Il campo magnetico terrestre: lo scudo che ci protegge dal Sole e che si sta indebolendo

Nel corso degli ultimi anni sono stati raccolti numerosi dati che mostrano come il campo magnetico terrestre si stia gradualmente indebolendo, con una regione particolarmente critica nell’Atlantico meridionale.

Campo magnetico terrestre
Il campo magnetico terrestre è il nostro personale scudo, tuttavia nel corso degli anni si sta gradualmente indebolendo.

L’indebolimento del campo magnetico terrestre non è una novità, ci sono anni e anni di dati che documentano questa debilitazione e l’attenzione internazionale si sta concentrando su questa potenziale minaccia.

Il campo magnetico è fondamentale per la presenza di vita nel nostro pianeta in quanto ci protegge, come uno scudo, dalle radiazioni cosmiche ad alta energia provenienti dalle varie sorgenti astrofisiche nonché dalle particelle cariche del vento solare.

È anche giusto però specificare che questo è tutt’altro che statico e immutabile, anzi, è una forza complessa e dinamica in continuo mutamento sia in intensità che in direzione.

Stiamo perdendo il nostro scudo?

Infatti il campo magnetico subisce variazioni regolari, che quindi si ripetono con regolarità con massimi e minimi di durata simile, variazioni intermedie dette anche pulsazioni e variazioni irregolari di cui non si riconosce alcuna ciclicità.

Secondo un recente studio, pubblicato sulla rivista Physics of the Earth and Planetary Ineriors, che ha analizzato i dati satellitari raccolti nel corso di 11 anni durante la missione Swarm dell’ESA, l’agenzia spaziale europea, in diverse zone del nostro globo il nostro campo magnetico ha subito significativi cambiamenti di intensità.

In particolare è stato riscontrato una sorta di punto debole, una zona in cui questa debolezza magnetica è particolarmente accentuata. Questa regione si trova nell’Oceano Atlantico meridionale e viene spesso chiamata “Anomalia del Sud Atlantico” (ASA). È nota fin dai primi del 1900 ma sembrerebbe che questa regione si sia estesa ed indebolita ulteriormente.

Tempesta geomagnetica
Durante le tempeste solari il campo magnetico ci protegge dalle particelle cariche del vento solare.

Secondo i dati dei satelliti Swarm infatti l’area interessata dall’anomalia si è costantemente ampliata tra il 2014 e il 2025, arrivando a coprire un’ulteriore superficie grande quasi la metà dell’Europa continentale.

Per di più le mappe geomagnetiche sembrerebbero indicare che dal 2020 una ben precisa zona del campo magnetico terrestre, a sud-ovest dell’Africa, abbia subito un particolarmente rapido e intenso indebolimento di oltre 300 nanotesla, passando quindi da 22.430 a 22.094 nanotesla.

In pratica quindi questa anomalia si sta estendendo, protendendosi sempre più verso l’Africa.

L’origine del nostro scudo è da ricercare molto in profondità, circa 3.000 km sotto la superficie terrestre, in quell’oceano di ferro liquido che costituisce il nucleo del nostro pianeta. Queste anomalia sono quindi legate a delle particolari configurazioni al confine tra il nucleo e il mantello.

Sembrerebbe quindi che al di sotto dell’Anomalia del Sud Atlantico ci sia una zona dove il campo magnetico, invece di uscire dal nucleo vi rientra, portando ad un flusso inverso e contribuendo ad accentuarne l’indebolimento.

Queste anomalie hanno origini molto profonde

Studiare questa regione è inoltre particolarmente importante per la sicurezza spaziale in quanto i satelliti che si trovano a passare in quest’area sono esposti a dosi di radiazioni più elevate, e questo ovviamente aumenta il rischio di malfunzionamenti e anche temporanei blackout.

Questa tuttavia non è l’unica regione interessante, ad esempio si è visto che il campo magnetico si sta indebolendo anche nella zona al di sopra del Canada mentre si sta rafforzando alle latitudini geomagnetiche siberiane, probabilmente in questo caso l’anomalia è legata allo spostamento del polo nord magnetico verso la Siberia.

Visti gli ottimi risultati ottenuti dall’analisi di questi dati satellitari i ricercatori sperano di portare avanti questi studi anche nei prossimi anni, soprattutto perché i satelliti della missione Swarm continuano ad essere in buono stato e a fornire dati di eccellente qualità.

Riferimenti allo studio:

C.C. Finlay, C. Kloss, N. Gillet, Core field changes from eleven years of Swarm satellite observations, Physics of the Earth and Planetary Interiors, Volume 368, 2025, 107447, ISSN 0031-9201, https://doi.org/10.1016/j.pepi.2025.107447.