La bora, l'origine del vento più violento del Mediterraneo

La bora è il vento più violento e turbolento d'Italia e dell'intero bacino del mar Mediterraneo, ed anche uno dei venti più studiati al mondo. Spesso può soffiare con raffiche che superano i 130 km/h

La bora, il vento più violento del Mediterraneo.

La bora è il vento più violento e turbolento d’Italia e dell’intero bacino del Mediterraneo. Visto le sue particolari e complesse caratteristiche è anche uno dei venti più studiati al mondo. Frequentemente soffia con estrema violenza, tra l’autunno, l’inverno e l’inizio della primavera, lungo il Golfo di Trieste, la costa dell’Istria e la Dalmazia, fino al confine con il nord dell’Albania, con furiose raffiche discendenti che raggiungono il medio-alto Adriatico per poi proseguire in direzione del Veneto, della Romagna e dei litorali di Marche e Abruzzo, dove può dare origini a mareggiate con un consistente moto ondoso, malgrado un “Fetch” (spazio di mare su cui soffia il vento) piuttosto limitato.

Le caratteristiche della bora

La principale caratteristica della bora è quella di essere un “vento catabatico”, costituito da masse d’aria fredde che per azione della forza di gravità scendono a gran velocità dai rilievi del Carso riversandosi con potenti e turbolenti folate di caduta lungo il Golfo di Trieste e le coste del medio-alto Adriatico. Come tutti i venti del Mediterraneo anche la bora si attiva in specifiche condizioni sinottiche.

Quando inizia a soffiare?

In genere il forte vento da E-NE comincia a spazzare le coste del Golfo di Trieste, l’Istria e i litorali dalmati quando un robusto anticiclone si posiziona sull’Europa centrale, con delle propaggini che si allungano verso est, mentre al contempo una profonda area ciclonica si colloca sui mari attorno l’Italia, possibilmente con un minimo barico al suolo sul Tirreno o sull’Adriatico (situazione tipica in inverno).

Una volta raggiunti i monti del Carso e le Alpi orientali le masse d’aria fredde e molto dense, di origine continentale, sono costrette a incanalarsi lungo i bassi valichi (definite anche come porte) presenti sui monti del Carso e sulle Alpi Dinariche (Bosnia Erzegovina), per traboccare con furiosi deflussi (raffiche di caduta turbolenti) verso le coste adriatiche, il breve tratto costiero sloveno e le coste dalmate, fino alle porte di Zara-Zadar, con risentimenti sulle Bocche di Cattaro, in Albania.

Ecco come l’orografia del Carso amplifica il vento

Questi valichi naturali, caratteristici del Carso, favoriscono l’incanalamento dei venti, provenienti dai quadranti orientali e settentrionali, convogliandoli, tramite fortissime raffiche di caduta e turbolenti deflussi, che agevolmente possono sfondare la soglia dei 120-140 km/h, in direzione del mar Adriatico. Il valico più importante, dove si origina la potente bora che spazza Trieste e l’area del Golfo, è quello di Postumia, un grande intaglio che è posizionato tra l’altopiano carsico del monte Nanos e il comprensorio montuoso del monte Nevoso.

Questa è la porta dove si origina il flusso della bora che scendendo dal Carso si tuffa su Trieste e sul Golfo, con raffiche molto forti che vengono rese ancora più violente dalle forti differenze di densità, di pressione e di temperatura che si verificano fra la pianura Danubiana, l’altopiano del Carso, solitamente molto fredde, e le sottostanti coste adriatiche, molto più temperate e umide.

Queste notevoli differenze, se associate a una grossa differenza di pressione tra Balcani, Adriatico e Italia centro-settentrionale, possono generare delle vere e proprie tempeste, con raffiche di uragano, che vengono rese molto furiose e turbolenti durante lo scivolamento dall’altopiano del Carso verso la parte più interna del Golfo di Trieste, dove non di rado si registrano raffiche ad oltre 150-160 km/h, in grado di apportare danni a strutture e edifici.

La bora chiara

La “bora chiara” è accompagnata da condizioni di tempo stabile, secco e soleggiato, con aria limpida e ottima visibilità derivata dalle raffiche di caduta che spazzano via tutte le impurità insistenti nei bassi strati. Questa tipologia di bora si attiva quando un solido promontorio anticiclonico, ben strutturato anche in quota, si staziona con i propri massimi barici sull’Europa centrale, tra la Germania, la Repubblica Ceca, la Polonia e i paesi del comparto centro-orientale europeo (prevalente curvatura anticiclonica sull‘Italia settentrionale), mentre un’area depressionaria si localizza sui mari meridionali italiani o sulla parte più bassa del Mediterraneo centrale.

La bora scura

La “bora scura” si attiva quando una circolazione depressionaria va a svilupparsi tra il Golfo Ligure, il medio-alto Tirreno e l’Adriatico centro-settentrionale, a seguito dell’affondo di una robusta saccatura nord-oceanica o di origine artica.

Tale configurazione molto spesso, specie se in presenza di un promontorio anticiclonico dinamico in fase di estensione, con asse inclinato verso nord-est o est, sull’Europa centro-settentrionale, determina un fitto addensamento di isobare con una spiccata curvatura ciclonica che risucchia masse d’aria piuttosto fredde e dense dall’area carpatico-danubiana e dai Balcani dirette verso il Carso e il Golfo di Trieste.

La “bora scura” è molto più violenta e turbolenta della “chiara”, proprio la prima tipologia produce le tempeste più violente capaci di apportare seri danni, con raffiche “catabatiche” estreme capaci di sfondare la soglia dei 170-180 km/h nei casi limite. Di solito le tempeste più violente si ottengono quando l’andamento delle isobare si dispone da E-SE-O-NO, quasi in parallelo con l’orientamento dei valichi dove prendono vita i furiosi “deflussi”.

L’attuale record della “bora”

Il record ufficiale della massima raffica di bora è stato registrato nel lontano 1954 dall’Istituto Talassografico, con 171 km/h misurati poco prima che la violenza del vento spaccasse l’anemometro. Ma negli ultimi anni le nuove stazioni installate lungo l’area portuale, in uno dei punti più aperti alle potenti raffiche “catabatiche”, hanno fatto misurare dei valori superiori ai record ufficiali del passato.

La tempesta dell’11 febbraio 2012

Durante la nottata fra venerdì 10 e sabato 11 Febbraio 2012, quando Trieste fu spazzata da violente raffiche di bora, mentre presso l’anemometro dell’ISMAR sul molo F.lli Bandiera si è archiviata una raffica di picco di ben 50.8 m/s, ossia quasi 182.88 km/h, l’adiacente stazione dell’OSMER, a pochi metri di distanza, ha registrato una raffica di picco di soli 168 km/h.

Uno dei record di massima raffica è stato registrato il 10 Marzo del 2010, in condizioni barica ideali per la formazione delle più tremende bufere di bora, quando una delle stazioni dell’Istituto Nautico archivio una raffica di picco di ben 188 km/h, mentre in città si superarono i 152 km/h. In alcune vallate della Slovenia e sulle coste della Dalmazia gli anemometri di alcune stazioni meteorologiche private hanno misurato valori superiori ai 200-220 km/h negli episodi più violenti.