C'è una spiegazione per i misteriosi “Puntini Rossi” scoperti nello spazio dal telescopio James Webb

Scoperti casualmente dal telescopio spaziale James Webb, gli enigmatici “Little Red Dots” (Puntini Rossi) sembra abbiano finalmente trovato una spiegazione. Sarebbero oggetti dalla natura così diversa da quella che conosciamo da potersi considerare “esotici”.

Little Red Dots
Rappresentazione artistica di una stella-buco nero. Credit: T. Müller, A. de Graaff, Max Planck Institute for Astronomy

Sono passati circa 10 mesi da quando qui su Meteored parlammo degli enigmatici “Little Red Dots”, ossia i "puntini rossi” scoperti casualmente grazie alle osservazioni dell'Universo primordiale fatte col telescopio spaziale James Webb.

Cosa sapevamo dei "Little Red Dots"

Nelle immagini di James Webb, come mostrato nella foto di sotto, essi appaiono come puntini rossi. Sulla natura di questi oggetti erano state fatte diverse ipotesi.

Comune a tutte le ipotesi è il fatto che si tratta di oggetti molto lontani, ossia oggetti che popolavano l’Universo primordiale, in un’epoca stimata tra i 600 e i 1500 milioni di anni dopo il Big Bang. Parliamo di Universo "primordiale" considerando che l'attuale età è di circa 13.8 miliardi di anni.

I "Puntini rossi" non erano ancora presenti prima dei 600 milioni di anni e non sono stati più presenti dopo i 1500 milioni di anni di vita dell’Universo.

Sappiamo che gli oggetti astronomici più lontani dell’Universo sono anche quelli che si stanno allontanando più velocemente a causa dell'espansione dell’Universo. Questo allontanamento fa sì che la luce da questi emessa sia fortemente spostata verso il colore rosso, così spostata verso il rosso che per primo solo il telescopio James Webb era riuscito ad osservarli, essendo completamente invisibili ai precedenti telescopi.

Tra le ipotesi sulla loro natura la più convincente sembrava al momento della loro scoperta quella secondo cui si tratti di buchi neri primordiali i cui dischi di accrescimento sono responsabili della loro elevata luminosità.

Appaiono come deboli puntini, ma solo a motivo dell'enorme distanza, mentre di fatto sono oggetti brillantissimi.

Little red dots
Collage di alcuni dei "Little Red Dots" scoperti dal telescopio James Webb. Credit: NASA; ESA; CSA; STScI; Dale Kocevski/Colby College

Altre ipotesi sulla loro natura, come ad esempio quella che considerava si trattasse di galassie, sono state scartate. Infatti, se si trattasse di galassie la loro elevatissima luminosità (somma delle luminosità delle singole stelle) richiederebbe che le stelle siano densamente ammassate, ma non si conosce ad oggi nessun meccanismo di formazione così estremo.

Concludevamo il nostro articolo di 10 mesi fa parlando di un “caso aperto".

Tuttavia, dopo la scoperta, diversi gruppi di ricerca si sono attivamente impegnati a scoprirne la vera natura. In particolare, il gruppo di ricerca guidato da Anna de Graaff del Max Planck Institute ad Heidelberg ha individuato tra i numerosi puntini rossi il più massiccio, chiamato "The Cliff".

Qual è la loro natura "esotica"

L’analisi dello spettro elettromagnetico di The Cliff registrato dal James Webb, in seno ad una campagna osservativa chiamata "Bright Infrared Extragalactic Survey" (RUBIES), suggerisce che non si tratti di un ammasso di stelle ma di un singolo enorme oggetto.

All'apparenza sembra una enorme stella ma sarebbe un buco nero super massiccio che attira a se il gas circostante. Tuttavia, a differenza degli altri buchi neri, invece di modellare il gas che gli precipita addosso in un disco di accrescimento, ne è completamente circondato creando una sorta di oggetto sferico simile ad una stella, similmente a quanto rappresentato nella figura di copertina, ma con al centro un buco nero super massiccio.

Si tratta di un ibrido o se vogliamo un oggetto "esotico". Di stella ha solo la forma. Nella sostanza al centro vi è un buco nero super massiccio che attrae a sé tantissimo gas ad alta densità, il quale emette una fortissima luminosità.

Il lavoro teorico che in un certo senso hanno fatto gli astronomi è stato quello di costruire un modello teorico (matematico) di un oggetto astronomico con certe caratteristiche che, se portato a distanze cosmiche (a oltre 12 miliardi di anni luce), presentasse le stesse caratteristiche di luminosità e spettrali osservate nel puntino rosso "The Cliff".

"Questa è la migliore idea che abbiamo e la prima che davvero si adatta a quasi tutti i dati - conclude Joel Leja dell'Università Statale della Pennsylvania, co-autore della ricerca - quindi ora dobbiamo svilupparla meglio".

Riferimento allo studio

"A remarkable ruby: Absorption in dense gas, rather than evolved stars, drives the extreme Balmer break of a little red dot at z = 3.5" Anna de Graaff et al. A&A Volume 701, September 2025 https://www.aanda.org/articles/aa/full_html/2025/09/aa54681-25/aa54681-25.html