Il prossimo 29 febbraio, gli anni bisestili ed i difetti del calendario

Quando sarà il prossimo 29 febbraio? Gli anni bisestili servono a rimediare ad alcuni errori dell'anno civile rispetto all'anno solare, ma nel passato sono servite nuove correzioni. Ecco quali, dal calendario giuliano a quello gregoriano.

29 febbraio
L'ultimo 29 febbraio è stato nel 2020, il prossimo sarà nel 2024.

Il prossimo 29 febbraio non sarà nel 2023. L'ultima volta che abbiamo avuto questa data era il 2020, e precedentemente il 2016, il 2012 ed il 2008. Per tornare ad avere un mese di febbraio con ventinove giorni bisognerà aspettare il prossimo anno bisestile, un anno che ha 366 giorni invece degli abituali 365, e che torneremo ad avere l'anno prossimo, nel 2024.

Il prossimo 29 febbraio sarà nel 2024, un anno bisestile come lo era il 2020 ed il 2016. Nel 2023 i giorni di febbraio sono 28.

Il 29 febbraio è senza dubbio una data che affascina, perché esistendo solo ogni quattro anni causa un problema quasi filosofico su quando celebrare le ricorrenze. Può lasciare a molti il dubbio su quando festeggiare compleanni, anniversari, ricorrenze, di eventi accaduti in qualche 29 febbraio del passato. Ci fa anche riflettere sul fatto che il calendario è una nostra convenzione per “inquadrare” il tempo, qualcosa di più mobile e complesso di quanto si possa pensare.

Proprio l'esistenza degli anni bisestili, del resto, è un rimedio che noi umani abbiamo inventato per inquadrare meglio l'anno solare, che come vedremo in questo articolo non è un numero intero, presentando quindi dei problemi nella sua suddivisione in giorni.

Gli anni bisestili e il mese di febbraio con 29 giorni

Rispondiamo innanzitutto a questa domanda: perché esistono gli anni bisestili, con 366 giorni invece di 365? Il motivo è che un anno solare (o tropico), cioè il tempo compreso tra due passaggi successivi del Sole apparente per l'equinozio di primavera, quindi nello stesso punto di osservazione dalla Terra, è un po’ più lungo di 365 giorni. La sua durata è di 365 giorni, 5 ore e quasi 49 minuti.

Il motivo per cui esistono gli anni bisestili (quelli che hanno 366 giorni e gli unici ad avere il 29 febbraio) è che l'anno solare dura un po' di più di 365 giorni.

L'anno civile, quello usato da noi umani, è invece il tempo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre, ed avrebbe una durata di 365 giorni se non ci fossero gli anni bisestili. Trascurerebbe quindi le 5 ore e 49 minuti in più che impiega la Terra a completare la sua rivoluzione intorno al Sole.

calendario
Il calendario che usiamo è una convenzione, e ci permette di inquadrare il tempo che impiega la Terra a compiere un moto di rivoluzione intorno al Sole.

La differenza di 5 ore e 49 minuti tra anno solare e anno civile: poca cosa?

Che saranno mai 5 ore e 49 minuti in più, ci si potrebbe chiedere? In effetti, è un errore piccolo, ma come spesso accade in matematica, i piccoli errori diventano grandi quando si fanno operazioni, come la moltiplicazione. Quelle 5 ore e 49 minuti si trasformano in due giorni e mezzo di errore in dieci anni, e in settimane di errore dopo secoli di storia.

Proprio per rimediare a questo problema, nel 46 a.C., Giulio Cesare introdusse nell'antica Roma una riforma del calendario (la riforma giuliana) che introduceva gli anni bisestili: ogni quattro anni, invece di avere una durata di 365 giorni l'anno durava 24 ore in più. In questo modo, inserendo un giorno intercalare, le ore di errore che si erano accumulate (circa 6 ore ogni anno, 24 ore in quattro anni) venivano recuperate. È un metodo ancora oggi utilizzato e che ha reso la durata media di un anno civile di 365,25 giorni.

L'anno bisestile si chiama così dal latino "ante diem sexto Kalendas Martias", cioè il sesto giorno prima delle calende di marzo, che nell'antica Roma indicava il giorno intercalare inserito una volta ogni quattro anni. In questo modo la durata media di un anno civile è di 365,25 giorni.

L'anno bisestile è stato un accorgimento molto utile, e lo usiamo ancora oggi dopo duemila anni. Nonostante sia un metodo molto preciso, ha anche lui un problema: semplifica le 5 ore e quasi 49 minuti trasformandole in 6 ore, ed aggiunge quindi ad ogni anno circa 11 minuti in più rispetto al moto della Terra intorno al Sole.

Come dicevamo prima, anche piccoli errori in matematica possono diventare importanti quando facciamo moltiplicazioni. Ed è proprio quanto accaduto nel corso dei secoli.

