Come procede la ricerca di pianeti extrasolari? E in Italia?

La ricerca di nuovi pianeti extrasolari continua senza sosta con progetti da Terra e missioni spaziali in corso o in dirittura di lancio, e con un significativo contributo da parte dell'Italia.

Exoplanet K2-18b
Rappresentazione artistica dell'esopianeta K2-18b (a destra) in orbita intorno alla nana rossa K2-18. Credit: ESA/Hubble, M. Kornmesser

5312! Questo il numero di pianeti extrasolari (altrimenti detti esopianeti) ad oggi confermati, secondo quanto riportato sul sito exoplanet.nasa.org costantemente aggiornato da parte dell'Exoplanet Exploration Program e del Jet Propulsion Laboratory. La ricerca procede ininterrottamente sia da terra sia dallo spazio con missioni in corso e nuove da lanciare.

Un breve(issimo) riepilogo

Tra le più importanti missioni spaziali finalizzate alla ricerca di esopianeti ricordiamo, in ordine cronologico, la missione CoRoT (acronimo di Convection, Rotation and planetary Transits). E' stata una missione spaziale finanziata dall���agenzia spaziale francese (CNES) che, in collaborazione con l’agenzia spaziale europea (ESA), ha messo in orbita un piccolo telescopio (soli 27 cm di diametro) operativo dal 2007 al 2012 e che ha scoperto 34 pianeti.

Dallo spazio

Ma il salto di qualità si è già avuto con la successiva missione Kepler/K2 della NASA, operativa dal 2009 al 2018, con la scoperta di circa 3252 esopianeti. Bisogna però dire che Kepler, a differenza di CoRoT, si avvaleva di un telescopio da 1.4 metri di diametro.

E’ poi seguita la missione TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite) iniziata nel 2018 e attualmente operativa. Con i suoi 4 telescopi da 10.4 cm di diametro ha già scoperto 323 pianeti. E' seguita nel 2019 la missione CHEOPS (CHaracterising ExOPlanet Satellite) che, a differenza delle altre, non cerca nuovi esopianeti ma osserva quelli già scoperti per studiarne le caratteristiche.

A breve seguirà la missione PLATO (Planetary Transits and Oscillations of Stars) dell’ESA il cui lancio è previsto per il 2026, e infine ARIEL (Atmospheric Remote-Sensing Infrared Exoplanet Large-survey) il cui lancio è previsto per il 2029 e sarà finalizzata a studiare le atmosfere di pianeti già scoperti, e che vede, così come PLATO e CHEOPS, un'importante partecipazione italiana.

Da terra

Numerosi sono anche i progetti di ricerca di esopianeti condotti con telescopi da Terra. Capolista è SuperWASP con quasi 200 esopianeti, HATNet con circa 70, HARPS-S con oltre 140, e poi Carmenes, HatNET, MEarth,...e altre decine di progetti.

Se 5312 sono i pianeti confermati, ce ne sono altri 9245 candidati in attesa di essere confermati.

Si, perché una volta scoperto un esopianeta, questo viene classificato come candidato, in quanto potrebbe trattarsi di altro, ad esempio un'altra stella o un fenomeno sulla superficie della stella (si chiamano falsi positivi). Quindi, è necessario ri-osservarlo con altre metodiche per confermare che si tratti effettivamente di un esopianeta.

Come si cercano gli esopianeti?

Esistono diversi metodi per la ricerca degli esopianeti ma due sono quelli più efficaci: il Metodo dei Transiti che ha permesso di scoprirne circa il 75%, e il Metodo delle Velocità Radiali con cui se ne è scoperto un altro 19%.

Il metodo dei transiti consiste nell'osservare la luminosità della stella in maniera continuativa (per decine di giorni come nel caso di TESS, o mesi come nel caso di Kepler, o anni come farà PLATO). Se si dovessero osservare delle piccole diminuzioni periodiche di luminosità (eclissi), queste indicherebbero il "transito" di un esopianeta davanti al disco della sua stella e quindi rivelerebbero l'esistenza dell'esopianeta.

