Un altro inverno con poca neve sulle Alpi: mai così poca in 600 anni

È terminato un altro inverno con poca neve sulle Alpi, secondo gli ultimi dati pubblicati. Poche settimane fa uno studio ha rivelato che non è mai stata così poca in 600 anni sull'arco alpino. Soffrono i fiumi del Nord, una situazione allarmante in vista dell'estate. Anche alcune zone del centro-sud stanno vivendo una situazione di grave siccità. Il punto della situazione.

neve alpi
La neve sulle Alpi alla fine dell'inverno 2022-2023 è poca: situazione allarmante per lo stato dei corsi d'acqua.

L'Osservatorio europeo sulla siccità della Commissione Europea (European Drought Observatory of the Joint Research Centre), nell'ambito del servizio di gestione delle emergenze Copernicus, ha pubblicato un rapporto tecnico sulla siccità in Europa, confermando quanto già era evidente da settimane: quello appena concluso è stato un inverno eccezionalmente secco e caldo, con un indice SWE (Snow Water Equivalent), l'unità internazionale per misurare in modo standard l'entità del manto nevoso, storicamente basso.

Secondo il rapporto, alla fine del febbraio 2023 la distribuzione della neve era piuttosto bassa a causa di un forte deficit di precipitazioni ed a causa delle elevate temperature. Avevamo parlato di questa situazione allarmante in questo articolo.

Secondo il rapporto ufficiale, l'inverno 2022-2023 ha fatto segnare una grave anomalia dell'indice SWE, e la presenza di neve sulle Alpi a febbraio di quest'anno era del 30% inferiore rispetto al febbraio 2022, un mese che aveva già fatto segnar dati allarmanti visto che il deficit era del 67%.

Lo studio sugli anelli di accrescimento dei ginepri: mai così poca neve sulle Alpi in seicento anni

Questi dati arrivano a poche settimane dalla pubblicazione di uno studio effettuato sugli anelli di accrescimento dei ginepri, che ha rivelato come la situazione vissuta in questi ultimi anni non abbia precedenti in 600 anni sulle Alpi.

Incrociando le misure degli anelli di accrescimento del ginepro, una specie che può raggiungere età considerevoli, anche centinaia di anni, i ricercatori sono riusciti a ricostruire le condizioni di innevamento negli ultimi sei secoli scoprendo che negli ultimi anni si sta verificando qualcosa che non si era mai presentato precedentemente.

Inverno 2022-2023, poche nevicate e troppo caldo

Ci sono stati due episodi di neve copiosi nella stagione appena conclusa, informa il Joint Research Centre, nella prima metà di dicembre e nella seconda metà di gennaio, ma entrambe queste perturbazioni nevose sono state seguite da episodi di caldo anomalo che hanno parzialmente fatto scomparire il manto nevoso.

Insomma, la fotografia è quella di un inverno con un allarmante deficit di neve. Quest'anno inoltre, la carenza di neve ha colpito tutto il versante italiano dell’arco alpino, mentre nella scorsa stagione aveva colpito maggiormente il nord-ovest.

La quantità di neve caduta sulle Alpi, fino a fine Febbraio 2023, è stimabile in 2,9 miliardi di metri cubi, a fronte di una media storica di 8,7 miliardi di metri cubi e a fronte dei 4 miliardi di metri cubi presenti nello stesso periodo del 2022.

Marzo, avanza lo scioglimento della neve ma i fiumi sono in grave sofferenza

Secondo il report settimanale dell'Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, in Valle d'Aosta, a causa delle alte temperature degli ultimi giorni (con temperature di quasi 20 gradi ad oltre 500 m di altitudine) e dell'assenza di precipitazioni, il manto nevoso si è ridotto notevolmente rispetto alla scorsa settimana: -cm.16 sulla fascia occidentale, -cm.13 su quella centrale, -cm. 37 su quella orientale. Ciò nonostante, calano i livelli dei corsi d'acqua, sia la Dora Baltea che il torrente Lys.

Piemonte e Lombardia: neve in rapida riduzione

Anche sulle Alpi del Piemonte la neve va riducendosi velocemente, ma anche in questo caso non crescono le portate dei fiumi con l'unica eccezione della Stura di Demonte.

Secondo il report dell'ANBI, lo scioglimento della poca neve sui rilievi stia comunque provocando un innalzamento dei livelli dei grandi bacini naturali del Nord Italia, ad eccezione del più grande: il lago di Garda, il cui riempimento non riesce a raggiungere il 40%, continuando a sfiorare il minimo storico (Verbano al 44% e Sebino al 18,6% restano sotto media, mentre il Lario al 22,4% si regolarizza).

La neve in montagna è un'importante riserva idrica per i mesi di primavera inoltrata: vista la situazione, c'è forte preoccupazione per l'estate 2023, che potrebbe essere peggiore della già drammatica estate 2022.

