I “ragni giganti” dell'Adriatico: la geniale ingegneria dei trabucchi che resiste alla forza del mare

Affascinanti e misteriosi, talvolta dall’aspetto fragile, i trabucchi sono in realtà piccoli capolavori di ingegneria, perfettamente in grado di resistere alle maree. Ecco come

Trabucchi
Il trabucco di Punta Aderci, lungo la costa Abruzzese in provincia di Vasto

Simili a delle palafitte, con i loro sottili bracci di legno protesi verso il mare, i trabucchi sembrano quasi delle creature viventi, sia pure decisamente esotiche.

Anche il poeta D’annunzio vide in esse dei “ragni”, ma in ogni caso le antiche macchine da pesca che si trovano lungo la costa adriatica sono decisamente autoctone e così caratteristiche da aver dato il loro nome, uno dei tanti, ad un lungo tratto di costa.

I trabucchi sono noti infatti anche come trabocchi, bilance, travocchi e così via, a seconda delle zone in cui si trovano. Il litorale detto “costa dei trabocchi” è comunque quello abruzzese, che va da Ortona alla foce del fiume Trigno.

Queste ardite strutture di legno, però, si trovano anche altrove, più a sud lungo la costa del Molise, fino ad arrivare al Gargano, mentre in Veneto si possono trovare strutture diverse ma con varie similitudini.

Le macchine da pesca, non inventate dai pescatori

Le antiche macchine da pesca non sono nate dalla progettazione degli ingegneri e nemmeno da quella dei pescatori.

Realizzati spesso in legno proveniente dai boschi dell'entroterra, ma anche con materiali di recupero provenienti ad esempio dalle ferrovie dismesse, i trabucchi nascevano come una sorta di “avamposto” in mare, per consentire la pesca anche a chi non era esperto di barche, quindi ai contadini.

Gente troppo povera per possedere delle barche, abituata a sopravvivere in un territorio splendido ma spesso aspro, i coltivatori abruzzesi trovarono così il modo di praticare sia l’agricoltura che la pesca.

Questi erano i traboccanti, in origine e in buona parte ebrei del nord Europa che nemmeno sapevano nuotare, ma in compenso erano abilissimi costruttori.

I trabocchi, in effetti, nonostante avessero un aspetto precario, erano e sono tutt’ora piuttosto resistenti, tanto che in Abruzzo ce ne sono di molto antichi arrivati fino ai giorni nostri, di certo restaurati ma ancora perfettamente in grado di sopravvivere alla furia del mare.

L’ingegneria dei trabucchi

A tenere in piedi queste peculiari macchine per la pesca c’è un’ingegneria non certo imparata all’università, ma piuttosto derivata dall’esperienza e non per questo meno sofisticata. Al contrario.

Di norma esse venivano realizzate con il legname diffuso lungo la costa, oltre al legno di acacia era molto usato il pino di Aleppo, leggero, flessibile quanto basta e robusto.

trabocchi
Un trabucco tra le onde del mare agitato

Con questo materiale si realizzavano pali ben fissati alle rocce, sia in superficie che sott'acqua, su cui montare una pedana e i bracci, detti anche antenne, da cui si lanciavano poi le reti.

Il bilanciamento di pesi e contrappesi praticamente perfetto permetteva il sostegno di carichi anche importanti, e consentiva di manovrare il tutto, incluse le pesanti reti cariche di pesce, con poche persone.


Opere così geniali non erano naturalmente messe in luoghi a caso. I siti dove costruire i trabucchi erano quelli dove il fondale marino era ripido e roccioso per permettere l’ancoraggio dei pali, in corrispondenza anche delle correnti dell’Adriatico in modo da intercettare più facilmente i banchi di pesce.

Come fanno i trabucchi a resistere alla furia del mare?

Il segreto dei trabucchi è in realtà molto semplice e sta tutto nella mancanza di rigidità. Come i moli galleggianti, le antiche macchine da pesca sono state costruite per assecondare il movimento del mare piuttosto che per opporvisi.

Le piattaforme sono rialzate abbastanza da non esse colpite direttamente dalle onde, mente i pali sono flessibili, le antenne libere di oscillare e nemmeno le corde sono completamente fisse, quindi la macchina assorbe l’energia invece di essere distrutta da essa.

La leggerezza del legno fa sì che la struttura, che per altro non può arrugginire, non opponga resistenza alle onde ed i pali, incastrati tra le rocce, sono legati tra loro e appositamente inclinati per resistere alla spinta orizzontale delle onde.

Anche le funi hanno il loro compito, come accade ad esempio nei ponti tibetani e lavorano con il legno per ridurre le vibrazioni.