L'affascinante storia dei dieci giorni mai esistiti sul calendario

Nel 1582 ben dieci giorni vennero eliminati dal calendario, per rimediare a un grave errore che si era accumulato nei secoli e che avrebbe portato la data della Pasqua in estate. Scopri qui quale problema venne risolto, e perché la riforma del calendario di 441 anni fa ha effetti ancora oggi evidenti.

calendario
Ancora oggi usiamo il calendario gregoriano, introdotto nel 1582. Ecco perché venne introdotta questa riforma.

C'è una storia affascinante che arriva dal passato, e che ha effetti ancora evidenti nell'attualità. Stiamo parlando della riforma del calendario avvenuta 441 anni fa, con l'introduzione del calendario gregoriano, e la sorprendente decisione di eliminare in un colpo solo ben dieci giorni. Accadde nel 1582 per evitare che la celebrazione della Pasqua slittasse verso l'estate, e gli effetti sono visibili ancora oggi in alcune parti del mondo.

1582, nasce il calendario gregoriano

Era il 24 febbraio del 1582 quando il papa Gregorio XIII, con la bolla Inter gravissimas, ordinò una importante riforma del calendario, che sarebbe stato chiamato in suo onore "calendario gregoriano". Fino ad allora, per più di millecinquecento anni, era stato in vigore il calendario giuliano adottato da Giulio Cesare. Un calendario che aveva funzionato molto bene, ma che aveva accumulato un errore che tra poco vedremo.

La riforma gregoriana portò all'adozione del calendario attuale, che è ancora oggi usato in molti paesi del mondo, compresa l'Italia. Questo nuovo calendario venne adottato inizialmente soltanto in alcuni paesi cattolici dell'Europa occidentale, come Italia, Francia, Spagna e Portogallo. Questo ha portato a delle curiose conseguenze che si vedono ancora oggi, come la differenza di data tra il Natale ortodosso e quello cattolico. Lo vedremo tra poco.

calendario gregoriano
La bolla Inter gravissimas, del papa Gregorio XIII

Ma perché venne decisa questa riforma, e perché vennero eliminati di un colpo solo dieci giorni? Per capirlo, facciamo un salto indietro.

L'anno solare e quel "piccolo" errore del calendario giuliano

Dal 46 a.C. e fino al 1582 era stato usato in Europa il calendario giuliano, che si assomigliava molto al calendario che usiamo ancora oggi. Il calendario giuliano, così chiamato in onore a Giulio Cesare, prevedeva che la durata dell'anno fosse in media di 365,25 giorni. Ogni quattro anni venne inserito un anno bisestile, cioè della durata di 366 giorni, mentre per i restanti tre anni l'anno durava 365 giorni. Questo è valido ancora oggi.

La correzione effettuata duemila anni fa era dovuta al fatto che un anno solare (o anno tropico), ha una durata di 365 giorni, 5 ore e quasi 49 minuti. Senza anni bisestili, ogni quattro anni si accumulerebbe quindi un errore di quasi 24 ore, che nel corso dei secoli si trasformerebbe in uno sfasamento di molte settimane rispetto alle stagioni astronomiche.

Quell'errore viene recuperato aggiungendo al mese di febbraio un giorno in più (il curioso 29 febbraio, che esiste solo ogni quattro anni). Con il sistema di calcolo del calendario giuliano, si stabiliva quindi che un anno durasse 365 giorni e 6 ore. Dopo quattro anni, quelle 24 ore accumulate (6X4=24) venivano recuperate con il 29 febbraio. Il calendario giuliano sostituiva i precedenti calendari romani, che avevano una durata inferiore e diverse imperfezioni, ed ha funzionato benissimo per molti secoli.

Il "piccolo" errore del calendario giuliano: 11 minuti che a lungo andare si trasformano in giorni

Il problema è che un anno solare, come dicevamo poco fa, ha una durata di 365 giorni, 5 ore e 48 minuti e 46 secondi e non di 365 giorni e 6 ore. Il calendario giuliano, con questa approssimazione, aggiungeva 11 minuti ad ogni anno, correndo quindi più veloce rispetto al moto della Terra intorno al Sole. Quegli 11 minuti minuti, che a prima vista potrebbero sembrare poca differenza, si accumulavano anno dopo anno fino a creare delle situazioni molto particolari.

11 minuti di errore ogni anno: non sono pochi quando si accumulano per secoli!

Ogni anno si accumulavano circa 11 minuti di differenza tra l'anno solare e quello del calendario giuliano. Undici minuti di errore ogni anno possono sembrare poca cosa, ed in effetti è un errore piccolo. Il problema degli errori però, è che diventano grandi nelle moltiplicazioni e possono diventare enormi. È proprio quanto accadde con il calendario giuliano. Dopo oltre 1600 anni dalla riforma di Giulio Cesare, i circa 11 minuti di differenza si erano trasformati in circa dieci giorni di troppo.

Scongiurare il rischio di celebrare Pasqua in estate

Nel Concilio di Nicea del 325 d.C., era stato deciso che la Pasqua - la più importante festività del calendario cristiano - si sarebbe celebrata la prima domenica dopo il primo plenilunio successivo all'equinozio di primavera. L'equinozio di primavera, un momento astronomico ben preciso - veniva considerato per convenzione dalla Chiesa il 21 marzo. Questa regola è valida ancora oggi (ed è per questo che questo 2023 la Pasqua sarà domenica 9 aprile).

