Stelle nasciture e neonate scoperte nella Piccola Nube di Magellano

L’occhio ‘indiscreto’ del telescopio spaziale James Webb ha osservato un’intensa attività di formazione stellare nella galassia più vicina alla nostra, cioè la Piccola Nube di Magellano, fornendo immagini molto belle di stelle nasciture e neonate.

NGC346
La regione di formazione stellare in NGC 346 recentemente osservata dal telescopio spaziale James Webb. Credits: ASA, ESA, CSA, STScI, N. Habel (JPL). Image Processing: P. Kavanagh (Maynooth University).

La nascita di nuove stelle è un processo che avviene non solo nella nostra Galassia, ma in generale in tutte le galassie in cui siano presenti nubi molecolari, cioè regioni dall’apparente forma di immense nubi, in cui gas e polveri sono sufficientemente abbondanti e concentrati da poter dar vita a nuove stelle.

Nubi molecolari giganti sono presenti anche nelle due galassie più vicine alla nostra, le cosiddette Nubi di Magellano, dove è in corso un processo di formazione stellare.

Le nubi di Magellano sono due galassie nane di forma irregolare, ben visibili ad occhio nudo nei cieli notturni dell’emisfero australe. La più grande è chiamata Grande Nube di Magellano (LMC: Large Magellanic Cloud), la piccola è chiamata Piccola Nube di Magellano (SMC: Small Magellanic Cloud).

L'esistenza dell Nubi di Magellano era nota fin dall’antichità ai popoli dell’emisfero australe. Tuttavia, in Europa si seppe della loro esistenza solo intorno al '500 grazie alla documentazione riportata dai navigatori europei tra cui, appunto, Ferdinando Magellano, da cui hanno preso nome.

NGC 346

Con questa sigla viene denotato l'oggetto numero 346 del Nuovo Catalogo Generale. Si tratta di un catalogo astronomico contenente oltre 8000 oggetti del cielo profondo tra galassie, ammassi, nubi molecolari,...

NGC 346 è un giovane ammasso stellare situato all'interno della Piccola Nube di Magellano e contiene una regione di formazione stellare molto attiva, già nota da tempo ma recentemente rivisitata dal telescopio spaziale James Webb. Questi, utilizzando la sua camera infrarossa MIRI, ha prodotto la stupenda immagine riportata nella foto di copertina.

Perché piace l’infrarosso

Tra i costituenti più abbondanti dell'Universo c'è la polvere. Per limitarci all’interno della nostra Galassia, la polvere è maggiormente concentrata all’interno dei bracci della galassia e nella regione centrale. Sebbene sia una componente molto interessante e importante per la nascita delle stelle, da un punto di vista osservativo è sempre stata un grosso problema per gli astronomi.

Infatti, la polvere assorbe la luce visibile e quindi nasconde alla nostra vista gli oggetti più lontani. Se si osserva nelle

direzioni in cui maggiore è la concentrazione di polvere, il nostro sguardo (o meglio quello dei telescopi) riesce a vedere solo gli oggetti più vicini.

Visibile/infrarosso
Confronto tra un'immagine di uno stesso oggetto nel visibile (a sinistra) e nell'infrarosso (a destra). Tutte le stelle di sfondo nascoste dalla polvere a sinistra, diventano visibili nell'infrarosso a destra. Credit: NASA, ESA/Hubble and the Hubble Heritage Team

La polvere è invece trasparente alla radiazione infrarossa, quindi se un oggetto è circondato da polveri, esattamente come le stelle durante la loro nascita, la radiazione infrarossa che queste emettono riesce a passare attraverso la polvere, rendendo la stella neonata visibile.

La proprietà fondamentale della radiazione infrarossa di essere trasparente alla polvere ci permette di osservare a distanze grandissime, altrimenti non raggiungibili nel visibile.

E proprio per questo motivo, sono stati fatti immensi sforzi tecnologici per realizzare strumenti capaci di osservare nell’infrarosso. A bordo del James Webb sono presenti strumenti come NirCam

e MIRI, ottimizzati per le osservazioni nell’infrarosso. Queste garantiscono la possibilità di osservare sia oggetti molto distanti, sia oggetti anche vicini ma oscurati dalle polveri, come appunto le regioni di formazione stellare.

Cosa mostra questa immagine? Vediamolo nel dettaglio.

L'immagine ottenuta dal James Webb e riportata in copertina rappresenta una piccolissima regione all'interno di NGC 346, particolarmente importante poiché in essa polveri e gas stanno dando vita a nuove stelle.

La nebulosa è visibile poiché è illuminata dalle stelle, soprattutto le più calde, presenti all’interno della nebulosa, è quindi illuminata dall’interno. La struttura molto irregolare che si osserva dipende dalla combinazione tra la distribuzione di gas e polvere e la posizione delle stelle che la illuminano.

Nubi di Magellano
Vista delle Nubi di Magellano con in primo piano i telescopi ausiliari dell'ESO al Paranal (Cile). Credits: J. C. Muñoz/ESO



Come spiegato in un precedente articolo, le immagini astronomiche sono ottenute in scale di grigi, ma con diversi filtri. Questa immagine è stata ottenuta utilizzando 5 diversi filtri. La coloratura di ciascun filtro e la combinazione dei diversi filtri rende non solo l’immagine particolarmente bella, ma soprattutto permette agli astronomi di mettere in risalto le diverse strutture all’interno dell’oggetto astronomico, la nebulosa NGC 346 in questo caso.

Si notano regioni di colore blu e regioni di colore rosso. Le regioni di colore blu sono costituite da silicati e da un tipo di molecole organiche chiamate PAH (si tratta di idrocarburi policiclici aromatici), i quali sono distribuiti all’interno della nebulosa con una struttura filamentosa molto irregolare. Le regioni rosse sono invece le polveri le quali sono riscaldate dal calore emesso dalle stelle più calde e massicce presenti nel cuore della nebulosa.

Su questo sfondo rosso si intravedono numerosi puntini rossi che sono appunto le stelle in fase di formazione e ancora fortemente inviluppate nella polvere da cui si stanno formando. E' già durante questa fase che le stelle neonate stanno formando i loro sistemi planetari, i quali via via che le polveri cadono sulla stella o vengono disperse dai suoi venti diventeranno anch'essi ben visibili.

Macchie e filamenti luminosi denotano le regioni in cui il processo di formazione stellare è più intenso.