Pitture rupestri in chiave climatica

Le scene e gli animali rappresentati in molte pitture rupestri ci danno informazioni sul clima che c'era nelle epoche della preistoria nelle quali furono dipinte.

Bisonti dipinti nella Gran Sala della grotta di Altamira (Cantabria), circa 15.000 anni fa, durante la fase finale dell'ultima glaciazione. Fonte: AP Photo/Pedro A. Saura /GTres.

L'emozione che si prova quando si osserva una pittura rupestre, dentro una grotta o in una caverna, è indescrivibile. Una sensazione molto speciale percorre il corpo quando contempliamo a pochi centimetri le tracce lasciate da un nostro antenato migliaia di anni fa. Nel caso delle pitture rupestri di Altamira, la grotta situata in Spagna nella regione della Cantabria, le figure più emblematiche e più impressionanti sono quelle dei bisonti, raffigurate nella Gran Sala. A parte il valore artistico dei dipinti, gli animali rappresentati ci parlano di una epoca della storia in cui il clima era molto diverso da quello di oggi.

L'ultima glaciazione nell'Europa meridionale

L'occupazione della grotta di Altamira, nel nord della Spagna, viene fatta risalire a circa 22.000 anni fa. Da quell'epoca fino a 13.000 anni fa la grotta è stata abitata da esseri umani in modo continuato. Poi, un crollo chiuse l'ingresso della grotta facendo sì che le pitture arrivassero fino a noi intatte. Vennero scoperte nel 1879, dal naturalista spagnolo Marcelino Sanz de Sautuola (1831-1888) e da sua figlia Maria, una bimba di 8 anni. I bisonti di Altamira vennero dipinti circa 15.000 anni fa, quando l'ultima glaciazione stava entrando nella sua fase finale.

Altamira fu un rifugio per i nostri antenati per ben dieci mila anni, durante una glaciazione che rese difficile la loro sopravvivenza. Nei corti periodi in cui il freddo dava tregua, si dedicavano a cacciare bisonti, un animale ben adattato al freddo glaciale, e che in quell'epoca abbondava nella zona della Spagna del nord, lungo il Mar Cantabrico, ed in molte altre zone d'Europa.

I bisonti di Altamira fecero parte sicuramente di qualche rito di carattere magico, promosso da uno sciamano o da un mago, figure che erano presenti sempre in queste comunità preistoriche. La sua funzione doveva essere quella di garantire (simbolicamente) la caccia, una pratica da cui dipendeva la loro sopravvivenza.

Pittura rupestre che rappresenta la cattura di un toro, che per il popolo San simbolizzava la pioggia, localizzata in un riparo della roccia sui monti Drakensberg, in Sud Africa, risalenti a circa 8.000 anni fa. Credits: © Bradshaw Foundation.

"Uomini dei boschi"

Altro interessante caso di studio del legame fra clima preistorico e arte rupestre lo troviamo in Sud Africa, nelle montagne Drakensberg, nella provincia di KwaZulu-Natal. Questa regione montuosa, insieme al deserto di Kalahari, fu una delle zone in cui rimasero relegati i boscimani della cultura San, cacciati da altri popoli africani ed europei invasori. Boscimano significa letteralmente "uomo dei boschi", visto che era quello il loro habitat naturale prima di occupare le grotte ed i ripari rocciosi nelle sopracitate montagne Drakensberg, dove lasciarono una importante traccia della loro arte.

L'acqua era uno degli elementi più importanti per i San. Nei boschi in cui vivevano precedentemente era abbondante, ma nella zona montuosa che occuparono a seguire, potevano esserci lunghi periodi di siccità. Il popolo San identificava l'acqua con il toro, che allo stesso tempo simboleggiava anche la fertilità.

In varie pitture rupestri si rappresenta una scena di caccia, dove varie figure umane (cacciatori) circondano il bovide, di dimensioni molto grandi. La scena simbolizza, in realtà, una danza della pioggia, nella quale attraverso un rituale i boscimani cercano di metter fine alla siccità. La versione moderna di questi riti sarebbero le preghiere per la pioggia, la cui origine risale all'Età Media.

Scena dipinta in un ricovero nella roccia nel Parco nazionale di Tassili n'Ajjer, Argelia. Credito: Patrick Gruban, Monaco.

Boschi nel Sahara: Tassili n'Ajjer

Senza abbandonare il continente africano, più al nord, in pieno Sahara, le pitture rupestri di Tassili n'Ajjer ci danno informazioni sul grande cambiamento climatico e del paesaggio che colpì quest'area circa seimila anni fa. I primi abitanti di quei luoghi oggi inospitali (il deserto più grande della Terra) iniziarono a vivere nella zona dell'attuale Algeria circa 12.000 anni fa. In una prima fase, fra 6.500 a. C. e 4.000 a. C., dipinsero lì scene di caccia, nelle quali apparivano animali terrestri e acquatici, come giraffe, elefanti, antilopi, rinoceronti, non proprio tipici di un clima desertico. Era probabilmente il clima di una savana umida, con zone boscose e numerosi fiumi e laghi.

Fra 4.000 a. C. e 1.500 a. C.,nei dipinti di Tassili iniziano a vedersi greggi di bovini, guidati da quegli uomini primitivi che cambiarono la caccia con la pastorizia, convertendosi in nomadi. Tutte queste pitture rupestri - ce ne sono fino a quindicimila - sono testimoni del cambiamento climatico avvenuto nel Sahara, con la transizione dal Periodo Umido Africano –iniziato intorno al 10.000 a. C.– al “Grande Arido”, iniziato intorno al 4.000 a. C e che trasformò questa regione in inospitale. La ricerca di un luogo più adatto alla vita portò quei nomadi verso est, fino al fiume Nilo, dove fondarono diversi regni che, alla fine, diedero luogo alla grande civiltà egizia.