Perché malgrado La Niña abbiamo un pattern più tipico di El Niño che sta ammazzando l'inverno?

Questo tipo di assetto della circolazione atmosferica, purtroppo, continuerà ad inibire l’affondo di importanti ondate di freddo verso l'Europa e l'Italia, da qui fino al periodo di Natale.
Come ogni anno ci affidiamo alle ultime proiezioni del famoso centro di calcolo europeo, ECMWF, punto di riferimento di Meteored. Secondo l’ultima proiezione del centro di calcolo europeo la parte iniziale dell’inverno, soprattutto il mese di dicembre, doveva essere caratterizzata da una maggiore dinamicità atmosferica.
Ma in realtà la prima settimana di dicembre è stata contraddistinta da un clima piuttosto mite, a causa di un rafforzamento del flusso zonale sul Nord Atlantico, a seguito dell’affondo del lobo canadese del vortice polare sull’America settentrionale, che ha impresso una notevole accelerazione al ramo principale del getto polare sull’Atlantico settentrionale.
Questo tipo di assetto della circolazione atmosferica, purtroppo, continuerà ad inibire l’affondo di importanti ondate di freddo verso le latitudini mediterranee, anche se dopo metà mese si intravedono importanti novità.
Il comportamento del vortice polare
In queste ultime settimane si è parlato, forse un po’ troppo, del vortice polare, in particolare del vortice polare stratosferico, e di possibili ricadute sulla circolazione emisferica. In realtà il vortice polare di solito ha due schemi ben definiti che dipendono dai suoi venti in quota e dalla temperatura.

Il primo, chiamato vortice polare forte, si trova in alta quota, fino a 30 km nella stratosfera media durante l'inverno. Ha una forma perfettamente circolare, la temperatura scende rapidamente verso il suo nucleo interno e i suoi venti più forti si trovano sul bordo più esterno.
Quando il vortice polare è debole esso generalmente si colloca fra i 5 e i 6 km di altezza, interagendo con l’orografia. In questi casi l’aria fredda è libera di scendere verso le basse latitudini, causando importanti eventi di freddo in Europa e negli States.
A proposito di vortice polare, alcuni chiarimenti
Occorre però ricordare che il vortice polare è influenzato principalmente da forzanti di scala planetaria, come le onde di Rossby, la madden–julian oscillation, e altre teleconnessioni tropicali, che mediante complessi processi fisici trasportano aria calda verso i Poli, propagandola dal basso verso l’alto fino all’alta troposfera artica.

Ma solo in rarissimi casi questo calore riesce a raggiungere i piani più alti della stratosfera, riuscendo a mandare fuori asse o addirittura spappolare il vortice polare stratosferico, influenza anche il vortice polare troposferico, con un effetto a cascata sulla circolazione atmosferica.
Eventi così se ne vedono 6-7 ogni 10 anni, non 6-7 ogni inverno. Quindi, per capire come si potrà evolvere la futura stagione invernale, occorre analizzare i vari driver atmosferici in troposfera, senza scomodare i piani più alti della stratosfera.
La mancata risposta atmosferica di La Niña
Al momento La Niña ha avuto un ruolo poco determinante, poiché è mancata la risposta in atmosfera del fenomeno. Difatti, la circolazione che stiamo osservando in queste settimane, fra il Pacifico, il Nord America e l’Atlantico, ricorda molto più un pattern di El Niño che di La Niña, con un flusso zonale intenso, e la mancanza di grandi ondulazioni, ad eccezione dell’onda anticiclonica presente nei pressi del Golfo d’Alaska.
La risposta della Niña finora è stata molto debole poiché sovrastata da altri driver, fra cui la madden–julian oscillation, in posizione 7, e soprattutto un forte momento angolare atmosferico, che ha sensibilmente accelerato il ramo della corrente a getto polare in uscita dall’entroterra della Cina, con jet streak fino a oltre 300 km/h a 10 km di altezza.

Questi fattori, finora, hanno impedito alla Niña di affermarsi con maggiore coerenza sulla circolazione atmosferica, aprendo ad un pattern più tipico di Niño. Almeno finora. Ma nei prossimi giorni qualcosa inizierà a cambiare.
Importante cambiamento dopo metà mese
Già dai prossimi giorni il flusso zonale andrà, seppur molto gradualmente, ad allentarsi, aprendo la strada a un flusso perturbato molto più ondulato, ma anche un po’ più basso di latitudine.
Il momento angolare atmosferico andrà a indebolirsi, tornando più su valori negativi. Ciò darà meno slancio al getto polare che comincerà ad allungarsi, amplificando le onde di Rossby che dal Nord America si muovono verso l’Europa.

Ciò aprirà ad un periodo molto più dinamico, con passaggi di perturbazioni, ma senza importanti segnali per vedere la discesa di ondate di freddo fino all’Italia, almeno fin sotto il periodo di Natale.
Cosa ci riserverà l’inverno 2025/2026?
Non è facile rispondere a questa domanda, ma fra fine anno e l’inizio del 2026 il venir meno di questi driver atmosferici, appena citati, potrebbe fare in modo di far emergere maggiormente il segnale della Niña, anche se sarà molto debole, almeno sull’Atlantico.
In questo caso la madden–julian oscillation potrebbe avere un ruolo di rilievo, fra gennaio e febbraio 2026, favorendo lo sviluppo di grosso forcing troposferici capaci di costruire blocchi anticiclonici, distesi lungo i meridiani, in grado di bloccare il mite flusso atlantico, e al contempo riversare masse d’aria fredda fino alle latitudini temperate dell’Europa e del Nord America.
Senza queste figure, capaci di far rallentare il flusso zonale, sarà sempre più difficile per le masse d’aria fredde, presenti nell’Artico, di abbassarsi di latitudine, raggiungendo il cuore dell’Europa o l’area Mediterranea.