Si può realmente guarire dal diabete? Tecnicamente si, ma le incognite sono ancora tantissime

Il nuovo studio cinese che ha portato alla guarigione di una paziente diabetica di 25 anni ha aperto la strada a nuove cure, ma le incognite da valutare sono ancora tantissime.

Diabete.
Il diabete è una patologia caratterizzata da un aumento dei livelli di glucosio nel sangue. Il diabete esordisce con la distruzione, ad opera del proprio sistema immunitario, delle cellule del pancreas che producono l’insulina.

Il diabete è una patologia caratterizzata da un aumento dei livelli di glucosio nel sangue. Il diabete esordisce con la distruzione, ad opera del proprio sistema immunitario, delle cellule del pancreas che producono l’insulina.

Esistono due tipi di diabete: il diabete tipo 1 che riguarda circa il dieci per cento delle persone con diabete, ed insorge nell'infanzia o nell'adolescenza. Poi abbiamo il diabete di tipo 2, che invece insorge ad età più avanzata.

Ecco perché la cura del diabete di tipo 1, quando la parte del pancreas deputata alla produzione degli ormoni (le cellule beta) è compromessa definitivamente, è rappresentata da iniezioni giornaliere di insulina.

Si può guarire dal diabete con un trapianto di cellule staminali autologhe?

Fino a poco tempo fa si pensava di no. Ma uno studio cinese ha dimostrato che tecnicamente è possibile guarire dal diabete. Una donna cinese di 25 anni, come annunciato in uno studio pubblicato dalla rivista Cell, ha iniziato a produrre insulina autonomamente meno di tre mesi dopo un trapianto di cellule staminali riprogrammate estratte dal suo stesso corpo.

È la prima paziente al mondo ad essere trattata con successo utilizzando cellule autologhe per questa malattia.

Un risultato straordinario che non deve però fare pensare si tratti della soluzione definitiva per tutti al diabete di tipo 1. Ma rimangono ancora tante incognite da definire e affrontare.

Trapianto isole pancreatiche

Negli anni scorsi una delle strategie maggiormente percorse per provare a curare definitivamente la malattia è stata rappresentata dal trapianto delle isole pancreatiche, quelle strutture del pancreas deputate alla produzione dell'insulina.

Diabete tipo 1.
Il diabete tipo 1 che riguarda circa il dieci per cento delle persone con diabete, ed insorge nell'infanzia o nell'adolescenza.

Ma tale pratica è stata molto limitata dalla scarsità di donatori e la necessità, da parte del ricevente, di assumere farmaci immuno soppressivi per evitare il fenomeno del rigetto, esattamente come avviene con i trapianti d'organo.

L’utilizzo delle staminali

Un'alternativa possibile al trapianto delle isole pancreatiche è rappresentata dall'utilizzo delle proprie cellule staminali opportunamente modificate per diventare cellule del pancreas. Un modo per ovviare al problema dei donatori e del rigetto.

Nello studio da poco pubblicato sul Cell Deng Hongkui, biologo cellulare presso l'Università di Pechino, ha sviluppato una nuova tecnica per riprogrammare le cellule del paziente in cellule pluripotenti indotte capaci di differenziarsi in cellule pancreatiche.

Una volta ottenute, i ricercatori le hanno iniettate in una donna con diabete di tipo 1. L'iniezione è avvenuta nell’addome, una scelta utile a monitorarne la funzione e a rimuoverle in caso di necessità.

Paziente diabetica mentre monitora la glicemia in tempo reale.
Un'alternativa possibile al trapianto delle isole pancreatiche è rappresentata dall'utilizzo delle proprie cellule staminali opportunamente modificate per diventare cellule del pancreas.

Seguita nel tempo, a due mesi e mezzo dal trapianto la paziente ha iniziato a produrre insulina a livelli sufficienti da eliminare la necessità di iniezioni esterne. Dopo un anno i suoi livelli di glucosio nel sangue sono rimasti stabili, senza pericolosi picchi o cali, e la produzione autonoma di insulina è stata mantenuta.

Le incognite di questa sperimentazione

Sono diverse le incognite di questa nuova terapia. Difatti il paziente, oggetto dello studio cinese, stava già assumendo immunosoppressori per un precedente trapianto di fegato, i ricercatori non hanno potuto valutare se le cellule iniettate davano luogo al fenomeno del rigetto nel tempo.

Anche se il corpo non rigetta il trapianto perché non considera le cellule come estranee, nelle persone con diabete di tipo 1, data la natura autoimmune della malattia, esiste comunque il rischio che il corpo attacchi le isole. Ecco perché sarà fondamentale, nelle prossime persone sottoposte a questa procedura, verificare l'effettiva assenza di rigetto.