Perché le foglie cambiano colore in autunno: la spiegazione
Nell’emisfero settentrionale l’autunno è iniziato il 22 settembre: alla scoperta del foliage, il fenomeno che trasforma boschi e città in paesaggi colorati. Origini, meccanismi biologici e specie vegetali protagoniste

È in arrivo uno degli spettacoli naturali più attesi dell’anno: il foliage. La particolarità di questo fenomeno sta nella possibilità di osservarlo, seppur con intensità diverse, sia in città che in mezzo alla natura: da una finestra, nel giardino di casa, lungo un viale alberato, in un parco o in un bosco.
In qualsiasi caso, alberi e arbusti non possono mai mancare: è la loro chioma che, tra ottobre e novembre, con l’avvicinarsi dell’inverno, vira progressivamente dal verde a diverse tonalità di giallo, arancione e rosso, fino alla caduta completa delle foglie.
Il foliage rappresenta un’espressione della natura che ci circonda e dei cicli che la governano. Quando si manifesta, lascia un segno evidente nei luoghi in cui si verifica: nei boschi si insinuano combinazioni cromatiche e sfumature spettacolari, mentre in città strade e automobili si coprono di foglie, in un contesto insolito e suggestivo per qualcuno, disagevole per altri, al pari di una nevicata.
Caducifoglie e sempreverdi
Non tutte le piante partecipano a questo processo. Nel regno vegetale, infatti, si distinguono due grandi categorie: le specie caducifoglie e quelle sempreverdi.
Si tratta di due diverse strategie di adattamento, sviluppate nel tempo, per affrontare condizioni ambientali e climatiche differenti.
Le caducifoglie si sono affermate soprattutto negli ambienti temperati, caratterizzati da estati calde e inverni freddi, dove la disponibilità di luce e acqua varia molto nel corso dell’anno.
In questi contesti, mantenere un’ampia superficie fogliare durante l’inverno sarebbe troppo costoso: le foglie consumerebbero acqua e nutrienti senza poter svolgere efficacemente la fotosintesi a causa delle basse temperature e delle giornate brevi, per di più esponendosi al rischio di gelo. Di conseguenza, risulta più conveniente abbandonare la chioma, entrando in una fase di riposo vegetativo.
Dal punto di vista morfologico si tratta per lo più di latifoglie, la cui lamina fogliare ampia è ottimale per catturare la luce durante la stagione favorevole. Fa eccezione il larice (Larix decidua), unica conifera europea che perde gli aghi in autunno.

Le sempreverdi, al contrario, sono maggiormente diffuse negli ambienti dove l’inverno è lungo e rigido (regioni boreali e montane) o dove l’acqua è scarsa per buona parte dell’anno (regioni mediterranee e subtropicali aride). In questi habitat, mantenere le foglie è più vantaggioso, a condizione che siano strutturate per resistere a condizioni difficili.
Non a caso molte sempreverdi hanno foglie aghiformi rivestite di cere (come pini e abeti) che riducono la traspirazione e resistono al gelo. Esistono anche sempreverdi latifoglie, come l’oleandro, l’alloro o il leccio, con foglie coriacee e spesse, capaci di limitare la perdita d’acqua e sopravvivere anche in climi secchi e caldi.

Al di là dell'areale di origine, ci sono regioni della terra dove le due strategie possono convivere. Nelle aree temperate, ad esempio, è possibile osservare foreste miste in cui convivono caducifoglie (faggi, querce, aceri) e sempreverdi (conifere o latifoglie mediterranee).
Caducifoglie: prima di cadere cambiano colore
Il cambiamento di colore delle foglie è il risultato dell’interazione tra fattori ambientali e processi fisiologici. A innescarlo sono soprattutto la riduzione delle ore di luce e l’abbassamento delle temperature, segnali che indicano alle piante l’arrivo dell’inverno.
Durante la primavera e l’estate, la foglia è un organo altamente attivo: la clorofilla, pigmento verde fondamentale per la fotosintesi, è prodotta in grandi quantità e la sua presenza domina visivamente, “mascherando” gli altri pigmenti.

