Pioggia in quota, dalla neve al fango sulle piste: il cambiamento climatico è già un problema per gli sport invernali

Altro che neve a quote basse: sulle Alpi attualmente in molte zone la neve scarseggia, in Appennino il freddo e le nevicate di fine novembre si sono sciolti come fosse maggio. Il cambiamento climatico colpisce duro gli sport invernali. Cosa sta succedendo?

Le tecnologie di innevamento artificiale consentono di salvare la stagione e di limitare i danni economici al settore turismo invernale, ma scenari come questo, sempre più frequenti, snaturano il fascino della montagna.

Le nevicate di fine novembre avevano acceso le speranze di una stagione invernale strepitosa per il settore sci alpino. Le stazioni sciistiche sono riuscite ad aprire quasi tutte puntualmente per il tradizionale dell’Immacolata e Sant’Ambrogio.

L’illusione di un avvio invernale promettente è però presto stata ridimensionata da un ribaltamento rapido dello scenario: i primi venti giorni di dicembre 2025 sono stati straordinariamente miti, soprattutto in quota.

Cosa è successo negli ultimi giorni

Dapprima inversioni termiche con freddo fittizio a valle ma caldo in quota, poi con le perturbazioni degli ultimi giorni è arrivata la delusione. L’insolita fusione invernale della neve ha colto di sorpresa appassionati meteo, sciatori e operatori turistici. Il problema si è evidenziato soprattutto nelle zone più esposte allo scirocco, come le Prealpi centro orientali. Piste chiuse, fango al posto della neve, manto bagnato e pesante in quota hanno costretto ad annullare le prove della discesa libera sulla pista Sasslonch in Val Gardena, anche se poi la gara si è infine salvata.

Ancora più critica la situazione neve in Appennino, complice la minor altitudine delle montagne e la posizione geografica più a sud. Negli ultimi giorni le webcam hanno mostrato panorami desolanti, con neve marcia e molte zone brulle e prive di manto nevoso.

Nelle Marche alla stazione di Bolognola un metro di neve arrivato a fine novembre, è stato quasi cancellato da caldo e piogge.

Secondo molti ambientalisti e climatologi, l’Appennino è una sorta di “laboratorio anticipatore” di ciò che accadrà sempre più spesso anche sulle Alpi.

Neve e clima che cambia: non basta più “aspettare il freddo”

Nel passato, nevicava più facilmente, anche senza irruzioni fredde. Varie pubblicazioni lo dimostrano, fra cui “Long-term snowfall trends and variability in the Alps”, di Bozzoli e altri ricercatori pubblicata su International Journal of Climatology il 18 agosto 2024.

Fra le altre cose, vi si afferma che “per le regioni a bassa quota, la presenza di specifiche configurazioni di circolazione atmosferica associate alle fasi negative di NAO e AO (oscillazione artica) è cruciale per il verificarsi di abbondanti nevicate.

Insomma, in passato una normale perturbazione portava spesso, in inverno, neve a quote basse. Ora non è più così; le analisi del CIMA indicano che al 17 dicembre 2025, vi è un deficit del 61% dell’equivalente idrico nivale sull’arco Alpino.

Secondo alcuni questo è dovuto alla circolazione meteo zonale o sudoccidentale, in realtà il fattore sinottico è solo un aspetto. Il cambiamento climatico funge da amplificatore, sia sul cambio di regime circolatorio che sull’innalzamento della quota neve. La “nuova normalità” comporta quindi inverni che assomigliano sempre più agli autunni di qualche decennio fa.

Da Pechino a Cortina: Olimpiadi invernali nell’era del riscaldamento globale

Pechino 2022 ha segnato un punto di svolta, diventando le prime Olimpiadi invernali disputate interamente su neve artificiale.

Un simbolo di un inverno sempre meno affidabile. I dati storici mostrano un aumento netto e continuo delle temperature medie di febbraio nelle città che hanno ospitato i Giochi invernali.

Cortina d'Ampezzo il 12 dicembre 2025: dietro ai cerchi olimpici spiccano le Dolomiti con strisce di neve artificiale ma senza innevamento naturale. Immagine Mike Dot - stock.adobe.com

In questo contesto si inserisce Milano–Cortina 2026, evento altamente simbolico e sostenuto da investimenti imponenti, ma esposto al rischio climatico e alle incognite delle bizzarrie degli ultimi inverni. Località un tempo fredde e nevose come Cortina d’Ampezzo dipendono in misura crescente da configurazioni meteo fredde e favorevoli e da soluzioni tecnologiche artificiali, energivore e climaticamente vulnerabili. Gli impiantisti invocano a gran voce nuove tecnologie per produrre neve anche in condizioni limite, ma se le temperature sono troppo alte non c’è innovazione che regga.

Qualcuno parla di tecnologie in grado di produrre neve anche con temperature sopra lo zero, ma una simile eventualità apre riflessioni non solo tecniche, ma anche ambientali, energetiche ed economiche ed etiche.

Il vero problema non è questo inverno

Mentre scriviamo, stiamo tutti seguendo con trepidazione i run dei modelli, in attesa di un’irruzione fredda per Natale 2025. Rendiamoci conto però che il fatto stesso che sta facendo notizia l’ingresso di isoterme attorno a -4°C a 850 hPa e la possibilità di neve a basse quote al nord a fine dicembre è un sintomo del clima cambiato.

Il punto non è “come andrà Natale”, o se arriverà una grande irruzione fredda ipotizzata dal modello americano GFS a fine anno, ma quanto è diventata inaffidabile la stagione invernale.

Continuare a sperare nel colpo di scena meteo non è una strategia: serve adattamento, pianificazione e riconoscere che, senza neve naturale, anche il ricorso alle tecnologie per garantire qualche pista aperta finisce per snaturare il senso stesso della magia dell’inverno in montagna.