismica.

Una regola fondamentale nella ricostruzione degli tsunami vuole che il sito con il massimo run-up generalmente rappresenti la proiezione lungo la costa della sorgente o che comunque sia nei suoi pressi. Per lo tsunami del 1908 i dati mostrano valori di massima altezza, dai 9 ai 12 metri, sulla costa ionica tra Giardini Naxos e Capo S. Alessio, non propriamente vicini all’epicentro sismico.

Un’ulteriore analisi delle informazioni ha permesso di osservare un aspetto fondamentale: lungo entrambe le coste in questo maremoto il run-up si riduce significativamente nello spazio di alcune decine di km e non, come nel caso di uno tsunami generato da un terremoto, su distanze ben maggiori (talora dell’ordine perfino di migliaia di km). Dunque, un’altra conferma alla teoria di una causa non sismica, corroborata da un altro dettaglio non trascurabile.