La furia dei venti catabatici antartici, li dove si possono superare i 300 km/h!

Fin dagli inizi del novecento è stato dimostrato che esistono dei particolari canali preferenziali in cui si incanalano con forza questi potenti venti, molto temuti dai marinai che si apprestavano a salpare per i mari antartici.

Questi venti si originano in seguito al notevole raffreddamento dell’aria in cima alle alture, infatti la densità dell’aria aumenta quando la sua temperatura diminuisce, l’aria cosi scivola verso il basso, riscaldandosi adiabaticamente nello scendere, ma restando sempre relativamente più fredda rispetto l’aria circostante.

Con il termine “catabatici” vengono classificati tutti quei venti che assumono una spiccata componente discende dovuta a forzature orografiche. Nella maggior parte dei casi si tratta di venti che spirano da una inclinazione orografica, come una collina o una catena montuosa, assumendo una prevalente componente discendente sui versanti sottovento del rilievo.

Di solito però viene fatta una particolare distinzione tra i venti discendenti che sono più caldi dell’aria circostante per il processo di compressione adiabatica della massa d’aria che supera l’ostacolo orografico (effetto favonico), come il “fohn” per le Alpi, il “garbino” per l’Appennino, il “chinook” per le Montagne Rocciose o la “zonda” per le Ande.

E quelli invece più freddi, come la “bora” nel Golfo di Trieste, la “tramontana” nelle vallate appenniniche o i più noti e furibondi “venti antartici” lungo le coste del Polo Sud. In questo caso risultano “catabatici” i venti della seconda specie, più freddi, forti e turbolenti.

L’origine dei venti catabatici antartici

Essi si originano in seguito al notevole raffreddamento dell’aria in cima alle alture, infatti la densità dell’aria aumenta quando la sua temperatura diminuisce, l’aria cosi scivola verso il basso, riscaldandosi adiabaticamente nello scendere, ma restando sempre relativamente più fredda rispetto l’aria circostante.

I venti catabatici antartici sono i venti più violenti che soffiano sulla Terra. Solo dentro gli uragani della 5^ categoria Saffir-Simpson si possono registrare venti di un simile potenziale nei bassi strati della troposfera.

Questi potentissimi deflussi vengono innescati da notevolissimi divari di densità, e quindi di pressione atmosferica, delle gelide masse d’aria che stazionano sopra il Plateau Antartico, dove si ha un potente anticiclone permanente tutto l’anno, con l’aria un po’ più mite (o meno fredda) presente sui mari che bagnano il Polo Sud, dove invece prevalgono profondi sistemi depressioni, con minimi che possono sprofondare sotto i 940 hPa.

Da un punto di vista dinamico il fenomeno può essere spiegato anche dal fatto che l’aria gelidissima del Plateau Antartico, molto densa e pesante, tende a scivolare sulle coste dell’Antartide incanalandosi nell’area del pendio e favorendo l’attivazione di queste impetuose correnti d’aria in discesa dai ghiacciai del Polo.

Il 16 maggio 2004, la stazione meteo della base di McMurdo è stata letteralmente devastata dalla tempesta più intensa degli ultimi 30 anni, con raffiche fino a 188.4 mph, circa 303 km/h.

I primi studi su queste correnti

Fin dagli inizi del novecento, quando gli esploratori e gli scienziati iniziavano a studiare l’origine di questo straordinario flusso d’aria, è stato dimostrato che esistono dei particolari canali preferenziali in cui si incanalano con forza questi potenti venti, molto temuti allora dai marinai che si apprestavano a salpare per i mari antartici.

Lungo le coste i “venti Catabatici”, in discesa dal Plateau ghiacciato, possono raggiungere valori di 100-150 km/h, con raffiche fino a 180-200 km/h. Ma in determinate situazioni, specie durante l’autunno o l’inverno australe, quando sui mari sub-antartici si sviluppano quelle profondissime “depressioni-uragano” (minimo al suolo anche al di sotto dei 940-935 hPa) e si vengono a determinare incredibili “gradienti barici” con il Plateau, dominato dall’anticiclone permanente sopra i 1040 hpa, si riescono a sollevare degli uragani di vento di potenza straordinaria, capaci di ridurre la visibilità orizzontale a pochi metri per l’immenso “scaccianeve” sollevato sui ghiacciai.

In queste occasioni non di rado si sperimentano raffiche che agevolmente possono superare l’impressionante soglia dei 300 km/h. A volte i venti sono talmente violenti da distruggere le basi e le stazioni di ricerca posizionate sul territorio antartico.

Registrate raffiche oltre i 300 km/h

Il 16 maggio 2004, la stazione meteo della base di McMurdo è stata letteralmente devastata dalla tempesta più intensa degli ultimi 30 anni, con raffiche fino a 188.4 mph, circa 303 km/h. Quando i “venti catabatici” si attenuano o cessano del tutto, le masse d’aria marittima possono muoversi verso l’interno del continente, spesso portando nuvolosità e precipitazioni, ovviamente nevose. Ciò capita spesso sulla regione dell’Ice Shelf, dove i potenti “venti Catabatici” spesso vengono deviati dalla presenza di grandi montagne arrivando indeboliti lungo le coste.

Molte volte questo tipo di fortunali sono improvvisi e molto difficili da prevedere per tempo con una certa precisione. Oltre all’Antartide nel mondo ci sono molti altri posti dove si realizzano le condizioni adatte per questo tipo di venti. Tra questi troviamo le coste groenlandesi, soggette per buona parte dell’anno da venti a tratti molto violenti discendenti dall’entroterra ghiacciato.

Ben più conosciuti e temuti dai naviganti i “williwaw”, nome attribuito alle violentissime e gelide raffiche di vento discendente dai rilievi costieri, che investono di frequente l’area dello stretto di Magellano, le coste dell’Alaska e quelle siberiane, in concomitanza di predisposizioni bariche locali con forti “gradienti barici“.

In Italia un classico esempio di “vento catabatico” dalle caratteristiche fredde, è quello della bora, che, specie nel periodo invernale, fa sentire con forza la propria influenza sull’area del golfo di Trieste, facendo valicare dall’altopiano carsico le dense masse d’aria artiche-continentali in arrivo dall’Europa centro-orientale, bassopiani Sarmatici o direttamente dalla Siberia occidentale, nei casi eccezionali di grosse ondate di freddo.