Con il metodo delle velocità radiali invece si sfrutta il fatto che se una stella possiede un pianeta, stella e pianeta ruotano uno attorno all'altra (più precisamente attorno al comune centro di massa).

Quando un esopianeta ruota attorno alla propria stella, c'è un intervallo di tempo in cui la stella si avvicina alla Terra, per cui la sua luce diventa più blu (per effetto Doppler), ed un intervallo di tempo in cui la stella si allontana dalla Terra, per cui la sua luce diventa più rossa (di nuovo per effetto Doppler). Questo moto di avvicinamento/allontanamento viene chiamato radiale ed è un moto periodico.

Se osservando una stella si trova che la sua velocità radiale varia periodicamente vuol dire che la stella ha una "compagna". In base alle caratteristiche della variazione di velocità radiale si capirà se la "compagna" è un'altra stella o un pianeta.

Ma non meno emozionante è la scoperta di esopianeti con il metodo dell'imaging, cioè con l'osservazione diretta, con cui sono stati scoperti circa l'1% di esopianeti.

Nel video viene mostrato il sistema di ben 4 esopianeti (super-Gioviani) attorno alla stella HR8799. Il video è fatto con 7 immagini fatte nel corso di 7 anni con il telescopio Keck, che permettono non solo di vedere direttamente i 4 esopianeti, ma anche di tracciarne parte della loro orbita.

youtube video id=gcHXGZaS_6M
Il video è stato realizzato da Jason Wang, i dati sono stati ridotti da Christian Marois e le orbite sono state adattate da Quinn Konopacky. Bruce Macintosh, Travis Barman e Ben Zuckerman hanno assistito nelle osservazioni. Credit: J. Wang et al.

Per comprendere meglio il video bisogna dire che la tecnica dell'imaging prevede l'uso di un coronografo, cioè un componente dello strumento di misura che occulta l'immagine della stella centrale (che appunto non si vede nel video) per aumentare il contrasto dei pianeti circostanti che, essendo poco luminosi, altrimenti verrebbero nascosti dalla luminosità della stella.

Che tipo di esopianeti esistono

Ne esistono diversi tipi: i tre più frequentemente scoperti sono i Nettuniani e sub-Nettuniani (cioè pianeti con massa simile a quella di Nettuno), poi seguono i pianeti gassosi giganti simili a Giove, detti Gioviani o SuperGioviani, poi le SuperTerre, cioè pianeti fino a 10 volte la massa della Terra, e i pianeti terrestri con massa simile a quella della Terra.

SuperTerre e pianeti terrestri sono i più interessanti per la ricerca di forme di vita, ma anche i più difficili da scoprire

Essendo piccoli producono eclissi quasi impercettibili e curve di velocità radiali di piccolissima ampiezza per cui possono sfuggire ad entrambe i metodi di ricerca.

Il ruolo dell'Italia nella ricerca degli esopianeti

Sicuramente considerevole il contributo italiano alla ricerca di esopianeti, sia con la partecipazione a missioni spaziali come la missione PLATO dell'ESA, cui l'Italia contribuisce sia da un punto di vista scientifico (circa 125 ricercatori prevalentemente dell'Istituto Nazionale di Astrofisica INAF) che tecnologico (altre 50 unità circa), o come la missione CHEOPS (circa 30 ricercatori) o la missione ARIEL.

Rilevante è poi l'attività svolta dal team italiano GAPS (acronimo di Global Architecture of Planetary System). GAPS è un progetto italiano nato nel 2011 cui partecipano circa 100 ricercatori.

Il suo scopo è la ricerca, conferma e caratterizzazione degli esopianeti e lo studio delle diverse architetture dei sistemi eso-planetari in diversi ambienti circumstellari e per stelle di diversa massa e composizione chimica.

L’architettura del nostro Sistema Solare, con pianeti rocciosi vicini al Sole e pianeti gassosi più distanti, è solo una delle tante possibili architetture.

GAPS nella sua ricerca utilizza sia il metodo delle velocità radiali ottenute con lo spettrografo HARPS-N montato al Telescopio Nazionale Galileo alle Canarie, sia il metodo dei transiti.