In Lombardia, il fiume Adda continua a decrescere da 3 mesi e si attesta stabilmente ai livelli del 2022, un anno che era stato già drammatico per la grave siccità. Calano anche i fiumi Serio ed Oglio, mentre cresce il Mincio, nonostante la ridotta portata erogata dal lago di Garda.

Cronico è ormai il deficit delle riserve idriche regionali lombarde: sui rilievi rimangono meno di 790 milioni di metri cubi (-69,1% rispetto alla media, nonché il 18,2% in meno rispetto al minimo storico). Nel complesso, la quantità di risorsa idrica stoccata è inferiore del 60,2 % rispetto alla media, ma addirittura del 6,2% rispetto al critico 2022.

Il Fiume Po ancora in declino dopo un drammatico 2022

Nonostante un lieve aumento di portata nel tratto piemontese, continua il declino del fiume Po, che in Lombardia ed Emilia (unica eccezione, Boretto) si ritrova ampiamente sotto i valori minimi storici (a Piacenza ed a Pontelagoscuro mancano oltre 130 metri cubi al secondo).

Situazione critica anche nel Nord-Est: soffre il Tagliamento

In Liguria c'è da registrare il brusco calo dei fiumi Entella (-cm.44) e Vara (-cm. 39), mentre Magra ed Argentina decrescono moderatamente. C'è una situazione di crisi idrica anche nel Nord-Est: in Veneto, il fiume Adige, pur in leggera crescita, rimane oltre 4 metri sotto lo zero idrometrico; decrescenti ed inferiori agli anni precedenti sono i livelli di Livenza, Bacchiglione e Brenta.

In Friuli Venezia Giulia, portata sostanzialmente invariata per il fiume Cellina, mentre calano Fella, Tagliamento e Cornappo, scendendo a livelli inferiori anche all'anno scorso.

In Emilia-Romagna, crescono i livelli dei fiumi Savio, Secchia, Enza e Trebbia, mentre cala il Reno; i corsi d'acqua appenninici registrano portate inferiori alle medie storiche, ma superiori al 2022.

La situazione al Centro-Sud

La Toscana, che ha potuto beneficiare di apporti meteorici localmente intensi (soprattutto nel Grossetano, sulla costa massese e livornese, nonché sulla fascia settentrionale) vede crescere le portate dei fiumi, tra i quali spiccano l'Arno (+ 90 metri cubi al secondo), l'Ombrone, che quadruplica la portata e la Sieve, che la raddoppia.

Nelle Marche calano le portate dei fiumi Tronto, Potenza e Nera, mentre resta stabile sui livelli della settimana scorsa l'Esino; in crescita il Sentino. Continuano ad aumentare i volumi d'acqua stoccati negli invasi. In Umbria si registra un modesto accrescimento dell'altezza idrometrica del lago Trasimeno, mentre i fiumi Nera e Chiascio hanno livelli assai inferiori alla media storica ed a quelli degli anni recenti (2022 compreso).

Nel Lazio, su Roma le precipitazioni dal 1° Gennaio 2023 (114 mm) sono pressoché dimezzate rispetto all'analoga media dello scorso decennio (mm.220). Il livello del lago di Bracciano è inferiore allo scorso anno, condizionato dalle scarse precipitazioni (tra Gennaio 2022 e Marzo 2023 sono caduti 777 millimetri di pioggia). Per fare un confronto, nelle due recenti annate siccitose 2016-2017 e 2011-2012 i millimetri di pioggia erano stati parecchio superiori (oltre i 950 mm nello stesso periodo di tempo).

La quota del lago di Nemi attualmente si attesta a 29 centimetri sullo zero idrometrico; nello stesso periodo del 2021 aveva un'altezza di m.1,13. La portata del fiume Tevere a Roma (mc/s107,98) è in media con le annate precedenti, mentre è deficitaria la portata dell'Aniene, la cui media storica è quasi doppia rispetto ai valori attuali; calano anche i livelli di Sacco e Liri.

In Molise, nonostante una timida crescita, restano bassi i livelli del fiume Volturno, che continua a calare anche in Campania, così come Sele e Garigliano. In Basilicata ed in Puglia, le alte temperature stanno già costringendo ad irrigare i campi; lo si deduce dal calo dei volumi idrici trattenuti negli invasi: -2 milioni di metri cubi in Lucania, mentre in Puglia lo scarto negativo raggiunge i 3 milioni e mezzo. Resta comunque positivo il confronto tra le riserve idriche di quest'anno e quelle del 2022, anno già idricamente favorevole per le due regioni.

Migliora la condizione del bacino della diga di monte Marello sul fiume Angitola in Calabria: in un mese, l'acqua invasata è cresciuta di quasi 2 milioni di metri cubi, toccando il valore più alto in recenti annate (mln. mc. 9,89). Infine le dighe siciliane che, nonostante il notevole incremento registrato nell'ultimo mese (oltre 47 milioni di metri cubi) a causa di forti precipitazioni, restano fortemente deficitarie rispetto alla media degli scorsi 13 anni (-19,31%).