La geoingegneria può essere fermata dal diritto internazionale? Quali sono le conseguenze?
Cambiamenti climatici su larga scala per frenare il riscaldamento globale? L'idea sta prendendo piede, ma il diritto internazionale non tiene il passo. Scoprite di più su questo quadro giuridico in ritardo.

Specchi nello spazio per deviare il sole, nuvole salate per raffreddare l'atmosfera, oceani “fertilizzati” con il ferro, il catalogo è tanto vasto quanto spaventoso. Questa è la realtà dei progetti che scienziati e aziende stanno pianificando per “correggere” il cambiamento climatico senza modificarne le cause.
Questo campo si chiama geoingegneria: la manipolazione deliberata e su larga scala del clima terrestre. Ma chi decide fino a che punto spingersi? E soprattutto, il diritto internazionale può dire “basta”?
Cambiare tutto per non cambiare nulla
Esistono tre tipi principali di approccio alla geoingegneria: la modifica dei cicli naturali, come il pompaggio di acqua fredda per proteggere la Grande Barriera Corallina o la semina delle nuvole, la cattura di CO2 attraverso tecnologie di cattura e stoccaggio, la fertilizzazione degli oceani, l'alterazione delle rocce o la selezione genetica di piante più assorbenti o la riduzione della radiazione solare attraverso specchi spaziali, aerosol stratosferici o superfici riflettenti.
A volte viene percepita come uno strumento tecnologico radicale per compensare l'inazione climatica, ma anche come un alibi per mantenere un modello economico inquinante.
Per Marine de Guglielmo Weber, ricercatrice ambientale presso l'Institut de recherches stratégiques de l'école militaire (Irsem), la geoingegneria incarna questa logica del “cambiare tutto perché nulla cambi”. Una corsa tecnologica a perdifiato in cui cerchiamo di adattare la natura alle nostre esigenze senza ripensare i nostri modi di produzione e consumo.
Se da un lato queste tecniche offrono modi per adattarsi o attenuarsi, dall'altro sollevano importanti questioni etiche, ambientali e geopolitiche che sono ancora ampiamente dibattute.
La legge può porre un freno a questa corsa sfrenata?
L'unica convenzione esplicita è la Convenzione ENMOD (1976), che vieta l'uso di tecniche di modificazione ambientale “per scopi militari o ostili”. È utile, ma limitata: cosa si può fare quando l'obiettivo è detto “pacifico”, come la lotta al riscaldamento globale?
In questo caso, il concetto chiave di anticipazione scientifica sarebbe estremamente utile, come illustrato dalla professoressa Samantha Besson, titolare della cattedra di diritto istituzionale internazionale al Collège de France dal 2019.
Secondo la professoressa, il diritto non deve aspettare che i disastri si verifichino per reagire. Deve fornire un quadro di riferimento fin dalla prima ricerca, basato su due principi: la precauzione, che significa agire anche quando c'è incertezza, e la prevenzione, che significa evitare i danni prima che si verifichino.
Ma c'è un grosso ostacolo: questa ricerca è allo stesso tempo potenzialmente benefica e pericolosa. È stata definita “a doppio uso”. La geoingegneria marina, ad esempio, potrebbe assorbire CO2 ma anche minacciare in modo irreversibile la biodiversità oceanica.
Alcuni strumenti legali, ancora troppo morbidi?
Alcuni trattati settoriali forniscono una base. Nel 2010, la Convenzione sulla diversità biologica (CBD) ha introdotto una moratoria sulla geoingegneria climatica che influisce sulla biodiversità. Anche il Protocollo di Londra ha inasprito le regole dopo lo scandalo canadese del 2012, quando tonnellate di solfati di ferro sono state scaricate senza autorizzazione.
Dal 2013, ha vietato la fertilizzazione marina, a meno che l'esperimento non sia qualificato come “scientificamente legittimo” e valutato rigorosamente. Ma queste misure sono spesso non vincolanti, frammentate e, soprattutto, reattive piuttosto che preventive.
La proposta di Besson è una rivoluzione discreta, ma potente: sancire l'anticipazione del diritto umano alla scienza. Ciò significa riconoscere che ogni essere umano ha diritto non solo ai benefici della scienza, ma anche a essere protetto dai suoi danni. Ciò consentirebbe di conciliare la libertà di ricerca con la protezione delle persone e dell'ambiente, imponendo limiti interni alla scienza stessa.
Fonti dell'articolo
Maurel, C. (2025, avril). Les sorciers du climat. Le Monde diplomatique.
Collège de France. (2024, 1er août). Géoingénierie : que dit le droit international ?