Non solo le stelle, anche i pianeti possono formare nuovi pianeti: una sorprendente scoperta apre nuovi orizzonti
Dopo la sorpresa legata alla scoperta della loro esistenza, cioè pianeti senza una stella attorno a cui orbitare, continuano a stupirci mostrandoci la capacità di generare loro stessi altri pianeti, formando sistemi planetari non convenzionali.

Esistono più aggettivi per descrivere questa particolarissima tipologia di esopianeti. Essi vengono chiamati “pianeti liberamente fluttuanti” o “pianeti solitari" o, addirittura, “pianeti bricconi”.
A differenza della stragrande maggioranza di pianeti noti, a partire proprio da quelli del nostro Sistema Solare, questi esopianeti vagano nello spazio senza essere legati ad alcuna stella.
Se ne conoscono ad oggi quasi un centinaio, ma la loro scoperta è particolarmente difficile.
La scoperta dei pianeti “bricconi”
Non essendo legati a nessuna stella, i metodi più frequentemente utilizzati per scoprire gli esopianeti non funzionano. Questa tipologia di pianeta non produce eclissi per cui il metodo dei transiti per loro non va bene; non produce nessuna oscillazione della stella madre per cui il metodo delle velocità radiali non funziona.
Vengono scoperti con il metodo del direct imaging, ma in maniera assolutamente casuale, non esistendo alcuna stella attorno alla quale andare a cercarli.

Per poter essere scoperti devono essere molto caldi, e quindi molto giovani.
Non esistendo una stella madre che li illumini o li riscaldi, nel corso di milioni di anni vanno raffreddandosi, diventando sempre meno luminosi e più difficilmente individuabili.
L’origine dei pianeti bricconi
Si ritiene che siano due le principali modalità con cui si formano questi pianeti.
Una modalità è quella classica, cioè all’interno del disco protostellare di una stella, dalla quale successivamente sono espulsi per una combinazione di effetti gravitazionali con la stella e gli altri pianeti dello stesso sistema planetario. Oppure a causa dell’incontro ravvicinato con un’altra stella vengono strappati via.
Altra possibilità, molto più affascinante, è che si formino alla stessa stregua con cui si formano le stelle e cioè dal collasso gravitazionale di un frammento di nube. Se il frammento è sufficientemente grande si forma una stella, se non sufficientemente grande si forma una nana bruna, che non diventerà mai una stella, se ancor più piccolo si formerebbe un pianeta gassoso dalle 5 alle 10 volte le dimensioni di Giove.
Una scoperta sorprendente
Uno studio dedicato ad 8 di questi pianeti e pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal a prima firma di Belinda Damian del SUPA, Facoltà di Fisica e Astronomia, Università di St Andrews, North Haugh, ha scoperto qualcosa di sorprendente.
Sembra che 6 di questi 8 pianeti abbiano un loro disco protoplanetario, quindi siano una versione in scala ridotta di un classico sistema protoplanetario dove invece di aver la stella al centro hanno un pianeta.

In questi dischi in miniatura sono stati osservati grani di silicio, cioè il costituente base che per accrezione porterà alla formazione di pianeti rocciosi.
Si tratta di sistemi interessantissimi e completamente diversi da quelli noti, un grosso pianeta gassoso circondato da una corte di pianeti rocciosi che tanto ricorda i nostri giganti gassosi quali Giove e Saturno circondati dalla loro corte di lune rocciose.
Questa scoperta è stata fatta dal telescopio spaziale James Webb che grazie alla sua sensibilità alla radiazione infrarossa è riuscito a osservare la debole luce emessa da questi proto-planetari, riuscendo a capirne la composizione chimica.
L'estensione di questo studio a numerosi altri pianeti fluttuanti permetterà di comprenderne meglio la natura e le caratteristiche di questi sistemi planetari del tutto non convenzionali.
Riferimento allo Studio
“Spectroscopy of Free-floating Planetary-mass Objects and Their Disks with JWST“ Belinda Damian et al 2025 AJ 170 127 DOI 10.3847/1538-3881/adea50