Italia terra di tornado: dai grandi vortici padani alle waterspout delle coste tirreniche, ecco le aree più interessate

Questi fenomeni stanno divenendo sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico. Anche in un’area tradizionalmente tornadogenetica, come la pianura Padana, sede dei principali eventi tornadici distruttivi della storia italiana.

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In Italia, come su buona parte del continente europeo, fenomeni vorticosi così violenti, come quello che giovedì 16 maggio ha devastato l’area di Borgo Mantovano, cagionando notevoli danni, non sono poi così rari.

In Italia, come su buona parte del continente europeo, fenomeni vorticosi così violenti, come quello che giovedì 16 maggio ha devastato l’area di Borgo Mantovano, cagionando notevoli danni (per fortuna nessuna vittima), non sono poi così rari.

Solo che a differenza del passato questi fenomeni stanno divenendo sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico. Anche in un’area tradizionalmente tornadogenetica, come la pianura Padana, sede dei principali eventi tornadici distruttivi della storia italiana.

Alcuni eventi grossi del passato

Basti ricordare alcuni eventi del passato, come il gigantesco tornado che il 24 luglio del 1930 danneggiò il paese e la chiesa del comune di Volpago del Montello proseguendo poi per il trevigiano, cagionando la morte di almeno 23 persone e ingenti danni materiali.

Mentre l’11 settembre 1970 un grosso tornado, sviluppato a ridosso dei colli Eugani, attraverso tutto il Veneto orientale, spostandosi verso il padovano e la laguna di Venezia, interessando la città prima di esaurirsi nel litorale del Cavallino lasciandosi alle spalle ben 36 vittime.

Un bilancio davvero pesantissimo, il più alto mai registrato in Italia a seguito del passaggio di un tornado. Secondo la stima dei danni si calcolo che il tornado raggiunse una intensità pari a un EF-4, evento più unico che raro per il nostro paese.

I tornado che annualmente investono l’Italia

Sul nostro Paese, visto la particolare disposizione orografica, l’intero territorio nazionale quasi ogni anno è soggetto al passaggio di fenomeni vorticosi di debole e media intensità, EF-0 EF-1 EF-2 sulla scala Fujita.

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Sul nostro Paese, visto la particolare disposizione orografica, l’intero territorio nazionale quasi ogni anno è soggetto al passaggio di fenomeni vorticosi di debole e media intensità, più rari gli eventi di magnitudo superiore.

Ben più rari sono gli eventi sopra i EF-3 che per nostra fortuna si ripetono dopo svariati anni, anche se negli ultimi anni la loro frequenza è più che raddoppiata. L’area di massima formazione, tra la tarda primavera, l’estate e l’inizio dell’autunno, è proprio la pianura Padana e la costa fra Veneto e Friuli, dove gli avvistamenti dei fenomeni vorticosi sono molto frequenti.

Situazioni ideali per il loro sviluppo

Le situazioni sinottiche ideali alla formazione di questi violenti fenomeni vorticosi sulla pianura Padana si ottengono solitamente in presenza di richiami d’aria calda e molto umida da SO e S-SO, mentre da Ovest o da NO, avanza un fronte freddo o un nucleo di aria più fredda in quota (avvezione fredda in media troposfera) che scorre sopra l’aria calda e molto umida preesistente nei bassi strati, scalzandola verso l’alto e originando le forti turbolenze che favoriscono l’esplosione dei cumulonembi temporaleschi.

In presenza di elevatissimi valori di “wind shear” alle varie quote, accompagnati da indici di “CAPE” (energia potenziale a disposizione dei moti convettivi) molto alti, le nubi temporalesche, durante la loro fase di crescita e maturazione, cominciano a roteare su sé stesse, favorendo dei temibili temporali “supercellulari”, caratterizzati dallo sviluppo dei cosiddetti “updraft rotanti”, meglio conosciuti con il termine di “mesociclone”.