Nel 1582, dopo più di millecinquecento anni dalla riforma giuliana del calendario, quegli undici minuti in più che si erano andati sommando anno dopo anno, si erano trasformati in circa dieci giorni di troppo. Per fare un esempio, se per il nostro calendario era il 21 marzo, a livello astronomico eravamo circa dieci giorni avanti. Con il passare dei secoli questo errore sarebbe aumentato sempre più.

Il calendario giuliano era molto preciso, ma aggiungeva 11 minuti di troppo ad ogni anno, perché approssimava le 5 ore e 49 minuti a 6 ore. Dopo un millennio e mezzo la data reale dell'equinozio di primavera cadeva circa dieci giorni prima del 21 marzo.

La riforma gregoriana del calendario per cancellare gli 11 minuti di errore

La conseguenza di questo sfasamento tra anno civile e anno solare era che la data della Pasqua si sarebbe celebrata sempre più avanti, fino a cadere in un clima estivo. Era stato il Concilio di Nicea del 325 a stabilire che la Pasqua cristiana si sarebbe celebrata nella prima domenica dopo la prima Luna piena che segue al 21 marzo, dove il 21 marzo veniva stabilita per convenzione come data fissa dell'equinozio.

Per la Chiesa cattolica l'equinozio veniva stabilito per convenzione il 21 marzo, sempre, ma nel 1582 l'equinozio astronomico, quello reale, avveniva ormai circa dieci giorni prima, l'11 marzo. Il 21 marzo quindi, la primavera astronomica era già iniziata da dieci giorni. Immaginiamo un anno in cui la Pasqua fosse caduta il 21 aprile: per questo errore, in realtà, si stava celebrando come se fosse stato il 1° maggio.Nei secoli a venire, si sarebbe iniziato a notare il clima estivo durante le festività pasquali.

Per evitare che la Pasqua si celebrasse in estate, il papa Gregorio XIII introdusse una nuova riforma del calendario, che da allora si chiamerà calendario gregoriano . È il calendario che usiamo ancora oggi.

I dieci giorni mai esistiti nell'ottobre del 1582 e la correzione sul numero di anni bisestili

La nuova riforma introduceva due modifiche. Per prima cosa eliminò d'un colpo solo ben dieci giorni, per cancellare l'errore che si era accumulato in un millennio e mezzo di storia. Dopo il Giovedì 4 ottobre del 1582, si passò direttamente a venerdì 15 ottobre: i giorni dal 5 al 14 ottobre di quell'anno non sono mai esistiti.

La riforma gregoriana del 1582 eliminò d'un colpo solo dieci giorni di ottobre, tra il 5 e il 14, e corresse gli anni bisestili eliminandone tre ogni 400 anni.

Come seconda misura venne aggiunta poi una correzione agli anni bisestili: avrebbero continuato ad esistere ogni quattro anni, negli anni divisibili per quattro, ma nel caso degli anni secolari, cioè quelli che aprono un secolo, sarebbero stati bisestili soltanto gli anni divisibili per 400.

calendario gregoriano
La bolla Inter Gravissimas del papa Gregorio XIII (1582) che ordinò la riforma del calendario.

Gli anni secolari sono quelli che segnano l'inizio di un secolo, come il 1900, il 2000, il 2100. Dalla riforma gregoriana per essere bisestili non basta più che siano divisibili per quattro: devono essere anche divisibili per quattrocento (il 1900 ed il 2100, ad esempio, non sono stati bisestili, perché sebbene siano divisibili per 4, non sono divisibili per 400).

Sono stati bisestili il 1600 ed il 2000, ma tra questi quattrocento anni tre anni bisestili sono stati eliminati. Con questo piccolo accorgimento, abbiamo ridotto l'errore degli 11 minuti che i nostri antenati si sono trovati a dover gestire.

L'errore sarebbe stato ancora piccolo nel 2023, ma...

In realtà il calendario giuliano che abbiamo usato fino al 1582 era già molto preciso, e ancora oggi, nel 2023, se non ci fosse stata la riforma gregoriana non ci troveremmo di fronte a uno sfasamento troppo grande tra calendario reale, solare, e quello usato da noi umani (il calendario civile). In confronto al 1582 l'equinozio di primavera si sarebbe "spostato indietro" rispetto al nostro 21 marzo di altri 3 giorni circa, poco per avere un effetto di sfasamento significativo tra stagione meteorologica e stagione del calendario umano.

Ciò che fece scattare la decisione di modificare il calendario fu soprattutto la celebrazione della Pasqua, che per la sacre scritture doveva tenersi in primavera. Il suo slittamento verso l'estate, non era accettabile. Fu questo a spingere la Chiesa a questa riforma, che riguarda la nostra vita quotidiana ancora oggi.