La NASA analizza nuovi campioni dell'asteroide Bennu e conferma che è più antico della Via Lattea
Nuove analisi dei campioni riportati dalla missione OSIRIS-REx rivelano che Bennu è un ammasso di materiali formatisi in angoli diversi del cosmo, dal sistema solare interno alle stelle estinte.

L’asteroide Bennu, obiettivo della missione OSIRIS-REx della NASA guidata dall’Università dell’Arizona, è composto da materiali provenienti sia dal nostro sistema solare sia da regioni più lontane. Per miliardi di anni, la sua superficie e il suo interno sono stati modellati dall’interazione con l’acqua e dalle dure condizioni dello spazio.
“È qualcosa che semplicemente non si può fare con i telescopi”, ha spiegato Jessica Barnes, ricercatrice dell’Università dell’Arizona e coautrice principale di uno degli articoli. “È emozionante poter descrivere in dettaglio un asteroide da cui sognavamo di ottenere campioni da così tanto tempo”.
Un’origine violenta e diversificata
Bennu si è formato a partire da frammenti di un asteroide “genitore” molto più grande che si disintegrò dopo lo scontro con un altro corpo, probabilmente nella fascia degli asteroidi tra Marte e Giove.
Il team guidato da Barnes e Ann Nguyen, del Centro Spaziale Johnson della NASA, ha trovato nei campioni granuli di questa polvere stellare, identificabili grazie alla loro particolare composizione isotopica. Questi resti, più antichi del sistema solare stesso, si sono incorporati nella nube di gas e polvere da cui sono nati i pianeti oltre 4,5 miliardi di anni fa.
“Abbiamo anche trovato composti organici con firme isotopiche anomale, probabilmente formati nello spazio interstellare, insieme a solidi nati più vicino al Sole”, ha spiegato Barnes. “Per la prima volta possiamo confermare che tutta questa gamma di materiali è presente in Bennu”.
Acqua liquida nel cuore dell’asteroide
Il secondo studio ha rivelato che i minerali di Bennu si sono trasformati in larga misura grazie a processi idrotermali. Secondo i ricercatori, l’asteroide genitore accumulò grandi quantità di ghiaccio proveniente dalle regioni esterne del sistema solare, che si sciolse nel tempo a causa del calore residuo della sua formazione, di impatti successivi e della disintegrazione di elementi radioattivi.
The sample of asteroid Bennu returned by @NASA's OSIRIS-REx mission is made up of dust from the origins of our solar system, matter from interstellar space, and star dust from before our solar system formed. pic.twitter.com/FIKAbo2HAs
— NASA Goddard (@NASAGoddard) 28 agosto 2025
“L’acqua liquida interagisce con i minerali a temperature vicine ai 25 gradi, condizioni molto miti che hanno favorito reazioni chimiche”, ha spiegato Tom Zega, direttore del Laboratorio Kuiper-Arizona e coautore dello studio. “Oggi osserviamo che circa l’80% dei minerali nei campioni contiene acqua al suo interno, intrappolata miliardi di anni fa”.
Cicatrici dello spazio
Il terzo lavoro ha analizzato le tracce lasciate dagli impatti di micrometeoriti e dall’azione del vento solare sulla superficie delle particelle. Il fenomeno, noto come meteorizzazione spaziale, provoca la formazione di minuscoli crateri e spruzzi di roccia fusa.
Lo studio conclude che questo fenomeno erosivo avviene molto più rapidamente di quanto si pensasse, dato che Bennu è privo di un’atmosfera protettiva.
Chiavi per comprendere il nostro passato
Gli asteroidi sono veri e propri fossili cosmici che conservano informazioni sulla formazione del sistema solare. Tuttavia, i meteoriti che raggiungono la superficie terrestre non sempre riflettono fedelmente questi materiali, poiché molti si disintegrano nell’atmosfera o reagiscono con l’aria e l’umidità dopo la caduta.
New data from the James Webb telescope suggests that Bennu and Ryugu two asteroids recently visited by sample-return missions are both fragments of a single massive "parent" body that once orbited alongside Earth as a twin planet. pic.twitter.com/vlrMs4vafu
— Astronomy (@AstronomyVibes) 29 agosto 2025
“Ecco perché sono così preziose le missioni di ritorno dei campioni come OSIRIS-REx”, ha sottolineato Zega. “Ci permettono di studiare direttamente materiali primordiali, senza le alterazioni che subirebbero sulla Terra”.
I risultati ottenuti su Bennu, uniti a quelli della missione giapponese Hayabusa2 sull’asteroide Ryugu, offrono uno scenario sempre più ricco e complesso su come si sono originati i pianeti e, in ultima istanza, su come si siano create le condizioni per l’emergere della vita sulla Terra.