Urano sorprende gli scienziati della NASA: rilevato calore interno dopo decenni in cui si credeva fosse congelato

Per decenni gli scienziati hanno ritenuto che l’interno di Urano fosse congelato ma di recente i ricercatori della NASA hanno scoperto che non è così, rilevando del calore interno.

Urano
Urano è un pianeta unico nel suo genere, anche per quanto riguarda il suo nucleo.

Urano è uno dei pianeti più particolari di tutto il Sistema Solare. Innanzitutto, anche se questo pianeta è visibile a occhio nudo e fosse quindi noto fin dall’antichità, non fu riconosciuto come tale e fu quindi considerato erroneamente una stella fino al 1781.

Oltre a questo Urano è unico nel suo genere anche per altri motivi: innanzitutto questo pianeta ruota su un fianco, ciò significa che il suo asse di rotazione è quasi parallelo al piano dell’orbita, in questo modo il pianeta espone al Sole ogni polo per 42 anni consecutivi.

Ma le stranezze non finiscono qui, infatti Urano ruota in senso opposto rispetto a quasi tutti gli altri pianeti (tranne Venere).

Il sorvolo della sonda Voyager 2

Informazioni più dettagliate di questo pianeta sono state poi raccolte grazie al sorvolo della sonda Voyager 2 nel 1986. I dati raccolti in questa occasione suggerivano che anche l’interno del pianeta fosse insolitamente freddo, e proprio per questo motivo gli scienziati si misero a rivedere le teorie fondamentali sulla formazione dei pianeti.

Il problema però è stato che questa convinzione si basava su questo unico dato, non su una serie di misure.

Ad oggi però pare che in realtà anche Urano generi una certa quantità di calore. Questo è stato scoperto di recente da un team di scienziati della NASA e dell’Università di Oxford, che ha utilizzato una tecnica avanzata di modellazione al computer per rianalizzare decenni di dati.

Urano 2
Analizzando decine di anni di osservazioni è emerso che il pianeta produce calore al suo interno.

Gli scienziati, per calcolare il calore interno di un pianeta, confrontano l’energia ricevuta dal Sole con quella che il pianeta rilascia nello spazio sotto forma di luce riflessa e calore emesso. Quando un corpo emette più calore di quello che ne riceve significa che il calore extra proviene dall’interno e in gran parte si tratta di un residuo dei processi energetici che hanno formato i vari pianeti 4,5 miliardi di anni fa.

Non solo, la quantità di calore rilasciata da un pianeta può anche indicarne l’età: meno calore viene rilasciato rispetto a quello assorbito dal Sole, e più è vecchio il pianeta.

Rispetto agli altri giganti, Saturno, Giove e Nettuno, Urano si distingueva perché sembrava emettere esattamente tanta energia quanta ne riceveva, ciò stava a significare che nel suo interno non ne venisse prodotta.

Nel chiedersi le motivazioni di questa particolarità alcuni scienziati hanno ipotizzato che il pianeta potesse essere molto più vecchio degli altri giganti e che quindi nella sua vita si fosse già completamente raffreddato.

Tuttavia le varie ipotesi formulate non hanno mai completamente convinto gli scienziati che hanno perciò continuato a studiare Urano con particolare dedizione.

Confutata la teoria che vedrebbe il nucleo congelato

I ricercatori della NASA hanno cercato di determinare l’intero bilancio energetico di Urano e per ottenerne una stima ancora più accurata hanno utilizzato un modello al computer sviluppato da ricercatori di Oxford.

Questo modello integra tutto ciò che si conosce sull’atmosfera del pianeta, basandosi su decenni di osservazioni da telescopi terrestri e spaziali, tra cui il Telescopio Spaziale Hubble della NASA e il Telescopio ad Infrarosso, sempre della NASA, alle Hawaii. Il modello includeva anche informazioni su foschie, nuvole e cambiamenti stagionali, ovvero tutti quegli elementi che influenzano la riflessione della luce solare e la dispersione del calore.

In questo modo gli scienziati hanno scoperto che Urano rilascia circa il 15% di energia in più rispetto a quella che riceve dal Sole, e ciò sta a significare che anche Urano possiede un proprio calore interno, sebbene notevolmente inferiore rispetto a quello di altri pianeti, come il vicino Nettuno.

Questo risultato è molto importante e non solo è utile per ricostruire la storia dei pianeti del Sistema Solare, ma aiuta anche a comprendere quello che può accadere anche al di fuori del nostro sistema planetario.

Riferimenti allo studio:

Patrick G J Irwin, Daniel D Wenkert, Amy A Simon, Emma Dahl, Heidi B Hammel, The bolometric Bond albedo and energy balance of Uranus, Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, Volume 540, Issue 2, June 2025, Pages 1719–1729, https://doi.org/10.1093/mnras/staf800