Luglio 1987, l'anniversario dell'alluvione in Valtellina

Fra il 18 ed il 28 luglio del 1987 la Valtellina venne colpita da frane e inondazioni che provocarono 53 morti, migliaia di sfollati e la distruzione di interi centri abitati, strade e ponti.

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Nel luglio del 1987 una serie di frane ed esondazioni causò decine di vittime in Valtellina

Il disastro iniziò il 18 luglio del 1987. Tre giorni prima, la formazione di una depressione atlantica nel sud dell’Islanda aveva creato le condizioni per i primi forti temporali sulle Alpi. Nei giorni successivi la depressione scese verso il centro Europa, e dal 17 luglio forti temporali iniziarono a martellare la provincia di Sondrio, in Lombardia. Il 18 luglio vennero registrate precipitazioni record, con centinaia di millimetri di pioggia caduti al suolo. L’aumento delle temperature, inoltre, spostò la linea di neve oltre i 4000 metri di quota, circa mille metri al di sopra del limite delle nevi medio stagionale del periodo. Ciò provocò un rapido scioglimento dei nevai ancora presenti in alta quota e un aumento ulteriore delle portate dei torrenti.

18 luglio 1987, le prime frane

Il disastro iniziò nel tardo pomeriggio del 18 luglio, quando vi furono le prime frane e i primi smottamenti. Presso il piccolo centro di Tartano, nella bassa Valtellina, l'albergo La Quiete, costruito ai piedi di un versante, venne spazzato via da una grande colata di fango e detriti. Il mud-flow, un flusso di fango e acqua ad alta velocità, distrusse l'albergo e trascinò le macerie più a valle contro l’albergo “Gran Baita”. Nel disastro morirono 19 persone.

Più a valle, nella Valtellina ma anche nell’alto bacino del Lago di Como, nell’alta Val Brembana, in Val Camonica, e nella valle dell’Adda, gran parte delle infrastrutture venne rasa al suolo. La distruzione in molti punti della statale SS 38 e della ferrovia rese molto difficili i soccorsi, che avvennero soprattutto in elicottero.

La grande frana del 28 luglio 1987 in Val Pola

La mattina del 28 luglio, in una Valtellina già in ginocchio per le alluvioni, si verificò la nuova catastrofe: una frana gigantesca, con un volume di oltre 30 milioni di metri cubi, si abbatté sulla Val Pola staccandosi dal monte Zandila. Il disastro avvenne a pochi chilometri da Bormio. Il paese di Sant’Antonio Morignone e le contrade di Morignone e Piazza vennero completamente distrutte. Questi centri abitati erano stati evacuati e non subirono vittime.

La frazione di Aquilone però, che non era stata evacuata perché ritenuta al sicuro, venne devastata dallo spostamento d’aria fortissimo: morirono 22 persone. Ci furono altre 7 vittime, operai che lavoravano al ripristino della statale, ingombra di detriti per gli smottamenti dei giorni precedenti.

L’enorme massa di detriti risalì il versante opposto formando una diga naturale che sbarrò il corso del fiume Adda. Si formò un lago naturale il cui livello cresceva di ora in ora, e che se esondato avrebbe potuto causare un nuovo effetto Vajont riversandosi verso la bassa Valtellina. Venne realizzata in poco tempo un’opera di drenaggio con tubi sotterranei e si evitò il peggio.

Il disastro della Valtellina è stata una delle peggiori catastrofi degli ultimi decenni, e ci deve ricordare l’importanza della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico, ancora molto alto in Italia.