Alla scoperta delle correnti a getto, i nastri regolatori del clima terrestre

Scorrendo a grandissima velocità nell’alta troposfera e nella parte bassa della stratosfera, dove l’influenza orografica è pressoché nulla, tali flussi d’aria assumono un andamento pienamente lineare per diverse migliaia di chilometri, percorrendo indisturbate l’intero emisfero, in genere con un andamento da ovest ad est.

Secondo diversi studi le correnti a getto si sviluppano a seguito della formazione di grossi gradienti termici orizzontali che a loro volta, determinano importanti squilibri barici e di geopotenziali fra masse d’aria notevolmente differenti fra loro.

La “corrente a getto” è un intenso flusso d’aria, di sezione piuttosto ristretta, che spira con notevole intensità nell’alta troposfera, lungo il limite meridionale con la bassa stratosfera. Essa produce degli effetti determinanti nel complesso meccanismo climatico del nostro pianeta. Il suo andamento predispone la formazione delle varie figure bariche che influenzano l’andamento meteo/climatico nell’intero emisfero. Fu scoperta per la prima volta solo agli inizi del novecento dai meteorologi inglesi.

Ma i primi a studiarla e catalogarla furono i meteorologi giapponesi, con i primi studi di Wasaburo Ooishi, che fu il primo a notare la presenza di fortissimi venti in alta quota che spingevano verso l’oceano Pacifico i primi palloni meteorologici che periodicamente venivano sganciati dalla stazione del monte Fuji. Nel periodo compreso fra il 1922 e il 1925, Wasaburo Ooishi, osservando lo spostamento dei palloni aerostatici sganciati sul monte Fuji, elaborò una serie di studi dettagliati sull’andamento e la velocità dei venti in quota che scorrevano sopra l’isola di Honshù, la principale dell’arcipelago giapponese.

Caratteristica della corrente a getto

La caratteristica principale della corrente a getto è che, oltre ad essere molto violente, la sua forza si concentra lungo un asse quasi orizzontale situato al confine fra l’alta troposfera e la parte più bassa della stratosfera.

All’interno di questo asse orizzontale, su cui agisce la corrente a getto, si sviluppano forti gradienti termici, sia verticali e laterali. All’interno di questi gradienti la corrente a getto raggiunge la sua massima intensità, raggiungendo il cosiddetto “Jet Streak“. Dentro un “Jet Streak” il vento può raggiungere e superare pure la soglia dei 400 km/h. Di solito la lunghezza della corrente a getto è di diverse migliaia di chilometri, mentre la sua larghezza si aggira intorno a qualche centinaio di chilometri o anche meno.

Per questo l’individuazione della “Jet Stream” viene agevolata dalla presenza di flussi d’aria che presentano delle tipiche forme a meandro, ben esaltate anche dalle moviole satellitari. Questi flussi sono organizzati in “getti” uniti fra loro che non sono distribuiti a larga scala nell’intero emisfero Le correnti a getto principali sono quella polare (getto polare), che agisce solitamente tra i 30° N e i 70° N, e quella sub-tropicale (getto sub-tropicale), che troviamo in azione attorno i 20° N e i 50° N (le stesse coordinate valgono anche per l’emisfero australe).

Tra l’autunno e la primavera boreale capita spesso che il ramo principale della corrente a getto sub-tropicale che scorre sopra l’Atlantico, dopo aver attraversato l’Africa settentrionale e la penisola Arabica, continui il suo cammino lungo l’Asia meridionale, dall’Iran fino al Pakistan, investendo in pieno pure le massime vette della catena montuosa dell’Himalaya (gli over 7000 e 8000 metri), tra cui anche l’Everest, il famoso tetto del mondo con i suoi 8848 metri.

Ma come nasce la corrente a getto?

Secondo diversi studi le correnti a getto si sviluppano a seguito della formazione di grossi “gradienti termici orizzontali” che, a loro volta, determinano importanti squilibri barici e di geopotenziali fra masse d’aria notevolmente differenti fra loro. In queste condizioni, se una delle masse d’aria giace poco a nord dell’altra, il vento non fluirà direttamente dall’area fredda a quella calda, ma verrà deflesso dalla nota forza di Coriolis (bilancio geostrofico) e fluirà con grande intensità lungo la linea di demarcazione tra le differenti masse d’aria, lì dove si localizzano i “gradienti termici e barici“ più intensi.

Scorrendo a grandissima velocità nell’alta troposfera e nella parte bassa della stratosfera, dove l’influenza orografica è pressoché nulla, tali flussi d’aria assumono un andamento pienamente lineare per diverse migliaia di chilometri, percorrendo indisturbate l’intero emisfero, in genere con un andamento da ovest ad est.

Perché è cosi importante la sua individuazione?

Il flusso principale delle correnti a getto generalmente è presente fra i 9500 e i 10000 metri di altezza, lungo il confine naturale fra troposfera e stratosfera. Proprio a queste altitudini, così elevate, si posiziona il ramo principale della corrente a getto, in particolare il “getto polare”. Pertanto le zone dove si concentrano i massimi “gradienti termici” e i “gradienti di geopotenziali” indicano il posizionamento del “getto”.

Il “getto sub-tropicale” che influenza il tempo sul Mediterraneo e sull’Italia, specie durante la primavera e il periodo estivo, si posiziona ad una quota superiore rispetto al “getto polare” ed è individuabile dalle mappe a 250 hPa. Oltre al “getto polare” è importante conoscere le zone di massima velocità della “Jet Stream” che vengono chiamate con il termine di “Jet Streak”.

Meteo estremo e “Jet Streak”

I “Jet Streaks” sono fondamentali nella meteorologia sinottica dato che ad essi sono associate le zone di massima avvezione di vorticità positiva (prevalentemente da “shear”) che determinano le divergenze in quota e quindi l’intensificazione dei sistemi frontali o l’approfondimento dei minimi barici nei medi e bassi strati.

L’importanza dell’analisi del “getto” sta nel fatto di poter determinare le sue eventuali interazioni con i medi e bassi strati dell’atmosfera. E’ importante, per non dire fondamentale, individuare i “Jet Streak” perché nel settore sinistro della regione di uscita e nel settore destro della regione d’entrata del “getto” si generano i moti convettivi (correnti ascensionali) che favoriscono lo sviluppo di fronti nuvolosi e linee d’instabilità.

Al contempo, nel settore destro della regione di uscita e nel settore sinistro della regione d’ingresso si formano i moti discendenti, che inibiscono la nuvolosità portando condizioni di maggiore stabilità. Questi moti verticali delle masse d’aria che si sviluppano lungo le aree di divergenza del “getto” possono destabilizzare l’atmosfera fin dai bassi strati, determinando delle ciclogenesi o eventi temporaleschi a mesoscala, anche estremi.