La notte dell’11 settembre 1930, quella violenta esplosione che sconvolse l'arcipelago delle Eolie
L’eruzione del 1930 fu un evento cruciale per la comunità scientifica. Stromboli, già noto per la sua attività persistente, divenne oggetto di studi più approfonditi da parte di scienziati venuti da tutto il mondo.

Nella notte tra l’11 e il 12 settembre 1930, l’isola di Stromboli, il “Faro del Mediterraneo”, fu interessata da una delle eruzioni più violente della sua storia recente. Un boato assordante, percepito a decine chilometri di distanza, fino in Calabria, segnò l’inizio di un evento che avrebbe lasciato un segno indelebile nella memoria degli abitanti delle Eolie e non solo.
L’eruzione, caratterizzata da un’intensa attività esplosiva e da spettacolari fenomeni piroclastici, trasformò temporaneamente il paesaggio dell’isola e confermò la potenza di questo vulcano, noto per la sua attività persistente ma raramente così distruttiva.
Il risveglio improvviso del vulcano
Già nei giorni precedenti, Stromboli aveva dato segnali di irrequietezza. Lievi tremori e un incremento delle emissioni di gas erano stati registrati dagli abitanti dell’isola, che, abituati alla sua attività stromboliana, non si aspettavano un evento di tale magnitudo.
Il fragore fu udito fino a Lipari e persino sulla costa siciliana, destando panico tra le comunità locali eoliane. La colonna di lava si vedeva pure dalle coste siciliane e calabresi.
Una delle eruzioni più violente della storia
L’eruzione del 1930 si sviluppò in due fasi principali. La prima, iniziata nella notte dell’11 settembre, fu caratterizzata da violente esplosioni che proiettarono blocchi incandescenti a centinaia di metri di distanza, alcuni dei quali caddero in mare, generando spettacolari nubi di vapore.

Questa fase durò circa 48 ore, con un’attività parossistica che causò danni significativi alle poche strutture presenti sull’isola, allora scarsamente popolata. La seconda fase, più prolungata ma meno intensa, si protrasse per alcuni giorni, con colate laviche che scesero lungo la Sciara del Fuoco, il ripido versante nord-occidentale dell’isola, riversandosi in mare e creando un’impressionante cortina di fumo.
Fortunatamente, l’evacuazione preventiva di parte della popolazione, organizzata dalle autorità locali, limitò le conseguenze umane, anche se alcune abitazioni furono distrutte dai massi vulcanici e dalla cenere.
I primi studi sullo Stromboli dopo l’eruzione
L’eruzione del 1930 fu un evento cruciale per la comunità scientifica. Stromboli, già noto per la sua attività persistente, divenne oggetto di studi più approfonditi. L’evento fu descritto dettagliatamente dai vulcanologi italiani, tra cui Giuseppe Imbò, direttore dell’Osservatorio Vesuviano, che visitò l’isola nei giorni successivi.
Le sue osservazioni confermarono che l’eruzione aveva caratteristiche parossistiche, ben diverse dalla tipica attività stromboliana, e fu classificata come una delle più violente del XX secolo per questo vulcano.

I resoconti scientifici dell’epoca documentarono la formazione di nuovi crateri minori e un significativo accumulo di materiale piroclastico, che modificò temporaneamente la morfologia della sommità.
Il ricordo vivo di quell’eruzione
L’eruzione del 1930 non solo segnò la storia geologica di Stromboli, ma influenzò anche la cultura e la vita degli abitanti delle Eolie. Le storie di quella notte apocalittica sono ancora tramandate dagli anziani dell’isola, che raccontano di un cielo illuminato da lampi e di un mare che sembrava ribollire.
Questo episodio, insieme ad altri eventi parossistici molto recenti, come quelli del 2002 e 2019, ha rafforzato la consapevolezza del rischio vulcanico, spingendo le autorità a migliorare i sistemi di allerta e prevenzione, su un’isola così movimentata.