Le microplastiche si diffondono più rapidamente del previsto attraverso le feci degli animali marini
Uno studio condotto dall’Università di Tel Aviv ha permesso di seguire il viaggio delle microplastiche nelle acque. Da queste osservazioni è stato possibile capire come le microplastiche ormai sono ovunque, attraverso dei processi finora sconosciuti.

Ormai sempre più animali marini consumano microplastiche, addirittura le espellono dalle loro feci. In questo modo le microplastiche stanno colonizzando tutti i fondali marini, anche a grandi profondità.
Uno studio condotto dall’Università di Tel Aviv, pubblicato sulla rivista scientifica Chemosphere, ha permesso di seguire il viaggio delle microplastiche nelle acque. Da queste osservazioni è stato possibile capire come le microplastiche ormai sono ovunque.
L’allarmante diffusione delle microplastiche in mare
La ricerca condotta dalla ricercatrice Eden Harel della Scuola di Zoologia della Facoltà di Scienze della Vita di Wise, dalla professoressa Noa Shenkar della Scuola di Zoologia e dello Steinhardt Museum di Storia Naturale e dalla professoressa Ines Zucker della Scuola di Ingegneria Meccanica, tutte dell'Università di Tel Aviv, la ricerca ha portato alla luce risultati allarmanti sulla diffusione delle particelle di microplastica nella catena alimentare dei mari.
“Un decennio fa, quando la consapevolezza del problema dell'inquinamento da plastica nell'ambiente marino ha iniziato a crescere, molti ricercatori si sono concentrati sull'identificazione della localizzazione e delle dimensioni delle particelle di microplastica” spiega Shenkar.

Recentemente, poi, l'attenzione si è spostata sugli effetti e sui danni causati dalle microplastiche. L’obiettivo della ricerca è stato quello di studiare i cambiamenti materiali della plastica durante la permanenza in mare, dopo aver attraversato l'apparato digerente di un organismo marino.
Il team ha cercato di capire come la filtrazione biologica da parte degli organismi influisca sulle microplastiche presenti nel loro ambiente.
I vari passaggi dello studio
Nella prima fase del lavoro gli esperti hanno disperso in acqua microplastiche convenzionali (derivate da polistirene) e una bioplastica. Hanno poi seguito nel tempo che cosa succede in presenza di ascidie, organismi filtratori molto comuni in ambiente marino, che si nutrono di microrganismi.
In sole 48 ore si è visto come il 90% delle bioplastiche è scomparso dall’acqua, dopo 48 ore queste sono ritornate in acqua, nascoste nelle feci degli animali.
Ciò significa che le feci intrappolano e nascondono le microplastiche agli altri animali marini e fanno sì che entrino nella catena alimentare. Inoltre, nell’ambiente marino, sono diverse le specie di animali che si nutrono di feci.
La scoperta che ha stupito gli scienziati
In questo studio i ricercatori hanno dimostrato come le microplastiche fanno da zavorra alle feci, le quali, perciò, affondano molto più rapidamente, con il risultato che hanno meno tempo a disposizione per disperdersi nell’acqua, per accumularsi sui fondali molto più facilmente di quanto si pensasse.

Ciò agevola la fioritura delle alghe, con tutte le conseguenze negative che quest’ultime hanno sull’ambiente. Difatti le eccessive fioriture algali favoriscono una netta diminuzione dell’ossigeno disponibile, o la produzione di tossine nocive per l’intero ecosistema.
Il punto più allarmante è che il problema della microplastica è molto più complesso di quanto si pensasse inizialmente. L'inquinamento da plastica nell'ambiente marino ha molte dimensioni inaspettate e la sua complessità continua a crescere.
Con il passare degli anni le microplastiche danneggeranno buona parte degli ecosistemi marini che conosciamo, con danni irreparabili se non si trovano adeguate soluzioni nel tempo.