Nella Fossa delle Marianne, il punto più profondo del pianeta, è stata scoperta un'elevata densità di microplastiche
Le ricerche dimostrano che le microplastiche non solo galleggiano sulla superficie degli oceani, ma penetrano anche nelle profondità più profonde. Infatti, sono state trovate grandi concentrazioni a grandi profondità nella Fossa delle Marianne.

Conosciamo prima il contesto: la fossa delle Marianne è una grande depressione del fondale oceanico situata nel Pacifico occidentale, a circa 200 km a est delle isole Marianne. È l’area più profonda conosciuta della Terra. Vista dall’alto, se togliessimo il mare, avrebbe la forma di una mezzaluna e misurerebbe circa 2550 km di lunghezza per 70 km di larghezza.
La profondità massima di questa fossa oceanica è di 10.994 metri all’estremità sud di una piccola valle del fondale, conosciuta come Abisso di Challenger.
"L’oceano profondo non è più un ambiente incontaminato. Abbiamo confermato che questi inquinanti sono arrivati in ogni angolo del pianeta". Shiye Zhao, JAMSTEC.
Ora, in un settore a quasi 7.000 metri sotto il livello del mare, un team di scienziati ha rilevato una delle più alte concentrazioni di microplastiche mai registrate: 13.500 particelle per metro cubo, in uno dei punti più profondi del pianeta. I risultati, tutt’altro che positivi, sono stati pubblicati sulla rivista Nature lo scorso 30 aprile.
Il team di ricerca è stato guidato da Shiye Zhao dell’Agenzia giapponese per la scienza e la tecnologia marina-terrestre (JAMSTEC), con sede a Yokosuka. Il lavoro si è concentrato sulla dispersione e sugli impatti delle particelle antropiche e naturali negli oceani, come riportato da Cadena Ser, ed è la più ampia analisi globale mai realizzata sulla distribuzione verticale delle microplastiche nei mari.
Quanto tempo impiegano le plastiche a decomporsi?
Di seguito, alcuni dati per comprendere l’entità di questo problema.
- Filo da pesca: circa 600 anni.
- Bottiglia: circa 500 anni.
- Posate: circa 400 anni.
- Accendino: 100 anni.
- Bicchiere: tra 65 e 75 anni.
- Sacchetto: 55 anni.
- Suola di scarpa: tra 10 e 20 anni.
- Mozzicone di sigaretta: tra 1 e 5 anni.
- Palloncino: 6 mesi.
Un lavoro durato dieci anni
Tra il 2014 e il 2024, il team guidato da Zhao ha analizzato dati da 1.885 stazioni di campionamento in tutti gli oceani, a varie profondità. I risultati sono allarmanti: le microplastiche sono presenti ovunque, dalla superficie – con particolare presenza lungo le coste – fino alle profondità abissali. Inoltre, non solo sono tante, ma sono molto diverse: sono stati identificati 56 tipi di polimeri.
È stato dimostrato che le microplastiche più piccole, tra 1 e 100 micron, sono distribuite in modo altamente uniforme nella colonna d’acqua, con grande persistenza e capacità di trasporto verticale. Le microplastiche più grandi, tra 100 nanometri e 5 millimetri, si concentrano nei primi 100 metri di profondità.
La ricerca indica che le microplastiche grandi tendono a restare intrappolate negli strati superiori dell’oceano, specialmente nelle “zone stratificate” dove la densità dell’acqua cambia rapidamente. Le coste concentrano più microplastiche rispetto al mare aperto, e la maggior parte delle plastiche ritrovate sono “frammenti densi, come quelli derivati da poliestere e nylon”, provenienti dall’industria tessile e dalla pesca.
Non restano solo in superficie
Oltre all’elevata densità di microplastiche nella fossa delle Marianne, colpiscono anche i dati relativi all’Atlantico settentrionale. Secondo lo studio, questa zona potrebbe contenere tra 11 e 21 milioni di tonnellate di microplastiche nel suo strato superiore, una quantità comparabile al totale dei rifiuti plastici entrati in quell’oceano dal 1950.
Un altro aspetto importante riguarda il ruolo delle microplastiche nel ciclo del carbonio, fondamentale per la vita sulla Terra. Gli scienziati hanno scoperto che, in profondità attorno ai 2000 metri, le microplastiche possono rappresentare fino al 5% del cosiddetto “carbonio organico particolato”. Questo potrebbe alterare i processi biogeochimici marini e falsare le datazioni al radiocarbonio usate per studiare il clima del passato.
Quanto alle azioni per preservare i mari, lo studio è chiaro: non basta pulire la superficie. È fondamentale capire cosa succede nelle profondità, dove la plastica può restare per secoli e colpire gli ecosistemi più sconosciuti del pianeta. L’assenza di luce e le alte pressioni fanno sì che sotto i 2000 metri la degradazione della plastica sia quasi nulla e la sua presenza praticamente eterna.
Riferimento allo studio
Zhao, S., Kvale, K.F., Zhu, L. et al. The distribution of subsurface microplastics in the ocean. Nature 641, 51–61 (2025). https://doi.org/10.1038/s41586-025-08818-1