Le “supercelle” padane, responsabili dei tornado più disastrosi della storia italiana, in genere prendono corpo solo in presenza di un forte “wind shear verticale” che sulla pianura Padana si ottiene soltanto quando nei bassi strati i venti si dispongono da SE e S-SE, mentre a 850 hPa (circa 1500 metri) ruotano più da S-SO e SO, assumendo una spiccata componente occidentale attorno i 500 hPa (5200 metri).

Non è un caso se la maggior parte dei temporali più forti che investono la pianura Padana si sviluppi proprio attorno l’area dei grandi laghi del Nord, come il lago Maggiore, il lago di Como e il lago di Garda.

Proprio sul Garda, lungo il confine fra Lombardia e Veneto, con una certa frequenza, soprattutto nel mese di luglio e agosto, si possono manifestare fenomeni temporaleschi particolarmente intensi, con grandinate, potenti “downbursts” e tornado (di natura “mesociclonica”) che possono causare danni molto ingenti in caso di passaggio ravvicinato sui centri abitati.

Nella maggior parte dei casi le “supercelle” che nascono sopra la pianura Padana prendono forma e si strutturano da un’iniziale “cluster”, più raramente da una “cella singola” ben sviluppata e alimentata da aria molto calda e umida che tende ad ascendere bruscamente verso l’alto (vuoi per l’irrompere di un passaggio frontale o di aria più fredda in quota dalle Alpi occidentali, con un “Jet Streak” davanti il fronte freddo avanzante), alimentando potenti “updrafts” pronti a rinvigorire l’ammasso temporalesco.

Ma non solo l’area Padana, ecco le altre zone soggette ai fenomeni vorticosi

Ma oltre ai tornado padani, caratteristici della tarda primavera e dell’estate, durante l’autunno e l’inverno sono molto comuni le cosiddette “waterspout” che molto spesso si osservano durante il passaggio delle intense “squall line pre-frontali” fra l’area del Golfo di Genova, tutte le coste tirreniche e adriatiche e lo Stretto di Messina.

In sostanza qualunque moto ascendente che sia rapido e che abbia diverse velocità ai vari livelli troposferici è potenzialmente carico di moti vorticosi, che possono poi rappresentare un buon potenziale per produrre delle possibili trombe d’aria.

La stragrande maggioranza dei fenomeni vorticosi che si vedono in Italia sono originati da “Shelf Cloud” molto attive e ben formate. In questi casi il moto rotatorio che forma la tromba d’aria viene innescato dal “downdraft” associato alla precipitazione.

In genere se il “downdraft” annesso non ha intensità omogenea lungo tutta la “Shelf Cloud” essa può subire una inclinazione o addirittura una frattura per la diversa spinta da esso generato. L’inclinazione della “Shelf Cloud” può essere cosi spinta che una parte di essa può arrivare a toccare il suolo formando una tromba d’aria.

L’evoluzione del fenomeno è così rapida che sovente si osserva la tromba d’aria già formata e sviluppata. In altre occasioni, ben più rare, le trombe d’aria o i “waterspout” che si generano in seguito a forti turbolenze proprie della “Shelf Cloud” che riescono a sfondare e a raggiungere il suolo.

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Le “supercelle” padane, responsabili dei tornado più disastrosi della storia italiana, in genere prendono corpo solo in presenza di un forte “wind shear verticale”.

Il moto rotatorio necessario per la formazione della tromba d’aria viene generato dalla linea di demarcazione esistente tra la corrente ascensionale e quella discendente che non sempre origina “Shelf Cloud”. La linea di demarcazione insiste fino a quando la Cella convettiva è attiva da avere contemporaneamente forti moti ascensionali e discendenti.

Ben più rari i casi di fenomeni vorticosi di natura “supercellulare” (originati da una autentica “supercella”), come quelli osservati nel novembre 2016 a Ladispoli, o il tornado di qualche anno fa sul casertano.