Vaia, tre anni fa la tempesta che sconvolse l’Italia: cosa accadde?

Rimarranno per sempre nella memoria le distese di alberi abbattuti tra il Trentino Alto Adige ed il Friuli occidentale. Il ricordo di quella terribile fine ottobre del 2018 dovrebbe riecheggiare oggi nelle terre di Scozia.

TEMPESTA VAIA
Un esempio della vasta distruzione dei boschi causata dalle tempesta Vaia sulle Alpi orientali (foto Marco Virgilio)

Si chiude il G20 in Italia e si apre proprio oggi la COP 26 in Scozia, nella città di Glasgow. Personalmente ho poche aspettative da questi grandi appuntamenti internazionali che spesso partoriscono conclusioni congiunte piuttosto vaghe e non incisive come anche l’ultimo rapporto dell’IPCC richiederebbe.

Un segnale tra i tanti? Un monito?

Forse il ricordo di quanto avvenne negli ultimi giorni di ottobre 2018 in Italia con l’avvento della poderosa tempesta Vaia potrebbe tornare utile ai così detti “grandi della Terra” per rompere gli indugi e prendere decisioni forti e rapide per contrastare gli effetti del riscaldamento climatico.

Leggi anche l'articolo di Meteored del 4 novembre 2018: Venti impetuosi ed alberi abbattuti, di cosa si è trattato?

Non possiamo correlare direttamente singoli eventi meteorologici estremi al cambiamento climatico. Ma che la maggiore energia in gioco nel sistema accoppiato atmosfera-oceani possa essere il motore per fenomeni atmosferici più intensi e con tempi di ritorno più brevi è una probabilità ben calcolata dai modelli climatici.

Vaia, come nel 2021 l’assurda ondata di caldo nel British Columbia, le recenti alluvioni in Germania e l’attuale ciclone mediterraneo che ha tormentato Sicilia e Calabria, possono essere dei segnali da non sottovalutare se non dei veri e propri moniti da parte di un pianeta che l’uomo sta mettendo sotto pressione ad una velocità mai vista in passato.

27-30 ottobre 2018: irrompe la depressione Vaia

Prima della depressione Vaia, va ricordato, il Mediterraneo centroccidentale per oltre una decade è stato sede di campi anticiclonici caratterizzati da masse d’aria piuttosto calde. Si è formata una depressione in prossimità del sud Italia dopo il giorno 20 e qualche strappo nel campo di pressione si è verificato sul Mediterraneo occidentale ma le condizioni generali hanno favorito il mantenimento di temperature piuttosto elevate sia in atmosfera che sulla superficie del mare.

Questo stato iniziale e l’improvvisa espansione dell’anticiclone atlantico verso la Groenlandia nei giorni 26 e 27 ottobre sono stati gli ingredienti esplosivi che hanno innescato una fase ciclonica di rara intensità sul settore centroccidentale mediterraneo e sui mari italiani.

Lunedì 29 ottobre il profondissimo minimo del ciclone Vaia, circa 978 hPa, si trovava a cavallo tra il sudovest francese ed il nordovest italiano, caratterizzato da un micidiale gradiente termico alla superficie isobarica di 850 hPa che vedeva l’isoterma zero gradi a ridosso delle Alpi Marittime e valori compresi tra 10 e 15 gradi tra il sud Italia ed il nordest.

Venti umidi e piogge torrenziali poi Scirocco da record

Tra il 27 ed il 28 ottobre intense correnti meridionali miti e cariche di umidità determinarono ingenti piogge su tutti i versanti esposti, dalle Prealpi Piemontesi alla Carnia e in molte zone appenniniche con le prime inevitabili esondazioni e diversi allagamenti.

Lo Scirocco rinforzò brutalmente fino a raggiungere la velocità di 204 km/h sul monte Gomito nell’appennino Tosco-Emiliano e i 200 circa presso il Monte Rest nelle Prealpi Carniche

Ma fu proprio lunedì 29 la giornata di passione per tante regioni italiane, a partire dalla Sardegna bersagliata da massicce grandinate. Lo Scirocco rinforzò brutalmente fino a raggiungere la velocità di 204 km/h sul monte Gomito nell’appennino Tosco-Emiliano e i 200 circa presso il Monte Rest nelle Prealpi Carniche.

In questa fase nelle zone alpine e prealpine dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia caddero centinaia di mm di pioggia, addirittura 815 mm a Malga Campiuz sulle Prealpi Carniche in Friuli. L’inusitata intensità del vento sinottico, particolarmente forte nella fascia compresa tra i 1300 ed i 1500 metri di quota, favorì inusuali accumuli di pioggia che inzupparono i terreni nelle zone più interne delle Alpi, in particolare tra il Trentino Alto Adige ed il Friuli occidentale dove solitamente cadono tra i 1000 ed i 1400 mm in un intero anno.

I danni in tutta Italia furono incalcolabili e purtroppo 16 persone persero la vita tra le Alpi e la Campania. Molti abitati rimasero senza corrente elettrica per diversi giorni, tante frazioni alpine completamente isolate.

La notte degli alberi abbattuti

Certamente, però, le immagini che arrivarono dalle valli dolomitiche, dall’agordino e da Alpi e Prealpi Carniche, di vaste aree boschive completamente abbattute dalla furia degli elementi rimarranno scolpite nell’immaginario collettivo.

In alcune zone pareva esplosa una bomba atomica tale era il triste spettacolo che si manifestava gradualmente con il sollevamento delle nubi che preludeva al miglioramento del tempo. Nessuno aveva mai assistito ad una simile distruzione dei boschi, solo in maniera del tutto più limitata e meno diffusa nel 1966.

Il fortissimo vento sinottico ed effetti di caduta e turbolenze locali nelle valli in molti casi sconvolsero il territorio. Moltissimo di è fatto per ripristinare i territori colpiti ma lo sfregio è ancora visibile in tanti versanti inaccessibili e tale rimarrà per decenni.