Nell'Artico +50% di alghe per effetto del riscaldamento globale

Gli autori dell’articolo scientifico “Sea-ice algal phenology in a warmer Arctic. Science Advances”, pubblicato su Nature, hanno rilevato che la crescita delle temperature mondiali provocherà lo scioglimento dei ghiacciai e un parallelo aumento delle alghe

Gli effetti dello scioglimento del ghiaccio marino nell’Artico per effetto del riscaldamento globale non sono del tutto conosciuti. Di certo si sa solo che uno dei più grandi serbatoi per l’accumulo di anidride carbonica in atmosfera sta sparendo. Il mar Glaciale Artico, infatti, è responsabile dell’assorbimento del 14 per cento di carbonio dell’oceano globale.

“La riduzione del ghiaccio marino nell’Artico è una delle manifestazioni più evidenti del cambiamento climatico in atto e sta avvenendo prima di aver avuto la possibilità di capirne a fondo le relative conseguenze ecologiche”, spiega in una nota stampa Enrico Scoccimarro, senior researcher della fondazione Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), divisione Climate simulation and prediction (Csp) di Bologna.

Scoccimarro insieme a Letizia Tedesco, senior researcher presso il Marine research centre of the Finnish environment institute di Helsinki, e a Marcello Vichi, professore associato del dipartimento di Oceanografia dell’Università di Città del Capo, è autore dello studio Sea-ice algal phenology in a warmer Arctic. Science Advances pubblicato recentemente sulla rivista scientifica Nature.

Gli effetti sulle alghe nel mar Glaciale Artico

Lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico, spiegano gli autori nell’articolo, sta influenzando in primo luogo la presenza delle alghe nella zona che si trova in prossimità del ghiaccio marino, la cosiddetta zona simpagica. Questa specie di alghe vive nei canali e nelle cavità del ghiaccio marino stagionale e pluriannuale ed è in grado di adattarsi a questo ambiente estremo. Sono molto importanti per l’ecosistema del Polo Nord perché producono ossigeno a partire dall’anidride carbonica.

E sono alla base della catena alimentare del mar Glaciale Artico. Infatti, le alghe sono i primi organismi che crescono e si sviluppano all’arrivo della primavera artica, anticipando anche la crescita del fitoplancton quando non c’è abbastanza luce. La variazione nella crescita algale può influenzare anche i livelli trofici più alti, dall’abbondanza degli stock ittici alla disponibilità di cibo per balene, e minacciare la sopravvivenza di alcuni predatori endemici e dipendenti dal ghiaccio marino al vertice della catena alimentare.

La scoperta dei ricercatori

I ricercatori ne hanno analizzato le fasi di vita adoperando un modello biogeochimico sviluppato in collaborazione con il Finnish Environment Institute e l’Università di Città del Capo. Il modello combina una serie di scenari climatici partendo da quello che non prevede azioni di mitigazione. Grazie a questo raffronto gli scienziati hanno rilevato un trend di variazioni lineari lungo la latitudine per quanto riguarda i fenomeni fisici, tra cui: l’assottigliamento e la riduzione di neve e ghiaccio o l’accorciamento della stagione del ghiaccio.

In particolare, per quanto riguarda il ghiaccio marino stagionale è stata rilevata una “preoccupante” riduzione al di sotto dei 70°N e uno “straordinario” aumento al di sopra dei 70°N a spese del ghiaccio pluriannuale. Di contro, gli scienziati hanno rilevato una risposta “non lineare” nei comportamenti delle alghe che vivono sul ghiaccio marino: “Il fattore dominante, responsabile di tali variazioni, cambia in base alla latitudine stessa”, evidenzia Sciamarro in nota.

Un grande aumento della produzione di alghe

In particolare, spiega Scoccimarro, “alle basse latitudini (al di sotto dei 66°N) domina la riduzione dello spessore di neve nel fornire più luce e favorire la crescita delle alghe; alle medie latitudini (66°N – 74°N) la variazione in termini di produzione primaria è negativa ma non pronunciata, perché viene anticipato sia il periodo di crescita che il periodo di scioglimento del ghiaccio; alle alte latitudini (oltre i 74°N) domina lo spostamento della crescita algale dall’autunno verso l’estate, un periodo più favorevole in termini di luce disponibile”.

Il risultato? Un generale un aumento della produzione primaria delle alghe che si sviluppano sul ghiaccio marino di circa il 50% alla fine del secolo rispetto al recente passato.