Le macchie solari: cosa sono e perché è importante tenerle sotto controllo

Numero totale, dimensioni e forma delle macchie solari permettono agli astronomi di conoscere il livello di pericolosità del Sole, cioè la probabilità che in esso abbiano luogo esplosioni così violente da produrre tempeste geomagnetiche cruciali per la Terra.

Macchie solari
Esempio di macchie solari osservate dal satellite SDO. Credits: NASA/SDO

Il Sole ci riscalda con un flusso costante di energia che in esosfera (lo strato più esterno dell’atmosfera) è pari a 1370 W/m2, la cosiddetta costante solare. Questo flusso garantisce sulla Terra una temperatura ideale per il mantenimento della vita.

Tuttavia, lo stesso Sole è capace anche di “colpi di testa”, nonostante la sua veneranda età di 4.6 miliardi di anni. Questi “colpi di testa” altro non sono che i brillamenti solari, cioè esplosioni che avvengono nell’atmosfera del Sole e che possono essere così violente da “sparare” letteralmente grosse quantità di plasma solare (elettroni e proponi), le cosiddette emissioni di plasma coronale (o in inglese “i coronal mass ejections”) come anche altissimi dosaggi di raggi X e gamma.

Uno sforzo significativo da parte della comunità scientifica è quello di sviluppare una metodologia diagnostica che possa prevedere in anticipo o quanto meno osservare queste esplosioni nelle loro fasi iniziali in modo da capirne l’intensità e se sono in direzione della Terra.

In quest’ultimo caso, ciò che ci si aspetta sulla Terra sono potenti tempeste geomagnetiche capaci di mettere in tilt sistemi satellitari e produrre addirittura veri e propri black out nella rete elettrica.

Il luogo preferenziale in cui avvengono queste esplosioni è in corrispondenza delle macchie solari. E’ proprio monitorando il numero di macchie, le loro dimensioni e la loro conformazione che si riesce a diagnosticare cosa sta succedendo nell'atmosfera solare o prevedere possibili "colpi di testa"!

Le prime osservazioni

I primi a scoprire l’esistenza delle macchie solari sono stati i Cinesi nel 28 a.c. In Occidente si dovette aspettare i primi anni del ‘600 per avere cronaca dell’osservazioni delle macchie con il telescopio, che già dal 1608 era abbastanza diffuso in ambito accademico. La partita della scoperta fu giocata tra Galilei, Harriot e Fabricius. Di questi fu Fabricius il primo a pubblicarne la scoperta, ma rimane il dubbio che gli altri due le avessero scoperte prima ma non avessero mai scritto nulla prima del 1611.

In un’epoca in cui si dava per scontata la perfezione delle sfere celesti e di tutti i suoi elementi, Sole compreso, la scoperta di macchie e quindi di imperfezioni sulla superficie del Sole ebbe un impatto notevole.

Cosa sono le macchie

Le macchie solari sono regioni scure della superficie del Sole. Sono caratterizzate da una zona centrale più scura, chiamata ombra, circondata da una regione periferica meno scura, chiamata penombra. Mentre sulla superficie del Sole la temperatura è di circa 5500 0C, la temperatura delle macchie è circa 1500 gradi più bassa.

Macchia solare
Esempio di macchia solare con al sua struttura a ombra (centrale) circondata da penombra (periferica).

E’ solo per un effetto di contrasto visivo che le macchie con temperature così alte (circa 4000 0C) appaiono scure.

Se ipoteticamente il Sole fosse interamente ricoperto di macchie scure con temperature di 4000 0C lo si vedrebbe brillare.

Perché sono più fredde

Le macchie sono quelle regioni della superficie in cui emergono gli intensi campi magnetici generati all’interno del Sole. Poiché questi campi magnetici bloccano il flusso di calore, in queste regioni avviene un raffreddamento locale che le fa apparire scure, appunto come macchie nere.

Maggiore è la quantità di campi magnetici nel Sole, maggiore è il numero e l’area totale occupata dalle macchie.

Attraverso le macchie solari fluisce energia magnetica che dall’interno del Sole sale in atmosfera dove viene trasformata in calore.

Più si sale in atmosfera dove più efficiente diventa la conversione di energia magnetica in calore, più la temperatura aumenta, fino a milioni di gradi nella parte più esterna, chiamata corona solare.

Perché monitorare le macchie le solari

Come dicevamo, un numero elevato di macchie indica la presenza di numerosi campi magnetici e quindi di una intensa trasformazione di energia magnetica in calore. La trasformazione di energia magnetica in calore a volte può essere di tipo esplosivo. In tali circostanze si hanno eventi chiamati brillamenti cui possono far seguito le emissioni di plasma coronale, di raggi X e gamma, con effetti significativi sulla ionosfera terrestre e con conseguenti tempeste geomagnetiche.

CME
Emissione di plasma coronale a seguito di brillamento. Il disco del Sole è nascosto dal coronografo. Credits: NASA/SOHO

La produzione di campi magnetici nel Sole avviene in maniera ciclica, con periodi della durata media di 11 anni. Per i primi 5 anni e mezzo la quantità di campi magnetici e quindi di macchie solari aumenta (fase di massimo), mentre nei successivi 5 anni e mezzo diminuisce (fase di minimo).

Contando numero e area totale di macchie sappiamo se il Sole si trova vicino al massimo di attività magnetica.

Nei periodi di massima attività, la possibilità di eventi esplosivi aumenta, e quindi anche la probabilità che qualcuno di questi possa avere effetti significativi sulla Terra. Quindi, le macchie sono un'ottima diagnostica per monitorare il livello di attività magnetica e di pericolosità del Sole.

Questo è il motivo per cui esiste lo Space Weather, cioè la meteorologia spaziale che utilizza satelliti artificiali come SOHO (Solar and Heliospheric Orbiter) , SDO (Solar Dynamics Orbiter), PSP (Parker Solar Probe) puntati sul Sole per monitorare 24 ore su 24 l'evoluzione delle macchie solari e ciò che succede nell’atmosfera del Sole, e allertare la Terra nel caso avvengano esplosioni con emissione di plasma coronale in direzione della Terra.