L’eccesso di calore potrebbe bloccare l’assorbimento di anidride carbonica da parte delle piante

Recenti studi mostrano come in presenza di eccessivo calore, come avviene durante le "ondate di calore", le piante interrompano l'assorbimento di anidride carbonica. Questa scoperta suggerisce che il contributo della vegetazione alla rimozione di questo gas serra potrebbe diventare in futuro meno efficace.

Rain forest
In questa foto viene rappresentata la tipica flora della foresta pluviale tropicale.

L’eccesso di emissione di anidride carbonica (da parte delle attività umane) sta causando un effetto serra particolarmente accentuato ed un conseguente riscaldamento globale della troposfera.

L'effetto serra

La molecola di anidride carbonica presente in atmosfera ha una particolare proprietà: è trasparente alla radiazione che viene dal Sole, cioè la lascia passare senza interagire con essa; è invece opaca alla radiazione infrarossa emessa dal suolo dopo che questo si è riscaldato, cioè la assorbe e poi la riemette in tutte le direzioni e, quindi, una frazione di questa nuovamente verso il suolo.

E’ chiamato per questo motivo gas serra poiché, come avviene dentro una serra agricola, mantiene al suo interno (nel nostro caso all’interno dell’atmosfera) il calore emesso dal terreno, una volta riscaldato dai raggi del Sole.

Esistono due meccanismi principali con cui la Natura rimuove anidride carbonica dall’atmosfera, la fotosintesi clorofilliana operata dalle piante, e l’assorbimento da parte degli oceani. Tuttavia, la loro capacità di rimozione nel corso degli anni è diminuita, nel caso delle piante per la sistematica deforestazione sia per scopi agricoli che per urbanizzazione, nel caso degli oceani per l’aumento della loro temperatura media.

Uno studio relativamente recente, sembra concludere che si stia andando incontro ad una ulteriore diminuzione della capacità delle piante di assorbire anidride carbonica, e proprio per colpa del riscaldamento globale.

In condizioni di calore eccessivo il contributo delle piante alla rimozione di anidride carbonica potrebbe venir meno, aprendo scenari imprevisti.

In che modo le piante rimuovono anidride carbonica

Il meccanismo di rimozione dell’anidride carbonica presente in atmosfera da parte delle piante è la fotosintesi clorofilliana.

Durante il processo di fotosintesi clorofilliana, le piante assorbono 6 molecole di anidride carbonica (CO2) e 6 molecole di acqua (H2O) e, grazie all’energia fornita dalla radiazione solare e catturata dalla clorofilla, producono 1 molecola di glucosio (C6H12O6) e 6 molecole di ossigeno (O2).

ogni 6 molecole di anidride carbonica presenti in atmosfera la pianta produce 6 molecole di ossigeno.

E' attraverso gli stomi, microscopici fori nella pagina inferiore delle foglie, che viene catturata l'anidride carbonica ed emesso in atmosfera l’ossigeno prodotto.

Invece, l’acqua presente nel terreno viene assorbita dalle radici e trasportata fino alle foglie dai vasi capillari della pianta sotto forma di linfa grezza.

Fotosintesi clorofilliana
Schematizzazione del processo di fotosintesi.

Il glucosio, cioè lo zucchero prodotto durante la fotosintesi, è una sostanza molto energetica che serve proprio a fornire alla pianta l’energia necessaria per il suo metabolismo, cioè quel processo con cui il glucosio viene scomposto per produrre l’energia necessaria a sintetizzare altre molecole necessarie per la vita della pianta.

Anche le piante consumano ossigeno

Le cellule delle piante per respirare consumano anch’esse ossigeno; infatti, il processo di respirazione comporta un consumo di ossigeno ed una produzione di anidride carbonica.

Tuttavia, la quantità di ossigeno prodotto durante la fotosintesi (e quindi di giorno in presenza di luce) è circa 8-10 volte maggiore di quello consumato per la respirazione durante tutta la giornata.

Le piante emettono anidride carbonica durante le 24 ore, sia di giorno che di notte, invece producono ossigeno solo di giorno.

Pertanto, il bilancio finale è quello di una produzione di ossigeno ed una sottrazione di anidride carbonica.

Riscaldamento e ondate di calore

Una delle conseguenze del riscaldamento globale è l’aumento dell’intensità, della frequenza e della durata dei fenomeni estremi, tra cui appunto le ondate di calore.

Queste sono un problema non solo per gli uomini ma anche per le piante. Tanto gli uomini quanto le piante si difendono dall’eccessivo calore con lo stesso meccanismo: la sudorazione o traspirazione nelle piante.

Quando all’acqua allo stato liquido viene fornita sufficiente energia, questa permette alla molecola di acqua di rompere il legame che la tiene legata alle altre molecole di acqua facendola evaporare. Nel corpo umano il processo di sudorazione è il processo con cui viene prodotto sudore (acqua + sali minerali) sulla pelle e grazie al calore del corpo, questo riesce ad evaporare.

La difesa nella traspirazione

Questo processo prima di sudorazione e poi di evaporazione sottrae calore al corpo (il calore necessario al sudore per evaporare viene sottratto al corpo) che in questo modo si raffredda o comunque mantiene costante la sua temperatura.

Il principio dei farmaci antipiretici è quello di stimolare una forte sudorazione la cui successiva evaporazione sottrae calore al corpo, abbassandone la temperatura.

Lo stesso fenomeno della sudorazione avviene nelle piante. Quando l’intensità del calore diventa eccessiva, si pensi a una pianta esposta ai raggi solari e la cui temperatura può superare abbondantemente i 40 0C, allora la foglia inizia a bagnarsi (l’acqua contenuta al suo interno fuoriesce dagli stomi) in modo che l’evaporazione ne abbassi la temperatura (o comunque ne eviti un aumento).

Traspirazione
Goccioline di acqua sulla pagina inferiore di una foglia, fuoriuscite dagli stomi, in seguito al processo di traspirazione.

Tuttavia, quando la temperatura diventa eccessiva, per garantirsi la sopravvivenza, la pianta utilizza l’acqua in suo possesso esclusivamente per l’evaporazione e non più per la fotosintesi.

Durante le ondate di calore, la fotosintesi si ferma per l’eccessivo calore, quindi anche l’assorbimento di CO2, e tutta l’acqua viene utilizzata per il raffreddamento delle foglie.


Nel momento in cui il suolo inizia a diventare asciutto, per cui le piante non possono attingervi l'acqua, allora le cellule delle foglie vengono danneggiate dall’elevata temperatura con conseguente possibile morte della pianta.

Questa scoperta sull’effetto dell’eccessivo calore sullo svolgimento della fotosintesi è stata fatta da un gruppo di ricercatori in Australia, presso lo Hawkesbury Institute for the Environment dell'University of Western Sydney e poi pubblicata sulla rivista “Global Change Biology” nel 2018 e nel 2021.

Il team di ricercatori sta continuando ad approfondire questo studio. Se dovesse essere confermato, questo risultato aprirebbe prospettive poco rassicuranti.

Le piante sono ad oggi il cosiddetto polmone verde del pianeta e tanto ci si affida alla loro capacità di rimozione di CO2 dall’atmosfera. Tuttavia, il crescente riscaldamento globale e la sempre maggiore frequenza con cui si registrano ondate di calore, potrebbe rendere questa risorsa frequentemente inefficace.