Sotto la superficie ghiacciata di Titano c'è un oceano di fango: ecco perché è una buona notizia
Sotto la superficie ghiacciata di Titano, un oceano di fango con sacche di acqua liquida potrebbe rappresentare condizioni ancor più favorevoli allo sviluppo di forme di vita elementare. Questo il risultato di un recente studio.

Sotto la superficie ghiacciata Titano, luna di Saturno, potrebbe esserci un oceano di fango e non di acqua liquida, diversamente da quanto prima ipotizzato.
Tuttavia, questa che potrebbe sembrare una cattiva notizia per la possibile esistenza di forme di vita sulla luna saturniana, potrebbe invece aumentarne le possibilità.
Saturno e le sue lune
Tra i pianeti del Sistema Solare è Saturno a detenere il record del numero più grande di lune: ben 274 lune confermate. Si tratta del sistema satellitare più ricco con lune di tutte le dimensioni, dalle dimensioni di Titano, con un diametro più grande di quello del pianeta Mercurio, fino a lune piccole quanto mezzo stadio di calcio.
La maggior parte di queste lune sono state catturate dall’intensa forza di gravità del pianeta (secondo solo a Giove), altre sono frammenti di lune frantumatesi a seguito di collisioni reciproche.
Una parte orbitano vicino al pianeta, alcune sono in mezzo agli anelli, ma la maggior parte si trova molto distante. Nel 2025 è stata annunciata la scoperta di ben 128 lune contemporaneamente, portando il numero totale a 274.
Titano
Tra le lune di Saturno, ma anche rispetto alla maggioranza delle lune degli altri pianeti, Titano è estremamente interessante. Scoperta dall’astronomo Huygens nel 1655, è costituita da materiale roccioso e ghiaccio. Circondata da una spessa atmosfera, è stato possibile osservarne la superficie solo recentemente, grazie alla sonda Cassini. Sulla superficie sono stati scoperti laghi di idrocarburi nelle regioni polari, montagne, criovulcani e pochi crateri da impatto a testimonianza di una superficie relativamente giovane.
L’atmosfera di Titano è prevalentemente costituita di azoto, con metano ed etano. Mentre sulla Terra esiste il ciclo dell’acqua, su questa luna esiste il ciclo del metano presente in forma di nubi che piovono producendo fiumi, laghi e mari di metano che hanno modellato la superficie del satellite.

Si pensa che questo ambiente sia il più simile a quello primordiale della Terra.
Sotto la superficie ghiacciata si riteneva esistesse uno strato di acqua ricca di minerali e ammoniaca, ossia un vero e proprio oceano che separa la superficie dallo strato roccioso più interno. La presenza di un’atmosfera ricca di composti organici complessi e l’esistenza di acqua liquida sotto la crosta ghiacciata aumentano le probabilità che su questa luna siano presenti o possano svilupparsi forme di vita organica elementare.
La recente scoperta: non acqua ma fango
Una recentissima rianalisi dei dati presi durante la missione Cassini, quindi gli stessi dati per cui si ipotizzava l’esistenza di un oceano sommerso di acqua liquida, mostra più plausibile uno strato di fango e non di acqua liquida. Semmai, potrebbero esistere delle sacche di acqua liquida dove i nutrienti disponibili sarebbero più concentrati invece di essere dispersi in un vasto oceano, cosa che potrebbe facilitare la crescita di organismi semplici.

Inoltre, "Le nostre analisi - afferma Petricca - indicano che le sacche d'acqua potrebbero raggiungere i 20 gradi".
I risultati di questa ricerca sono stati presentati sulla rivista Nature in un articolo a prima firma di Flavio Petricca del Jet Propulsion Laboratory della Nasa
Titano si muove su un’orbita ellittica attorno a Saturno venendo deformato dalla variazione di forza gravitazionale subita. Ciò che è emerso dalla nuova analisi è che il picco della deformazione avviene con un ritardo di circa 15 ore rispetto al momento di maggiore attrazione da parte di Saturno. Questo ritardo sarebbe troppo grande in presenza di uno strato di acqua liquida, invece compatibile con uno strato più denso, ad esempio di fango.
Riferimento allo studio
"Titan’s strong tidal dissipation precludes a subsurface ocean" Flavio Petricca et al. Nature 648, 556–561 (2025). https://doi.org/10.1038/s41586-025-09818-x