Clima, nuovo allarme dal rapporto IPCC: come agire? Ora o mai più!

Il terzo volume del 6° rapporto IPCC focalizza le azioni di mitigazione. Il messaggio è chiaro: le soluzioni esistono, ma le emissioni crescono ancora. Occorre agire ora. Qual è il ruolo degli stili di vita?

Le energie rinnovabili sono già oggi economicamente competitive e dovranno sostituire gran parte dei combustibili fossili. Al fianco è necessaria un uso corretto del suolo, protezione delle foreste e corretti stili di vita.

L’IPCC ha rilasciato la terza parte del Sesto Rapporto di Valutazione (AR6), che focalizza gli aspetti della mitigazione dei cambiamenti climatici. Questo corposo volume fa seguito ai rapporti del gruppo di lavoro sulla scienza del clima (WG I) e di quelli su impatti e adattamento (WG II). Il focus di questo volume sono le azioni, e una volta di più il messaggio chiaro. Le soluzioni esistono, e servono azioni urgenti, forti e coraggiose.

Non siamo sulla buona strada

Si nota subito leggendo Il riassunto per politici e decisori e le sue frasi chiave che le emissioni aumentano e nell’ultimo decennio sono state le più alte della storia umana. Ci sono però segnali di speranza, il tasso di crescita si è ridotto. Insomma, nonostante 26 conferenze ONU sul clima e 6 rapporti IPCC, nel 2019 le emissioni sono state superiori di circa il 12% rispetto al 2010 e del 54% rispetto al 1990 .

Nonostante ventisei conferenze ONU sul clima e sei rapporti IPCC, nel 2019 le emissioni sono state superiori di circa il 12% rispetto al 2010 e del 54% rispetto al 1990.

Importante aspetto sottolineato è che a livello globale, il 10% delle famiglie più ricche contribuisce a circa il 40% delle emissioni globali di gas serra (derivanti dai consumi). Il 50% più povero delle famiglie contribuisce per meno del 15% (13-15%).

I prossimi anni saranno cruciali.

Il rapporto sottolinea che per poter raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima e di COP26 le emissioni serra globali devono raggiungere il loro picco entro il 2025. La riduzione poi deve proseguire drastica, del 43% entro il 2030; allo stesso tempo, anche il metano dovrebbe essere ridotto di circa un terzo.

Per stare entro gli 1.5°C occorre arrivare ad emissioni nette zero entro il 2050. Se invece l’azzeramento slitta al 2070, le temperature si stabilizzeranno sulla soglia meno prudenziale di 2°C. "È ora o mai più, se vogliamo limitare il riscaldamento globale a 1,5°C", ha detto Jim Skea, co chair del WGIII dell’IPCC. "Senza una riduzione immediata e profonda delle emissioni in tutti i settori, sarà impossibile".

Le soluzioni esistono

L’IPCC sottolinea che le soluzioni esistono: le fonti rinnovabili sono in rapida crescita e già oggi sono economicamente più convenienti di quelle fossili. In dettaglio, serve una drastica riduzione dell’uso dei combustibili fossili, unita ad una diffusa elettrificazione, migliorare l’efficienza energetica e passare all’uso di combustibili alternativi come l’idrogeno.

Un’enfasi particolare viene data alle città, aree urbane e al ruolo degli edifici. Queste offrono opportunità significative per la riduzione delle emissioni, che si può realizzare attraverso un minore consumo di energia, mobilità sostenibile città compatte e percorribili a piedi o in bicicletta, l'elettrificazione dei trasporti con contemporanea transizione dell’elettricità a fonti rinnovabili, e un maggiore assorbimento e stoccaggio del carbonio utilizzando soluzioni naturali.

"Vediamo esempi di edifici a energia zero o a emissioni zero in quasi tutti i tipi di clima", ha affermato il co-presidente del gruppo di lavoro III dell'IPCC, Jim Skea. "L'azione di questo decennio è fondamentale per sfruttare il potenziale di mitigazione degli edifici".

Nell’industria, la riduzione delle emissioni comporterà un uso più efficiente dei materiali, il riutilizzo e il riciclo dei prodotti e la riduzione al minimo dei rifiuti. La riduzione delle emissioni renderà anche necessari nuovi processi di produzione, l'uso di elettricità da fonti rinnovabili, dell’idrogeno e, se necessario, la cattura e lo stoccaggio del carbonio.

Agricoltura, foreste e cibo

Il settore agroforestale è responsabile del 22% delle emissioni globali, ma ha grandi potenziali di riduzione delle emissioni e soprattutto svolge un ruolo fondamentale nella rimossione della CO2 dall’atmosfera. Un’azione corretta sul ripristino e protezione delle foreste, sulla gestione del suolo in agricoltura e anche sul lato della domanda dei consumatori può fornire il 20-30% della mitigazione necessaria da qui al 2050 nel percorso verso gli 1.5°C, riducendo da 8 a 14 GtCO2eq (miliardi di tonnellate) all’anno.

Le azioni in questo settore possono apportare benefici per la biodiversità, aiutarci ad adattarci al cambiamento climatico e garantire risorse per mezzi di sussistenza, cibo, acqua e legno.

E gli stili di vita?

Il ruolo degli stili di vita è importante, il rapporto dedica infatti un capitolo alle azioni sul lato della domanda e sui cambiamenti comportamentali. Questi però devono essere sostenuti da azioni politiche che li facilitino. Si pensi al proposito alla mobilità sostenibile e all’uso della bicicletta in città, difficili da attuare senza politiche mirate in questa direzione.

Secondo il co-presidente del gruppo di lavoro III dell'IPCC, Priyadarshi Shukla, avere operative e funzionanti le giuste politiche, le infrastrutture e le tecnologie per consentire cambiamenti nei nostri stili di vita e nei nostri comportamenti può portare a una riduzione del 40-70% delle emissioni di gas serra entro il 2050.

Importante poi il passaggio a diete sane e sostenibili, riducendo i consumi di carne e gli sprechi alimentari. Il rapporto per la prima volta quantifica numericamente, in 2.2 GtCO2eq/anno, queste azioni su cui finora si sentivano i numeri più disparati.