Ghiacciai, fusione accelerata: fino a 600 metri di ritiro in un giorno, le conferme dal passato

Un rapidissimo ritiro dei ghiacciai è possibile: uno studio rivela l'arretramento dei ghiacci fino a 600 metri in un giorno sui fondali della Norvegia, nell'ultima fase di deglaciazione. Un evento simile può accadere anche oggi, nelle aree dove le calotte glaciali poggiano su fondali pianeggianti.

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Una rapida fusione dei ghiacciai e delle calotte glaciali polari avrebbe conseguenze molto pesanti sull'innalzamento del livello marino.

Una delle grandi preoccupazioni attuali legate al cambiamento climatico, è quella della fusione dei ghiacciai e delle calotte glaciali del pianeta. La loro fusione, a seguito del progressivo aumento delle temperature medie globali, sta infatti portando ad un innalzamento del livello dei mari che avrà conseguenze molto nelle aree costiere. Intere città potrebbero essere costrette all'evacuazione nei prossimi decenni se dovesse continuare l'attuale trend di fusione, portando quindi ad enormi migrazioni verso altre aree geografiche.

Un recente studio pubblicato su Nature, dal titolo "Rapid, buoyancy-driven ice-sheet retreat of hundreds of metres per day", accresce queste preoccupazioni. I ricercatori autori dello studio hanno infatti scoperto che in passato, in una fase di cambiamento climatico, i ghiacciai si sono ritirati ad un ritmo impressionante, fino a 600 metri in un giorno.

Questa scoperta aumenta le preoccupazioni soprattutto per la rapida fusione dei ghiacci antartici, tra i quali spicca l'enorme ghiacciaio Thwaites, spesso chiamato "ghiacciaio dell'apocalisse" perché la sua scomparsa avrebbe effetti importantissimi sull'innalzamento del livello del mare globale.

Fusione rapidissima dei ghiacciai, fino a 600 m in un giorno

I ricercatori hanno studiato il fondale marino al largo delle coste della Norvegia, sul quale fino alla fine dell'ultima era glaciale, circa 15.000-19.000 anni fa, si trovavano grandi lastre di ghiaccio, legate alla presenza sulla terraferma di enormi ghiacciai. Oggi il ghiaccio non c'è più, ma i segni della sua presenza sono ancora visibili grazie alla presenza di creste ondulate sul fondo roccioso dell'oceano. Sono i segni di quella presenza. I ghiacciai, del resto, lasciando tracce molto evidenti sulle rocce.

Per ricostruire la velocità di ritiro di quegli antichi ghiacciai, gli scienziati hanno analizzato la quantità di spazio tra queste creste ondulate - spiega "Le Scienze" -in un'area di 30.000 km² della piattaforma della Norvegia centrale. Dall'esame della spaziatura di 7.600 creste ondulate sul fondo marino, si è arrivati alla conclusione che, durante l’ultima fase di deglaciazione, impulsi di rapido ritiro della linea di terra si verificarono su strati di calotta glaciale a velocità comprese tra 55 e 610 m al giorno.

Questi valori superano di gran lunga - si legge nell’introduzione dello studio - tutti i tassi di ritiro della linea di terra precedentemente riportati nei dati satellitari e geologici-marini.

Ritiro molto rapido sulle aree a bassissima inclinazione

Un dato interessante è che il ritiro sarebbe avvenuto più rapidamente laddove gli strati di calotta glaciale poggiavano su fondali a basso gradiente (±1°) , praticamente pianeggianti. In queste aree piatte, il ghiaccio è particolarmente galleggiante, perché non ci sono rocce inclinate a premere contro il fondo del ghiacciaio. In questi punti il ghiaccio quasi galleggia sul terreno, si legge su "Le Scienze", ed i ghiacci possono scivolare all'indietro molto rapidamente.

I principi idrostatici - indicano gli autori dello studio - mostrano che impulsi di ritiro della linea di terra altrettanto rapidi potrebbero verificarsi attraverso i letti di calotta glaciale antartica a bassa pendenza anche sotto le attuali forzanti climatiche. I risultati evidenziano quindi la vulnerabilità, spesso trascurata, delle aree piatte delle calotte glaciali agli impulsi di ritiro estremamente rapido, alimentati dalla galleggiabilità del ghiaccio in zone di fondale pianeggiante.