Viaggiare alla velocità della luce: quanto tempo ci vorrebbe per arrivare su Marte? La risposta vi lascerà senza parole

Alla velocità della luce, Marte sarebbe a pochi minuti di distanza. Tuttavia, le missioni vere e proprie richiedono mesi. Perché raggiungere il pianeta rosso è un'affascinante sfida orbitale?

Con le tecnologie attuali, il viaggio su Marte può durare fino a 9 mesi.

Immagina di poter accendere un motore magico e raggiungere istantaneamente la velocità della luce. In quel caso, Marte si troverebbe a soli tre minuti nel suo punto più vicino e a ventidue in quello più lontano. Incredibile? Sì, ma purtroppo è impossibile con la nostra tecnologia attuale.

Le missioni reali verso Marte non hanno nulla di istantaneo e, dalle sonde Mariner fino a Curiosity o Perseverance, hanno impiegato tra i sette e i nove mesi per completare il loro viaggio. Perché tanta differenza? La risposta sta nella meccanica orbitale e in come si calcolano le traiettorie che sfruttano al meglio l’energia disponibile.

Il viaggio verso Marte non è paragonabile a guidare su un’autostrada dritta, in realtà assomiglia più a una partita di biliardo cosmico: occorre lanciare la navicella con l’angolo esatto e la forza precisa affinché raggiunga lo stesso punto in cui si troverà Marte… mesi dopo.

Infatti, gli ingegneri spaziali sanno che un errore di giorni o persino ore può significare perdere la missione, ed è qui che si capisce come la sfida non sia solo viaggiare veloce, ma anche coordinare il movimento di due pianeti che ruotano intorno al Sole in tempi diversi.

Numerose missioni presenti e future su e verso Marte. Crediti: NASA

Per questo, anche se la luce ci dà l’illusione di un tragitto quasi istantaneo, le missioni spaziali devono essere pianificate con pazienza e calcoli scrupolosi. Viaggiare fino a Marte è molto più che percorrere chilometri: è vincere la danza orbitale del sistema solare con ingegno e disciplina.

Il passaggio perfetto verso il pianeta rosso

Un’analogia brillante per visualizzare un viaggio verso il pianeta rosso è un passaggio di football americano, in cui il quarterback non lancia il pallone dove si trova il ricevitore, ma dove si troverà. Lo stesso accade con Marte: la navicella deve anticipare la sua destinazione per incontrarsi con il pianeta nel futuro.

Questo esempio ci aiuta a capire che le traiettorie spaziali non sono dirette. Quando un razzo decolla dalla Terra, non punta al luogo attuale di Marte, ma a un punto della sua orbita in cui il pianeta si troverà mesi dopo. Questa è la sincronia interplanetaria perfetta.

La chiave sta nell’impulso iniziale di energia che la navicella riceve al momento della partenza: la maggior parte del viaggio la percorre con i motori spenti, affidandosi all’inerzia descritta dalla prima legge di Newton. Solo avvicinandosi al pianeta, viene regolata la velocità per entrare in orbita o atterrare.

Così, ogni missione marziana diventa un enorme esercizio di calcoli e previsioni che devono anticipare non solo la posizione futura di Marte, ma anche le correzioni di rotta e le manovre necessarie per evitare che la navicella si perda nello spazio infinito.

L’orbita di trasferimento di Hohmann

Per ridurre al minimo l’uso di carburante, si utilizza l’orbita di trasferimento di Hohmann. Questa è un’ellisse con il Sole in uno dei suoi fuochi, progettata affinché la navicella incroci l’orbita marziana nel momento opportuno, rappresentando la strategia più efficiente dal punto di vista energetico.

Il trucco sta nel determinare la geometria orbitale corretta, ossia quando la Terra si trova nel punto della sua orbita più vicino al Sole, mentre Marte occupa quello più lontano della sua. In questo scenario, la traiettoria risulta ottimale e il viaggio richiede la minore quantità di energia possibile.

Orbita di trasferimento di Hohmann. Crediti: NASA

Sebbene esistano traiettorie alternative più rapide, queste implicano consumare quantità enormi di carburante, impossibili da sostenere con la tecnologia attuale. Per questo, gli ingegneri privilegiano l’efficienza rispetto alla velocità: un viaggio più lungo, ma sicuro e sostenibile. La pazienza fa parte del prezzo da pagare per arrivare al pianeta rosso.

Ecco come la scienza spaziale dimostra che non basta accelerare e spingere sull’acceleratore. Nell’esplorazione interplanetaria, il vero lusso non è viaggiare veloce, ma ottimizzare ogni goccia di carburante per sfruttare al massimo le leggi fisiche che governano il cosmo.

Finestre di lancio: opportunità rare

Le missioni verso Marte non possono essere inviate in qualunque momento; circa ogni due anni si apre una finestra di lancio, l’intervallo in cui le posizioni della Terra e di Marte sono favorevoli a compiere l’orbita di trasferimento senza sprecare risorse.

Queste finestre durano da poche settimane a persino pochi minuti. A seconda della missione, se una navicella parte troppo presto o troppo tardi, raggiungerà lo spazio dove avrebbe dovuto trovarsi Marte, ma il pianeta non sarà lì, come un autobus partito senza attendere il passeggero in ritardo.

Lanciare fuori dalla finestra corretta non è solo rischioso: può condannare l’intera missione, e il costo extra di carburante è così alto che persino un progetto multimiliardario diventerebbe inutilizzabile. Per questo la pianificazione accurata è tanto essenziale quanto i razzi che spingono la navicella.

Conoscere questi limiti ci ricorda che l’esplorazione di Marte non è un semplice viaggio su strada, ma un delicato gioco di orologeria cosmica. Se la luce percorre il tragitto in pochi minuti, l’umanità impiega mesi, perché dipende ancora dalla pazienza e dall’ingegno per conquistare lo spazio.