Con l'errore di 10 giorni accumulato dal calendario giuliano però, l'equinozio di primavera reale era ormai slittato all'11 marzo. In sostanza, il nostro calendario giuliano, aggiungeva 11 minuti di troppo ogni anno, era corso troppo avanti.

La Pasqua continuava a tenersi nella prima domenica dopo la prima Luna Piena successiva al 21 marzo, ma in realtà il calendario era andato avanti rispetto al moto della Terra. Il 21 marzo era ormai una data posteriore all'equinozio, che era avvenuto già dieci giorni prima, e la Pasqua si spostava sempre più verso l'estate. Continuando così, entro pochi secoli questa importante festività si sarebbe celebrata in piena estate.

Celebrare la Pasqua in una stagione ormai estiva sarebbe andato in contraddizione con le Sacre Scritture. Per questo il Papa Gregorio XIII corse ai ripari con la riforma del calendario, eliminando di un colpo dieci giorni di ottobre, nel 1582.

Fu questa possibilità ad allarmare la Chiesa. Proprio per non andare in contraddizione con le Sacre Scritture e celebrare la Pasqua con temperature ormai estive, si decise di rimediare con una decisione drastica.

luna piena equinozio
Nel 2023 il giorno dell'equinozio di primavera è il 20 marzo.

Una decisione drastica: eliminare dieci giorni

Con la bolla pontificia di di Papa Gregorio XIII, Inter gravissimas, si decise che dopo il giovedì 4 ottobre del 1582, si sarebbe passati direttamente a venerdì 15 ottobre. I giorni dal 5 al 14 ottobre di quell'anno vennero cancellati per sempre, e non sono mai esistiti. Questa decisione venne adottata soltanto dalle principali potenze cattoliche di allora: l'Italia, la Spagna, il Portogallo, la Francia ed anche nelle attuali Polonia, Lituania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo.

"Affinché l'equinozio di primavera, che dai padri del concilio di Nicea fu stabilito al 21 marzo, venga riportato a quella data, comandiamo e ordiniamo che dal mese di ottobre dell'anno 1582 si tolgano dieci giorni, dal 5 al 14, e che il giorno dopo la festa di s. Francesco, che si suole celebrare il 4, si chiami 15 [...] (Bolla Inter gravissimas di Gregorio XIII).

In altri paesi cattolici come Austria e Svizzera, in Boemia e Moravia, il nuovo calendario, chiamato gregoriano, venne adottato negli anni successivi. I paesi protestanti ed ortodossi si rifiutarono di adottare il nuovo calendario, adottandolo soltanto secoli dopo.

Un'altra correzione: qualche anno bisestile in meno

Oltre alla decisione di togliere dieci giorni dal calendario del 1582, venne aggiunta un'altra correzione per evitare che, dopo qualche secolo, si dovesse ricorrere nuovamente a questa drastica misura.

La correzione venne fatta sugli anni bisestili, che come sappiamo sono gli anni divisibili per quattro e che si ripetono ogni quattro anni (quelli che hanno il 29 febbraio). Dalla riforma gregoriana in poi, tra gli anni secolari, quindi gli anni che aprono un secolo (1800, 1900, 2000), sono bisestili soltanto quelli divisibili per 400. Vengono eliminati in questo modo tre anni bisestili ogni quattro secoli. Il 2000 è stato un anno bisestile, ed il prossimo sarà il 2400.

In questo modo si riesce a rimediare al problema dei circa 11 minuti che si sommano ogni anno al nostro calendario.

Gli effetti della riforma gregoriana ai giorni nostri

Gli effetti della riforma gregoriana del calendario, con la cancellazione di dieci giorni dal calendario, si fanno sentire anche 540 anni dopo. Ancora oggi in Italia ed altri paesi europei è conosciuto il detto "Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia", nonostante questo onomastico sia il 13 dicembre, circa dieci giorni prima del solstizio. Il motivo va cercato proprio nell'eliminazione dei dieci giorni nel 1582: Santa Lucia coincideva con il solstizio, ed era effettivamente il giorno più corto dell'anno.

Santa Lucia, il Natale e la Pasqua ortodossa

Il fatto che il calendario gregoriano non sia stato adottato allo stesso tempo da tutti i paesi, ha portato a effetti ancora visibili oggi, ad esempio nelle celebrazioni del Natale e della Pasqua ortodossa. Queste celebrazioni hanno date diverse rispetto al Natale e alla Pasqua cristiana. Le prime usano infatti ancora il calendario giuliano.

La morte di Shakespeare e Cervantes, e la Giornata del Libro

Infine, anche sulla morte di Shakespeare e Cervantes, che ha dato vita alla "Giornata del Libro", c'è qualche confusione causata dalla riforma del calendario. Il 23 aprile 1616 scomparvero tre grandi autori della letteratura mondiale, William Shakespeare, Miguel De Cervantes e Inca Garcilaso de la Vega (il cui nome originale era Gómez Suárez de Figueroa). .

Il problema è che Cervantes e Garcilaso de la Vega morirono il 23 aprile in Spagna, un paese che aveva adottato il calendario gregoriano, mentre Shakespeare morì il 23 aprile in Inghilterra, in un paese dove - per via della religione protestante - era ancora in uso il calendario giuliano, e quindi di fatto circa dieci giorni dopo.