L’impatto sul clima delle elezioni USA

Il 4 novembre è una data storica per la lotta ai cambiamenti climatici. Nel 2016 entrò in vigore l’Accordo di Parigi e quest’anno nello stesso giorno ne escono formalmente gli USA. Che conseguenze avrà il risultato elettorale in USA?

Gli Stati Uniti escono formalmente dall'Accordo di Parigi sul clima e sembrano prendere una direzione diversa rispetto a dove va il resto del mondo, ma le cose potrebbero cambiare se viene confermata l'elezione di Joe Biden

Il futuro della lotta ai cambiamenti climatici dipende anche dai risultati delle elezioni negli Stati Uniti. Il 4 novembre, oltre a chiudersi le urne, si è formalizzata la fuorisciuta degli USA dallo storico Accordo di Parigi sul clima, stipulato nel dicembre 2015 alla COP 21.

Le politiche climatiche hanno fatto parte anche della sfida e del dibattito elettorale. Ecco le conseguenze che avrà il risultato elettorale sull’attuazione del trattato sul clima.

4 novembre: data storica per il clima

L’accordo, stipulato il 12 dicembre 2015, è stato solennemente firmato il 21 aprile 2016, alle Nazioni Unite a New York. Il 5 ottobre 2016 l’ha formalmente ratificato l’Unione Europea, superando così la quota prevista per l’entrata in vigore dell’accordo stesso. L’accordo di Parigi prevedeva infatti, per entrare in vigore, l’adesione e ratifica di almeno 55 paesi, che rappresentessero nel complesso il 55% delle emissioni serra globali e trascorsi 30 giorni come scritto nel trattato, è entrato in vigore il 4 novembre 2016. Nello stesso giorno, l’Italia ha ratificato l’accordo con la legge 204/2016.

Pochi giorni dopo, veniva eletto presidente degli USA Donald Trump. Le sue promesse elettorali di uscire dall’accordo però hanno dovuto attendere i tempi per la fuoriuscita di una nazione firmataria, così fra annuncio, invio di lettera di Trump di ritiro della firma all’UNFCCC e fuoriuscita effettiva siamo appunto arrivati al 4 novembre 2020

Dichiarazione ONU sulla fuoriscita USA

L’UNFCCC, il segretariato della Convenzione, ha pubblicato sul suo sito una dichiarazione congiunta di Cile, Francia, Italia, Regno Unito e Nazioni Unite stesse riguardo la fuoriscita appunto degli USA dall’accordo sul clima.

L’UNFCCC, il segretariato della Convenzione, ha pubblicato sul suo sito una dichiarazione congiunta di Cile, Francia, Italia, Regno Unito e Nazioni Unite stesse riguardo la fuoriscita appunto degli USA dall’accordo sul clima.

Nella nota, si legge che “Non c'è responsabilità più grande che proteggere il nostro pianeta e le persone dalla minaccia del cambiamento climatico. La scienza è chiara sul fatto che dobbiamo intensificare con urgenza l'azione e lavorare insieme per ridurre gli impatti del riscaldamento globale”. Viene poi ribadita l’importanza di mantenere l'aumento della temperatura ben al di sotto dei 2 gradi Celsius e fare il possibile per limitare il riscaldamento a 1,5 gradi.

L’ONU e i paesi sopra citati prendono atto con rammarico che il ritiro degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi è entrato formalmente in vigore, ma ripongono anche fiducia nella prossima COP 26 di Glasgow, rimandata al 2021. Continuano infatti gli impegni di molti stakeholder e partner statunitensi e di tutto il mondo per accelerare l'azione per il clima per garantire la piena attuazione dell'accordo di Parigi.

Emissioni: cosa comporta l’uscita degli USA?

Gli Stati Uniti rappresentano il 14% delle emissioni globali, e emissioni pro capite fra le più alte del mondo. La Cina è in assoluto il maggior emettitore, ma in media un americano emette il doppio dei gas serra di un cinese e 8-10 volte le emissioni di un cittadino dell’India. L’Amministrazione Obama aveva promesso una riduzione di emissioni serra del 25% per il 2025 rispetto al 2005, valore peraltro insufficiente in base ai conteggi del carbon budget.

Di per se dunque la fuoriscita degli sembrerebbe compromettere il raggiungimento dell’obiettivo 2°C o meglio ancora 1.5°C.

A fronte del disimpegno federale però i governi locali stanno attuando grandi impegni, oltre 600 città e governatori ad esempio hanno aderito al Climate Action Plans (CAPs) un accordo volontario cosidetto dal basso, che prevede accurati inventari serra e impegni di riduzione delle emissioni. Inoltre il settore delle energie rinnovabili è in crescita in tutti gli Stati Uniti. Attivisti, ambientalisti, esperti, politici, aziende e rappresentanti di vari settori coinvolti nella lotta per il clima hanno concordato che il percorso verso un mondo sostenibile è ormai inarrestabile, nonostante gli Stati Uniti si siano ritirati dall'Accordo di Parigi, cosa che non sorprendente, ma preoccupa.

Restano comunque aderenti all’accordo circa 190 paesi, e oltre agli USA ne sono fuori solo Angola, Eritrea, Iran, Iraq, Sud Sudan, Turchia e Yemen.

Joe Biden promette il rientro nell’accordo

L’esito elettorale è ancora incerto e appeso a un filo, ma col passare delle ore sembra sempre più probabile l’elezione del contendente democratico Joe Biden.

Al proposito, Biden ha dichiarato, su Twitter, che l’intenzione della sua amministrazione di riaderire al trattato di Parigi sul clima fin dall'inizio del suo mandato.

Nel frattempo che la politica globale discute e litiga sull’attuazione dell’accordo, le concentrazioni serra sono in continuo aumento. I tempi e la fisica della termodinamica non sono compatibili con l’inerzia dei governi e i tempi della diplomazia, una volta di più occorre agire per la lotta ai cambiamenti climatici con la stessa forza, coraggio e tempestività che si sta usando contro la pandemia da coronavirus.