Crisi climatica, neve e sport invernali: quale futuro?

Chiude in anticipo causa coronavirus la stagione degli sport invernali. Tanta neve sulle Alpi a novembre poi scarse precipitazioni fino a inizio marzo. Ecco come i cambiamenti climatici influenzeranno il turismo invernale.

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Un cannone per l'innevamento artificiale, sullo sfondo montagne brulle e prive di neve, scenario sempre più frequente coi cambiamenti clmatici.

Quest’anno l’inverno è sostanzialmente mancato, di fatto siamo passati dall’autunno alla primavera direttamente. Le poche incursioni fredde non hanno cambiato il quadro di un inverno carente di neve. Sulle Alpi la stagione degli sport invernali si è salvata solo grazie alle inusuali nevicate abbondanti e precoci di novembre e quindi all’ausilio della neve artificiale. Scarse nel complesso le nevicate in inverno.

Peggio è andata in Appennino, sia in quello settentrionale che quello centrale. Quasi ovunque la neve mancava completamente a Natale e solo un calo delle temperature prossimo alle feste ha consentito alcune aperture di impianti grazie sempre alla neve artificiale.

Cosa succederà in futuro dipende dagli scenari emissivi e dal rispetto degli obiettivi di COP 21. Nel frattempo, a causa dell'emergenza CoronaVirus COVID-19 gli impianti sono stati chiusi in anticipo in tutta italia

Alpi, la torre d’acqua dell’Europa

La montagna è particolarmente sensibile al cambiamento di temperatura, basti pensare che un grado di aumento di temperatura innalza di circa 150 m la quota dello zero termico.

L’attenzione al problema dunque è alta, ancora nel 2007, l’OCSE metteva in guardia in un report con queste parole: “Le Alpi, torre d’acqua dell’Europa, sono particolarmente sensibili al cambiamento climatico e sono critiche dal punto di vista economico ed ecologico.

Il riscaldamento è stato 3 volte maggiore di quello globale e i modelli climatici prevedono un ulteriore riscaldamento, incluso riduzione della neve a bassa altitudine, arretramento dei ghiacciai, e cambiamenti nelle temperature e precipitazioni estreme…. L’adozione di misure di mitigazione e adattamento sono quindi di importanza critica per i paesi Alpini. “.

Questo rapporto quantifica il numero di stazioni di sport invernali che potranno continuare a operare in relazione agli scenari di aumento di temperatura.

Per l’Italia, su 87 stazioni da sci della Alpi, con un aumento di 4°C delle temperature globali ne resterebbero operative solo 21, mentre con lo scenario 2°C se ne salverebbero 59. Il vantaggio di contenere le temperature entro 1.5°C sarebbe enorme, in quanto si salverebbero quasi 70 stazioni di sport invernali, ma in genere sopra ai 1500 m.

Aree sciistiche e cambio climatici

Secondo un più recente studio dell’EURAC di Bolzano, l’aumento delle temperature avrà conseguenze dirette sul paesaggio, sull’innevamento e infine sul turismo invernale. Nelle Alpi le aree con innevamento al suolo potrebbero diminuire dal 62 all’84%. Le aree sciistiche a bassa quota o esposte maggiormente al caldo sarebbero particolarmente svantaggiate, e diversi studi stimano che già nel 2030 le aree sotto ai 1300 m non avrebbero garanzia di avere sufficiente innevamento.

Poco può sopperire il cambiamento di circolazione atmosferica che porta talvolta ad abbondanti nevicate anche in appennino. Spesso, negli ultimi anni, esse sono infatti state seguite da repentina fusione con aumento del rischio idrogeologico.

Neve artificiale parte della soluzione o nuovo problema?

La neve artificiale, da alcuni detta neve programmata, era sorta negli anni 1980 come integrazione a situazioni di scarso innevamento, ma ora sempre più spesso i sistemi con gli appositi cannoni entrano in funzione fin da ottobre, ai primi freddi, per cercare di garantire le aperture degli impianti a fine novembre.

Oltre ai costi e problemi ambientali, legati soprattutto ai prelievi di acqua e ai conflitti con agricoltura e usi civili per la costruzione di bacini, implica alti costi economici ed energetici e in futuro, col riscaldamento ulteriore, non sempre potrà garantire di essere la soluzione.

La neve artificiale, afferma uno studio del WWF, riduce la permeabilità del suolo, lo mantiene più a lungo congelato e ostacola l’assorbimento delle acque piovane a fine stagione.

Ancora più impattanti altri metodi, come il trasporto con camion dai fondovalle in quota, quando le inversioni termiche mantengono la neve più a valle che in quota, o con gli elicotteri, ad esempio la stazione sciistica di SainteFoy in Francia ha trasportato oltre 100 tonnellate di neve artificiale al giorno per garantire la sciabilità.

Adattamento ma soprattutto mitigazione

Di fronte a questi scenari, da più parti si discute di riconversione del settore sport invernali, di diversificazione dell’offerta turistica, di attività alternative allo sci. Ma la montagna d'inverno senza neve perderebbe gran parte del suo fascino. Non esiste adattamento senza mitigazione, dunque imperativo, per salvare non solo il turismo ma soprattutto la bellezza della montagna d’inverno, attuare drastiche riduzione di gas serra per rispettare l’obiettivo 1.5°C dell’accordo di Parigi sul clima