Clima, ecco come si svolse il Periodo caldo romano. Quali sono le differenze con l'attuale riscaldamento globale?
L'espansione dell'Impero Romano avvenne durante un periodo caldo e umido che contribuì ad aumentare la produttività agricola nelle regioni del Mediterraneo, ma si trattò di un processo diverso da quello odierno.

Per comprendere il comportamento del clima in un dato periodo del passato pre-strumentale è necessario combinare diverse fonti di dati, sia documentali (nel caso di periodi non troppo lontani) sia paleoclimatiche.
Anche con tali informazioni disponibili, la caratterizzazione climatica non è un compito semplice, poiché è soggetta sia alle incertezze imposte dai limiti della metodologia utilizzata, sia al fatto che nella regione studiata possono coesistere simultaneamente diverse condizioni climatiche.
È comune mettere in relazione la straordinaria espansione dell'Impero Romano con un clima favorevole, che per diversi secoli – indicativamente tra il 250 a.C. e il 300 d.C. – dominò senza grandi variazioni nella regione del Mediterraneo, il che ebbe un impatto molto positivo sulla produttività agricola, fondamentale per il successo della romanizzazione.
Questa unicità nel comportamento climatico è fuori dubbio. I riferimenti al cosiddetto Periodo caldo romano (o, in alternativa, Optimum climatico romano) sono giustificati.

Il grande astronomo e geografo dell'antichità, Claudio Tolomeo (II secolo), scrisse che ad Alessandria, quando Roma annesse l'Egitto settentrionale al suo vasto impero, pioveva tutti i mesi dell'anno, tranne agosto. Attualmente in quella zona piove in media solo una volta tra maggio e settembre.
D'altro canto, lo scrittore e naturalista Plinio il Vecchio (I secolo) notò che i faggi erano migrati dalle zone di pianura a quelle di montagna in risposta all'aumento della temperatura.
La tendenza alla semplificazione eccessiva
A partire dal IV secolo, la stabilità climatica che aveva caratterizzato l'Europa meridionale e il Nord Africa cominciò a rompersi, lasciando il posto a un periodo molto più turbolento, con abbondanti piogge e clima più freddo, che resero estremamente difficoltoso il lavoro agricolo.
Da quanto detto finora, possiamo concludere che l'espansione e il successivo declino dell'Impero Romano non possono essere compresi senza la componente climatica e che durante il periodo caldo romano il riscaldamento fu maggiore di quanto non sia oggi.
Ragionando in questo modo, interpreteremo ciò che è realmente accaduto in modo molto semplicistico e probabilmente errato.

Nel suo libro “Tra la Terra e il cielo”, lo storico britannico Peter Frankopan analizza con grande erudizione il legame clima-storia, chiarendo alcuni dettagli necessari per comprendere la difficoltà insita in questo tipo di ricerca. Nel capitolo dedicato al periodo caldo romano leggiamo quanto segue: “La questione, tuttavia, non è tanto se il cambiamento climatico sia stato un fattore in questi sviluppi spettacolari, quanto piuttosto il ruolo preciso che ha svolto in alcuni o in tutti questi casi”.
E aggiunge il seguente paragrafo molto chiarificatore: “Sebbene il quadro generale dei cambiamenti nei modelli climatici possa sembrare coerente e convincente, vale la pena sottolineare (…) che il solo Mediterraneo è composto da un’ampia varietà di geografie, ambienti e sistemi climatici (sic); e sebbene sia allettante estrapolare modelli universali da un singolo set di dati, farlo può essere semplicistico e fuorviante”.
Un optimum climatico che non era globale
I negazionisti del cambiamento climatico spesso condividono grafici con fonti di dati paleoclimatici (affidabili a priori), che mostrano chiaramente che durante il periodo caldo romano le anomalie calde erano maggiori di quelle odierne.
Condividere questo tipo di informazioni trasmette l'idea che l'attuale periodo caldo non sia niente di insolito, poiché era più caldo in epoca romana e in periodi successivi, come il periodo caldo medievale.

C'è un dettaglio che viene spesso trascurato quando si confrontano le caratteristiche uniche di quelle fasi calde del (non così lontano) passato con quelle del presente: la natura globale del fenomeno.
Sarebbe un grave errore negare l'esistenza della fase calda verificatasi durante l'espansione dell'Impero Romano, ma una panoramica delle registrazioni paleoclimatiche ottenute in tutto il mondo conferma che questo riscaldamento fu regionale, non globale.
Molte regioni della Terra rimasero immuni a quel periodo caldo. Oggi, tuttavia, i segnali del riscaldamento globale si riscontrano praticamente in tutto il pianeta.