In realtà, i carotenoidi (responsabili del colore giallo e arancione nei vegetali) sono sempre presenti nelle foglie, ma il loro colore rimane nascosto dalla forte concentrazione di clorofilla.
Si tratta quindi di due processi distinti: da un lato la diminuzione della clorofilla, dall’altro l’evidenza dei carotenoidi già presenti e, in certi casi, la produzione aggiuntiva di antociani.
Un altro passaggio importante è quello che porta alla caduta della foglia. Alla base del picciolo, già durante la fase di viraggio cromatico, inizia a formarsi un sottile strato di cellule specializzate chiamato “strato di abscissione”.

Questo strato indebolisce progressivamente i vasi conduttori che collegano la foglia al ramo: ciò limita l’apporto di acqua e nutrienti, contribuendo ulteriormente al calo della fotosintesi e quindi alla degradazione della clorofilla. Quando lo strato è completamente formato, la foglia è destinata a staccarsi rapidamente al sopraggiungere della prima brezza.
Le specie più spettacolari
Non tutte le piante offrono lo stesso spettacolo durante il foliage: l’intensità e la varietà dei colori dipendono sia dalla specie sia dalle condizioni ambientali in cui crescono. Alcuni alberi, però, sono particolarmente noti per le loro chiome autunnali.
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Acero (Acer spp.): forse il simbolo più iconico del foliage, le sue foglie possono assumere sfumature che vanno dal giallo brillante al rosso intenso, fino al porpora.
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Faggio (Fagus sylvatica): diffusissimo in Europa, in autunno regala tonalità che spaziano dal giallo dorato al marrone ramato, creando tappeti spettacolari nei boschi.
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Betulla (Betula spp.): caratterizzata da foglie leggere e piccole, si distingue per il giallo luminoso che contrasta con il bianco della corteccia.
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Liquidambar (Liquidambar styraciflua): specie ornamentale molto coltivata anche in città, offre una gamma particolarmente ampia: giallo, arancio, rosso e persino viola nello stesso albero.
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Ginkgo (Ginkgo biloba): albero di origine antichissima, si riconosce per le foglie a ventaglio che in autunno si tingono di un giallo uniforme e intenso, capace di illuminare parchi e viali.
Foliage e cambiamenti climatici
Anche il fenomeno del foliage risente dei cambiamenti climatici: la sua comparsa e la sua durata dipendono strettamente da fattori come temperatura, disponibilità di acqua e andamento stagionale, tutti elementi che il cambiamento climatico sta modificando in modo significativo.

Da un lato, estati più lunghe e autunni più miti tendono a posticipare il momento in cui gli alberi iniziano a cambiare colore, spostando in avanti il picco del foliage rispetto al passato.
Dall’altro lato, condizioni di stress idrico dovute a ondate di calore sempre più frequenti possono avere l’effetto opposto: le foglie non seguono il normale processo di degradazione della clorofilla e di formazione dei pigmenti autunnali, ma seccano direttamente e cadono in anticipo.
In questi casi non si assiste a un vero e proprio foliage, ma a una perdita prematura della chioma che priva il paesaggio delle tipiche colorazioni autunnali.
Questo rende la relazione tra foliage e cambiamento climatico complessa e in continua evoluzione, con effetti diversi a seconda delle condizioni locali e della capacità di adattamento delle singole specie.
Immergersi nel foliage per entrare in sintonia con la natura
Il foliage non è soltanto un fenomeno biologico, ma anche un’occasione per vivere il paesaggio in modo diverso, entrando in sintonia con i ritmi della natura. Le occasioni non mancano: passeggiate nei parchi, trekking nei boschi, forest bathing e treni del foliage...
Prepararsi a questo appuntamento significa non solo godere di scenari suggestivi, ma anche comprendere meglio i meccanismi che regolano la vita delle piante e il loro legame con l’ambiente.