L'importanza dei "jet streaks" nella previsione di profondi cicloni e temporali violenti

Le zone dove il flusso principale della corrente a getto subisce una brusca accelerazione, raggiungendo velocità fino a oltre 300 km/h, vengono definite con il termine di "Jet streak" e hanno un importanza cruciale nella previsione di fenomeni estremi.

Corrente a getto
Le zone dove il flusso principale della “corrente a getto” subisce una brusca accelerazione vengono definite con il termine "jet streak"

La corrente a getto in inverno, rappresentata dal “getto polare”, è situata ad una quota leggermente più bassa che in estate. Questo perché lo spessore della troposfera alle nostre latitudini è più bassa, visto che nel semestre freddo i geopotenziali sono generalmente più bassi per la presenza di masse d’aria più fredde.

Per questa ragione nell’analizzare la corrente a getto prendiamo in considerazione in inverno la superficie di 300 hPa ed in estate la superficie di 200 hPa. Le carte di analisi dell’alta troposfera descrivono i vettori vento (in inglese streamlines) oppure l’altezza del geopotenziale che ovviamente coincide con la direzione del vento geostrofico.

Inoltre viene riportata la velocità del vento evidenziando i punti ove il flusso è più veloce. La velocità delle correnti è cruciale in questo tipo di analisi che ha come obiettivo primario quello di individuare le zone di accelerazione della corrente a getto note come jet streak.

Cosa sono i “Jet Streak”?

Le zone dove il flusso principale della “corrente a getto” subisce una brusca accelerazione, raggiungendo tavolta valori ragguardevoli, fino a oltre 350/400 km/h, viene indicata nelle carte di meteorologia aeronautica come “jet streak”.

Jet streak
L’individuazione in chiave previsionale delle aree di divergenza della “corrente a getto” possono aiutarci a prevedere lo sviluppo di forti temporali e di una depressione, sottovento al passaggio di una saccatura.

Nelle vicinanze del Jet streak possiamo individuare le zone caratterizzate da moti ciclonici ascensionali. Proprio dentro violentissimi flussi d’aria si sviluppano quei vortici turbolenti, molto bene conosciuti dai piloti di linea che indicano la cosiddetta turbolenza in aria chiara (CAT), pericolosa per la condotta del volo.

Perché a ridosso dei “Jet Streaks” si formano i cicloni extratropicali?

In modo simile ad un’auto che accelera uscendo da una curva così anche la corrente a getto rinforza nell’entrare in un tratto rettilineo anche breve. Nel punto in cui la corrente a getto accelera consegue una rarefazione del volume d’aria che si ammassa in avanti, in direzione del moto della corrente medesima. In questa zona, definita divergente, l’aria tende a fuoriuscire verso l’esterno, favorendo un alleggerimento della colonna sottostante.

In accordo al principio di conservazione di massa tale svuotamento viene compensato dal richiamo di aria che risale convergendo nei bassi strati.

Ecco quindi che al suolo la pressione inizia a calare. Nella bassa troposfera il moto rotatorio ciclonico tende a distorcere le isoterme. La deformazione del campo termico provoca un contrasto tra masse d’aria fisicamente differenti, per temperature, umidità. Nella depressione iniziamo ad individuare un fronte caldo ed un fronte freddo.

Le aree di divergenza presenti ai lati di un “Jet streak”, fonte di temporali violenti

Quando l’aria è umida ed instabile nei bassi strati, specialmente in estate, inizio dell’autunno o tarda primavera, il passaggio in quota di un “jet streak” può instabilizzare la massa d’aria, creando intensi moti convettivi, e quindi situazioni favorevoli allo sviluppo dei cumulonembi e dei temporali.

Se una massa d’aria viene risucchiata dall’alto è ulteriormente facilitata la formazione di imponenti “celle temporalesche”. Quindi in un’area di divergenza del “getto” corrisponde al suolo una zona di convergenza. La compensazione all’alleggerimento della colonna d’aria avviene dal basso, essendo la sovrastante stratosfera molto più stabile.

Le zone di divergenza si trovano all’interno dei quadranti anteriore sinistro e posteriore destro del ramo principale del “getto”. Nei rimanenti due quadranti avremo invece un riempimento d’aria (convergenza in quota) con moti discendenti, e quindi cieli sereni o con poche nubi. La divergenza è una grandezza espressa come massa d’aria (dell’ordine della milionesima frazione di 1 kg) che fuoriesce orizzontalmente nel tempo di un secondo.

L’individuazione in chiave previsionale delle aree di divergenza della “corrente a getto” possono aiutarci a prevedere lo sviluppo di forti temporali e di una depressione, sottovento al passaggio di una saccatura.

Nella stragrande maggioranza dei casi le aree di divergenza si possono individuare sul braccio ascendente di una saccatura, lì dove circola aria calda e umida che generalmente sale dalle latitudini subtropicali, costituendo il carburante ideale per lo sviluppo di temporali, anche violenti.

I “Jet streaks” all’interno di una saccatura

Quando il “Jet streak” si posiziona davanti l’asse di saccatura, lungo il suo bordo più orientale, l’ondulazione ciclonica tenderà a indebolirsi, spostandosi verso nord-est o più verso nord. Quando il “jet streak” si posiziona ad ovest della saccatura la stessa tenderà a gonfiarsi e ad approfondirsi, evolvendo verso latitudini più basse, verso sud-est o sud.

Se il “jet streak” si trova sul gomito in corrispondenza dell’asse di saccatura avremo il massimo approfondimento della medesima. In questo caso avremo divergenza in quota e moti ascensionali poco a nord del “getto”. Spesso poco prima del passaggio dell’asse di saccatura le isopise tendono leggermente ad aprirsi a ventaglio, o meglio l’aria tende a diffluire verso l’esterno.

Jet Streak
Schema che rappresenta le aree di massima divergenza in quota in merito al posizionamento del “jet streak”. Credit immagine Eumetrain.

In questo caso nel punto centrale del flusso la massa tende a rarefarsi. Anche in questo caso è presente una divergenza del “getto” a cui corrisponde al suolo una potenziale frontogenesi. E’ quanto accade quando il “getto” esce dal gomito della saccatura prima iniziare l’accelerazione durante la risalita verso nord-est. La diffluenza delle isoipse aggiunge di fatto un modesto contributo di divergenza alla corrente a getto. Proprio per questo la presenza del “Jet Streak” è il fattore maggiormente coinvolto nella genesi di importanti moti ascensionali.